Il 19 luglio 2012 iniziò la rivoluzione che Erdogan vuole distruggere
Era il 19 luglio 2012 quando le Ypg, Unità di protezione del popolo, presero il controllo delle strade d’accesso e di uscita della città di Kobane. Da allora il confederalismo democratico, un nuovo modello di società basato sull’inclusione, la giustizia ecologica, la libertà delle donne, si è sviluppato e cresciuto, ma ora Erdogan vuole distruggerlo con l’appoggio della Nato. Gli appelli delle reti di solidarietà internazionale, ma anche delle forze combattenti, invitano ad unirsi alla difesa di questo progetto rivoluzionario
La notte del 19 luglio 2012 le Ypg (Unità di protezione del popolo) presero il controllo delle strade d’accesso e di uscita della città di Kobane, in Siria. Il gruppo militare Ypg aveva dato le armi al popolo, che nel frattempo occupava le sede istituzionali dello Stato siriano. Gli insorti garantirono ai soldati di Damasco l’incolumità qualora avessero consegnato le armi e i militari di Damasco accettarono, vista anche la potenza militare inferiore di cui disponevano. Molti di loro tornarono a casa, altri restarono e vennero accolti nella comunità. Iniziò così la rivoluzione del Rojava, una rivoluzione in cui le donne hanno avuto un peso determinante, sia con le YPJ, l’Unità di Protezione delle Donne, con un ruolo militare, sia nella costruzione di una società nuova, lontana dal mondo occidentale e capitalista di cui siamo abituati. Da Kobane la rivoluzione si espanse in altre città, come Afrin e Derik, dove la popolazione circondò le basi militari dando la possibilità ai soldati di ritirarsi senza spargimenti di sangue. Altri villaggi si liberarono con lo stesso metodo. Dopo Kobane, infatti, altre città della regione si sollevarono contro il regime di Assad e si unirono al progetto rivoluzionario, con l’intento di non spargere sangue né distruggere le infrastrutture, anche se a volte i combattimenti furono inevitabili. Il movimento curdo voleva sostenere la lotta contro Assad in quanto possibilità di attuare un cambiamento democratico, ma non voleva diventasse un conflitto militare. In Siria scoppiò però la guerra civile, con l’Isis che voleva imporre la sua forza. I curdi scelsero una terza via: la costruzione di una soluzione pacifica seguendo i principi del confederalismo democratico e dell’autonomia democratica, ideati dal leader e cofondatore del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, Abdullah Ocalan, detenuto in una prigione di massima sicurezza nell’isola di Imrali, in Turchia, dal 1999. Erano idee nate prima della guerra, quando il PKK abbandonò la sua visione di costruire uno Stato marxista e l’idea dello Stato – Nazione, poiché non aveva considerato che il potere logora.
Il ruolo delle donne nella rivoluzione del Rojava
Il ruolo delle donne nella rivoluzione del Rojava fu fondamentale. Come spiega Rete Jin Italia, movimento di donne in solidarietà con le donne curde, in questo programma di Radio Onda d’Urto, “è stata creata una società realmente democratica ed ecologica attraverso l’inclusione di tutti i popoli che abitano la Siria del Nord Est, riconoscendo e valorizzando ogni diversità. Una società capace di autodifendersi e creare dal basso le proprie strutture, organizzata in “comuni”, in un processo in continuo divenire. Ma quella del Rojava è soprattutto una rivoluzione per la liberazione della donna, a cui è stata affidata la leadership in tutti gli ambiti della società, dimostrando che è possibile creare una vita sociale in cui le donne sono protagoniste e non vittime della millenaria oppressione di una società patriarcale. Ogni ambito decisionale della società è rappresentato da un doppio vertice, formato da un uomo e una donna. Le donne sono incoraggiate a creare cooperative con cui rendersi indipendenti economicamente da padri e mariti”. È stata questa rivoluzione, questa società, che ha sconfitto l’Isis e ha provocato la morte di oltre 11 mila persone, molti anche internazionali, tra cui l’italiano Lorenzo Orsetti, caduto il 18 marzo 2019 proprio nell’ultimo combattimento che ha sconfitto lo Stato Islamico, nel villaggio siriano di Al-Baghuz Fawqani, nei pressi del confine con l’Iraq. In questa rivoluzione, infatti, hanno creduto e continuano a credere persone da tutto il mondo. E se l’Isis è stato sconfitto è stato anche perché i popoli del Rojava, curdi, assiri, arabi, armeni, circassi, musulmani, circeni, ezidi, aleviti, che vivono insieme, sono rimasti uniti e hanno lottato insieme per difendere la loro società.
Questa è la rivoluzione che Erdogan vuole distruggere, con l’appoggio della Nato
L’Amministrazione Autonoma della Siria del nord e dell’est (Aanes), nata dalla rivoluzione, è una proposta di convivenza pacifica tra i popoli, democrazia reale, uguaglianza, che da dieci anni cresce e si sviluppa in mezzo alla guerra, resistendo agli attacchi della Turchia, dello Stato Islamico e di diverse milizie jihadiste. Oggi, il dittatore turco Erdogan minaccia l’autogoverno del Rojava dell’ennesima invasione militare, dopo l’occupazione dei cantoni di Afrin nel 2018 e Serekaniye nel 2019, dove sono stati compiuti massacri di civili ed è stata imposta la legge islamica.
L’invasione del Kurdistan avvantaggerà l’Isis
Il comandante generale delle SDF, le Forze Democratiche Siriane, Mazloum Abdi, ha tenuto una conferenza stampa riguardo la minaccia concreta di una nuova invasione da parte della Turchia. Per la Turchia, le SDF rappresenterebbero una minaccia militare nei loro confronti, affermazione che Mazloum Abdi ha definito priva di fondamento, elencando anzi le continue violazioni da parte dell’esercito turco del cessate il fuoco stipulato nel 2019. Il comandante delle SDF ha inoltre ribadito che l’obiettivo principale in questo momento è evitare un’escalation di cui beneficerebbero solo i gruppi jihadisti, primo tra tutti l’Isis. I colloqui tra Stati Uniti e Russia per aprire un canale diplomatico, sono stati definiti positivi ma deboli, non sufficienti, soprattutto da parte degli Stati Uniti. I colloqui, invece, tra l’Amministrazione Autonoma della Siria e l’ENKS, l’unione filoturca dei partiti curdi conservatori, sono in stallo da diverso tempo ma non sono stati abbandonati, anzi l’Amministrazione Autonoma è intenzionata a continuarli per trovare un accordo politico. Qualora il canale diplomatico per evitare l’invasione del Rojava fallisse, le Forze democratiche Siriane si dichiarano pronte a una tenace resistenza.
Il bilancio dei 3 mesi di guerra
La Turchia bombarda il Kurdistan sin dalla metà di aprile. Il Centro stampa delle Forze di difesa popolare (HPG) ha pubblicato un bilancio che fornisce informazioni sugli ultimi 3 mesi della guerra in corso nel territorio del Kurdistan. Secondo il rapporto, 1129 azioni sono state compiute dai guerriglieri e 1528 soldati sono stati neutralizzati. Sono stati inoltre distrutti numerosi veicoli militari, tra cui 3 elicotteri e 1 carro armato. Nel rapporto si fa menzione anche del continuo uso di armi chimiche da parte della Turchia contro le posizioni della guerriglia e a questo proposito sono stati pubblicati dei video che lo dimostrano.
La giustizia climatica in Rojava
La campagna “Make Rojava Green Again” ha lanciato un appello al movimento globale per il clima per celebrare il decimo anniversario della rivoluzione del Rojava, chiedendo la costruzione di un fronte internazionale nella lotta per la giustizia climatica:
“La misura in cui questa rivoluzione offre effettivamente un’alternativa praticabile e un futuro libero può essere vista dal modo in cui viene attaccata dai governanti imperialisti. Il loro scopo è distruggere i movimenti democratici, la democrazia di base che è fondamentale per un mondo ecologico. In questo momento ci aspettiamo una nuova e su larga scala invasione del Rojava da parte dello Stato turco. La Turchia sta già attaccando le persone e la natura con le sue armi chimiche illegali, bruciando campi e foreste, bombardando città e costringendo le persone a fuggire. Come parte della sua guerra, lo stato turco continua a costruire dighe nel nord solo per bloccare i fiumi che scorrono verso sud. Di conseguenza, la società del Rojava soffre per la mancanza di acqua. Le persone si stanno sforzando di stabilire principi ecologici, ma i continui attacchi e le minacce di guerra non consentono i progressi che potrebbero essere fatti. Ti invitiamo a difendere il Rojava!”
RiseUp4Rojava
#RiseUp4Rojava ha invece organizzato una campagna di hashtag online per celebrare il decimo anniversario della rivoluzione del Rojava, con lo scopo di aumentare la consapevolezza del pericolo di un’altra invasione turca. La campagna è iniziata il 18 luglio alle 20:00 ora dell’Europa centrale. “Insieme festeggeremo i dieci anni di liberazione, ecologia e democrazia delle donne. Insieme aumenteremo la consapevolezza della minaccia che la Turchia rappresenta per i popoli del Medio Oriente.”
L’YPG/YPJ invitano gli internazionalisti ad unirsi alla lotta
In occasione del decimo anniversario della rivoluzione del Rojava del 19 luglio, l’YPG e l’YPJ hanno invitato gli internazionalisti di tutto il mondo a “venire e unirsi alla rivoluzione e alla difesa di una grande speranza prendendo parte alle fila delle YPG e delle YPJ International”. Riportiamo l’appello pubblicato dal sito Anf English
“Il 19 luglio 2012, esattamente 10 anni fa, è iniziata la rivoluzione in Rojava. Una rivoluzione che ha dato speranza al popolo del Kurdistan e da lì l’ha diffusa in tutto il mondo. Una rivoluzione che, sulla base della democrazia di base, della liberazione delle donne e dell’ecologia, ha dato risposte alle origini multietniche e multireligiose del Medio Oriente e ha proposto un’alternativa al sistema fallimentare del capitalismo e degli Stati nazione che sta sfruttando il pianeta e distruggendo i valori dell’umanità. Una rivoluzione che fin dall’inizio ha dovuto fare i conti con attacchi quotidiani ed embarghi da tutte le parti. Qui possiamo trovare una luce di democrazia e una vita responsabile e libera. Luogo di fratellanza del popolo e di stabilità per una regione che per secoli era minacciata da guerre e distruzioni ed era diventata un terreno di gioco dei giochi di potere del mondo occidentale. Nella rivoluzione del Rojava, il ruolo di avanguardia e la partecipazione delle donne in tutti i settori della vita e dell’autodifesa, specialmente in tempo di guerra, sono diventati un modello storico. Nella rivoluzione del Rojava, le donne svolgono un ruolo d’avanguardia. In particolare, la loro partecipazione all’autodifesa non ha solo infranto la comprensione patriarcale secondo cui le donne non possono proteggersi, ma ha dato ispirazione alle donne di tutto il mondo per combattere per la loro liberazione. Durante la rivoluzione, le donne in Rojava hanno costruito i consigli di giustizia delle donne, il sistema di co-presidenti che garantisce la partecipazione delle donne a tutti gli organi politici, un’economia femminile autonoma, strutture educative e le proprie unità di autodifesa che avvantaggiano l’intera società. La partecipazione di donne internazionaliste venute da tutto il mondo per proteggere questa rivoluzione mostra che si tratta di conquiste universali che non si limitano al Rojava o al Medio Oriente. Qui in Rojava le donne hanno trovato metodi concreti di liberazione. In questo giorno commemoriamo i quasi 11000 martiri e gli oltre 20000 amici disabili di guerra, che hanno dato il loro sangue e la loro vita per difendere questa rivoluzione e il mondo contro l’ISIS. Gli internazionalisti di tutto il mondo hanno svolto un ruolo importante in questa guerra. Un gran numero di loro si è ferito e più di 40 compagni hanno perso la vita, come Ivana Hoffmann, Anna Campell, Konstantin Gedig e Lorenzo Orsetti. Sono le nostre stelle splendenti e noi camminiamo nei loro sentieri. Dopo la glorificata sconfitta mondiale dell’ISIS, oggigiorno ci troviamo di fronte ad attacchi quotidiani da parte della Turchia membro della NATO e numerosi embarghi, come per l’acqua o merci diverse, che, prima di ogni altra cosa, stanno danneggiando le persone. Oltre a ciò, la confederazione democratica che è ancora in fase di costruzione, deve assumersi l’enorme fardello di dover affrontare migliaia di combattenti dell’ISIS rimasti che non vengono ripresi dai loro paesi d’origine. Fino a che punto questo può diventare un pericolo per il mondo intero, è stato mostrato solo alcuni mesi fa nella guerra di Heseke. Anche qui è stato il popolo del Rojava ei combattenti di YPG, YPJ e SDF a proteggere il mondo da un’altra rivolta del potere islamista. Questa guerra ha anche mostrato ancora una volta il sostegno dell’ISIS da parte dello stato turco che sta continuando la pulizia etnica e la sua politica genocida con attacchi senza fine. Mentre le YPG, le YPJ ei nostri amici delle SDF hanno difeso il mondo da una minaccia temuta dai più potenti stati occidentali, ora il mondo deve assumersi la responsabilità di difendere il popolo e la rivoluzione qui in Rojava. Ecco perché abbiamo creato i nostri modi per essere parte di questa rivoluzione. La nostra promessa e il principale dovere dei prossimi tempi è di liberare i territori occupati come Efrin, Serekaniye e Gire Spi e di liberare la gente dalla crudeltà e dal terrore. Chiediamo a tutti gli internazionalisti di tutto il mondo di unirsi alla rivoluzione e alla difesa di una grande speranza prendendo parte alle fila di YPG e YPJ International”.