Mentre l’economia indiana cresce, ma non alla velocità attesa, crescono le pressioni geopolitiche su New Delhi, unico membro del quadrilatero democratico del Pacifico che ha mantenuto le sue storiche relazioni con la Russia, soprattutto in ambito militare
Con la Cina, intanto, procedono sia i negoziati militari sulle dispute di confine, sia la competizione per il controllo dello Sri Lanka
Geoeconomia da giganti
In attesa del sorpasso demografico ai danni della Cina, previsto per l’anno prossimo, e con un tasso di crescita economica per l’anno fiscale 2022-2023 stimato tra il 6,5% e il 7,3% del prodotto interno lordo (pil), l’India partecipa, di fatto, anche se da dietro le quinte, alla rivalità tra le grandi potenze mondiali. Complici da un lato il rallentamento dell’economia cinese dovuto alle restrizioni imposte per l’emergenza sanitaria da Covid-19, dall’altro dalle crescenti pressioni geopolitiche proporzionali all’inasprimento delle relazioni internazionali. Un contesto in cui la tradizionale neutralità di uno dei membri fondatori del Movimento dei paesi non-allineati sembra aver apportato finora notevoli benefici alle casse indiane. Anzitutto, grazie alla massiccia importazione di petrolio russo a basso costo, ma anche mediante un sapiente equilibrio con il grande vicino, la Repubblica popolare cinese, malgrado la retorica nazionalista indù del presidente Narendra Modi e del suo partito, il Bharatiya Janata Party (Bjp, ossia partito indiano del popolo). Una dialettica che recentemente ha causato tensioni con la cospicua (e talvolta perseguitata) minoranza musulmana, lasciando emergere la questione dell’islamofobia nel paese. Un tema delicato, considerando che il rallentamento del mercato interno, dovuto ai rincari di carburanti e generi alimentari, rischia di creare le condizioni favorevoli per una polarizzazione politico-religiosa. A fine giugno, intanto, la Corte suprema indiana ha accusato una ex portavoce del Bjp (ora sospesa) Nupur Sharma di aver provocato tensioni con le parole da lei pronunciate in un’intervista televisiva, il 26 maggio, esortandola a scusarsi pubblicamente per le sue parole offensive nei confronti del profeta dell’islam e della giovane moglie Aisha. Dichiarazioni che avevano suscitato un’ondata di indignazione tra Africa settentrionale, Medio Oriente e Golfo, ma anche negli Stati uniti.
Tra due quadrilateri
Per Washington, infatti, si è trattato di un incidente piuttosto delicato, vista l’importanza strategica dell’India nella strategia di contenimento dell’intraprendenza geopolitica della Cina. Un ruolo che dipende, in parte, anche dal contributo dell’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe, ucciso agli inizi di luglio. É stato lui, infatti, a caldeggiare un coinvolgimento di New Delhi nello scontro sino-statunitense sul fronte del Pacifico, estendendo la linea di accerchiamento fino all’oceano Indiano, come sintetizzato dall’espressione, ormai adottata stabilmente anche dagli Usa, «Indo-Pacifico». Il sostegno dell’India, d’altronde, è essenziale anche sul piano economico, come dimostra la sua recente adesione alla dichiarazione congiunta del Forum ministeriale sulle catene di distribuzione delle merci. L’importanza di questo gigante del Pacifico, del resto, si evince anche dalla reazione tollerante di Washington quando New Delhi, a partire dal 2018, ha deciso di acquistare il sistema di difesa missilistica russo S-400 (una mossa che la Turchia, ad esempio, ha pagato con le sanzioni economiche). Tale ruolo chiave, inoltre, emerge dalla possibilità che l’India funzioni da ponte tra i due quadrilateri democratici, quello, già costituito e ben solido, del Pacifico (noto come Quad e composto da Usa, India, Giappone e Australia) e quello che gli Usa vorrebbero creare, sullo stesso modello, in Medio Oriente, con India, Israele ed Emirati arabi uniti (Eau). Tuttavia, tra i membri del primo, l’India è l’unico paese che non ha troncato le proprie (storiche) relazioni commerciali e militari con la Russia, appellandosi al principio di neutralità. Persino il Giappone si è schierato nettamente sulle posizioni statunitensi, accettando di interrompere i negoziati con Mosca sullo status delle isole Curili.
Cina-Giappone: l’equilibrio di New Delhi
Nonostante le crescenti pressioni geopolitiche, soprattutto da parte statunitense, l’India sembra inotre voler mantenere relazioni equilibrate, benché tese, con l’Impero del Centro. Con Pechino, infatti, New Delhi sta portando avanti lunghi e complessi negoziati per risolvere definitivamente le dispute di confine, che recentemente hanno portato i due paesi quasi al conflitto armato. In secondo luogo, l’India condivide con la Cina l’appartenenza ai Brics (acronimo dei nomi dei paesi membri, ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che si riuniscono con cadenza annuale e rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale. Per avere un termine di paragone, l’intera Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato/Otan) ne comprende approssimativamente il 14%. Si tratta, inoltre, delle principali economie emergenti del pianeta, ai primi posti nella classifica mondiale relativa al pil: a parte la Cina, al secondo posto, l’India occupa la settima posizione, il Brasile l’ottava, mentre la Russia è undicesima. Inoltre, New Delhi negli ultimi anni ha aumentato considerevolmente il volume degli scambi commerciali con l’Africa, passando dai 56 miliardi di dollari dell’anno fiscale 2019-2020, agli 89 del 2020-2021. Al punto da sponsorizzare l’istituzione di un’Area africana continentale per il libero commercio, che dovrebbe rafforzare ulteriormente la presenza di imprese indiane in Africa. Il 20 luglio, intanto, l’ambasciatore indiano in Cina Pradeep Kumar Rawat ha discusso con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sul ritorno degli studenti indiani rimasti bloccati in India e sulla ripresa dei voli diretti tra i due paesi. Contestualmente, New Delhi ha incassato il sostegno del Giappone nella transizione energetica verso le fonti rinnovabili, nel quadro dell’Iniziativa per la transizione energetica dell’Asia, inizialmente limitata ai paesi dell’Asean (Associazione delle nazioni asiatiche meridionali). Le relazioni con Tokyo, infatti, sono state intensificate dai successivi governi guidati da Abe, che intendeva attrarre l’India nella sua visione strategica dell’Indo-Pacifico. L’ex primo ministro giapponese, peraltro, non si era limitato a superare la fase di gelo diplomatico iniziata nel 1998, quando Tokyo impose sanzioni a New Delhi per aver testato armi nucleari. Abe, di contro, ridefinì le relazioni bilaterali, elevandole nel 2014 a «partenariato speciale e strategico», una formula che prevede una cooperazione anche nei settori militare e diplomatico.