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Kurdistan, nuova strage uccide 10 persone e ne ferisce più di 30

L’attacco effettuato con un drone a Zaxo, in Iraq, il 20 luglio. Sale a 23 vittime civili il bilancio negli...

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L’attacco effettuato con un drone a Zaxo, in Iraq, il 20 luglio. Sale a 23 vittime civili il bilancio negli ultimi 7 mesi

ll ministro degli esteri iracheno ha annunciato la conclusione delle indagini sull’attacco che ha provocato 10 morti e più di 30 feriti civili a Zaxo, in Sud Kurdistan, in Iraq. I media negano la responsabilità della Turchia, ma l’analisi spiega che l’obice è partito da una base turca. Dopo l’attacco numerose persone sono scese in strada e hanno preso d’assalto l’ambasciata turca a Baghdad. In un altro attacco sono state uccise tre combattenti curde, tra cui Jiyan Tolhildan, tra le fondatrici delle YPJ e leader fondamentale nella lotta all’Isis. Viene richiesta la No Fly Zone per evitare altre stragi con droni turchi, mentre in Bakur la Turchia sta danneggiando i boschi con incendi e potature “per motivi di sicurezza”

ll ministro degli esteri iracheno ha annunciato la conclusione delle indagini sull’attacco che ha provocato 10 morti e più di 30 feriti civili in Sud Kurdistan. La strage di Zaxo è stata effettuata il 20 luglio, il giorno dopo il decimo anniversario della Rivoluzione del Rojava , con droni turchi che hanno colpito un’aria di villeggiatura nel Kurdistan iracheno, vicino al confine con la Turchia. La propaganda di Stato e i media hanno subito negato la responsabilità turca della strage, affermando invece che questa sarebbe colpa del PKK e dei “terroristi curdi” – motivo per cui le truppe di Ankara si troverebbero nel nord Iraq, coinvolte in operazioni “di sicurezza nazionale”. Secondo l’analisi balistica, però, l’attacco è stato effettuato con un obice da 155mm da una base all’interno dei confini turchi; inoltre il rapporto conferma l’assenza di guerriglieri del PKK nell’area. Non appena resa pubblica la notizia della strage, in tutto l’Iraq le persone sono scese in piazza per protestare contro il silenzio di Baghdad e Erbil (sede del Governo regionale del Kurdistan iracheno) sull’invasione de facto in corso da anni nel nord Iraq da parte della Turchia. Le proteste non si sono limitate alla sola regione curda, ma sono esplose anche a Baghdad, dove i manifestanti hanno preso d’assalto l’ambasciata turca, con diverse sedi diplomatiche turche in tutto l’Iraq che sono state chiuse per precauzione. Negli ultimi 7 mesi di attentati su suolo iracheno, lo Stato turco ha ucciso 28 civili. Secondo le organizzazioni internazionali prima del massacro di Zaxo erano già 1.168 le vittime civili cadute per mano dell’esercito turco in Sud Kurdistan in 452 diversi eventi.

3 donne uccise mentre tornavano dal Forum delle donne

Tre donne sono cadute il 20 luglio in un attacco con droni turchi: la comandante YPJ Roj Khabur, la comandante YAT, l’unità speciale antiterrorismo, Jiyan Tolhildan e la combattente YAT Barin Botan. Le tre combattenti si trovavano sulla strada di ritorno dal primo giorno del Forum delle donne tenutosi a Qamislo nell’anniversario della rivoluzione. Jiyan Tolhildan era una delle fondatrici delle YPJ e comandante generale delle operazioni antiterrorismo in collaborazione con le forze della coalizione. Le condoglianze alla famiglia, e a quelle delle altre due donne uccise, sono infatti arrivate perfino dal centro di comando delle forze armate degli Stati Uniti, che ha pubblicato un tweet definendo Jiyan Tolhildan una leader fondamentale nella lotta contro ISIS. Tuttavia il centro di comando ha evitato ogni riferimento alla Turchia, nonostante lo spazio aereo della zona in cui è avvenuto l’attacco sia sotto controllo USA. La vita della comandante YPJ Jiyan Tolhildan è stata raccontata qualche anno fa nel  documentario Jiyan: Story Of A Female Guerilla Fighter (War Documentary).

#NoFlyZone4Rojava

A seguito dell’attacco, ultimo di una lunga serie di assassinii effettuati con droni armati, è stata rilanciata la campagna #NoFlyZone4Rojava. Ricordiamo che il 20 luglio era anche il triste anniversario di un’altra strage avvenuta con la complicità dell’intelligence di Ankara: quella di Suruc del 2015, compiuta da attentatori suicidi dell’ISIS. Persero la vita 32 militanti della Gioventù socialista turca che si trovavano nel Centro culturale Amara della cittadina sul lato turco del confine con la Siria, in procinto di partire per supportare la ricostruzione della vicina Kobane. La polizia turca bloccò l’arrivo delle ambulanze e anzi aggredì e arrestò i sopravvissuti e le persone scese in piazza.

Negata la libertà di stampa

Gli operatori della stampa libera che operano nel Sud Kurdistan per Rojnews e CHATR Media Group hanno tenuto una conferenza stampa con il Kurdistan Journalists Union e il Metro Journalists Center per esporre le minacce a cui sono soggetti dall’organizzazione di intelligence turca MIT e dall’organizzazione di intelligence del KDP Parastin. Solo nella regione di Bedinan 80 giornalisti e attivisti sono stati arrestati. Nella dichiarazione i giornalisti affermano di subire continue pressioni da parte delle agenzie di intelligence e che chi rifiuta di collaborare è sottoposto a minacce, aggressioni e arresti.

Il disboscamento per “motivi di sicurezza”

L’area montuosa di Şırnak in Bakur è gravemente danneggiata da miniere, dighe, centrali idroelettriche e incendi dolosi da parte dell’esercito turco. Oltre agli incendi boschivi, nelle regioni montuose di Cudi, Gabar e Besta sono in corso massicce operazioni di disboscamento “per motivi di sicurezza”. L’ordine degli avvocati di Şırnak ha lanciato un appello al WWF, alla Fondazione per la protezione e la promozione dei valori ambientali e culturali (ÇEKÜL) e Greenpeace per motivarli ad agire contro questa distruzione ambientale. Assieme all’appello, sono stati inviati dossier su ogni violazione del governo turco nei confronti dell’ambiente della zona. L’ente statale responsabile per la protezione ambientale è anche responsabile degli appalti sui lavori nell’area che vengono assegnati a persone note per essere vicino all’AKP, il partito di Recep Erdogan, che si servono delle guardie di villaggio, milizie paramilitari, come manodopera e come guardie di sicurezza dei cantieri. Tuttavia solo Greenpeace ha risposto all’appello sostenendo che non è per loro possibile intervenire a causa della mancanza di fondi dell’organizzazione. A questo proposito l’associazione degli avvocati ha rilasciato una dichiarazione: “Purtroppo queste organizzazioni sono sostenute da alcuni Stati e il supporto che ricevono da loro è essenziale. Per non mettere a repentaglio questi aiuti, chiudono gli occhi e sono sordi quando si tratta della natura della nostra regione, non vogliono scontrarsi con gli Stati che li finanziano, questa è una grande ipocrisia.”

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