Nei villaggi di Tole Kebele c’erano soprattutto donne, bambine e bambini
Il 18 giugno scorso centinaia di persone sono state uccise e altre decine ferite in un attacco a Tole Kebele, nella regione di Oromia, che i sopravvissuti e i familiari delle vittime hanno attribuito all’Esercito di liberazione Oromo (Elo). L’Elo ha atteso che gli uomini andassero via dal viallggio prima di attaccare donne, bambibne e bambini, uciddendole e sacchegiandone le case, se non bruciandole. Amnesty International chiede di aprire un’indagine imparziale
Il 18 giugno scorso centinaia di persone sono state uccise e altre decine ferite in un attacco a Tole Kebele, nella regione di Oromia, che i sopravvissuti e i familiari delle vittime hanno attribuito all’Esercito di liberazione Oromo (Elo). L’Elo è un gruppo armato che si è distanziato dal Fronte di liberazione oromo dopo che, nel 2018, questo gruppo è entrato nella competizione politica. Dal 2018 vi sono stati frequenti scontri tra l’Elo e le forze governative nell’ovest e nel sud della regione di Oromia. Gli attacchi del 18 giugno sono iniziati alle 9 del mattino, dopo che molti uomini erano andati nei campi o avevano lasciato le loro abitazioni per svolgere altre attività, lasciando nei villaggi soprattutto donne, bambine e bambini. I testimoni hanno dichiarato che gli uomini dell’Elo hanno circondato i villaggi e poi si sono mossi al segnale di uno sparo. I pochi uomini ahmara rimasti nel villaggio hanno provato a rispondere al fuoco, ma sono stati immediatamente neutralizzati dall’Elo e dunque non hanno potuto difendere le donne, i bambini e le bambine dall’incombente massacro di 450 persone, come raccontato ad Amnesty International da un funzionario locale. Gli uomini dell’Elo sono stati riconosciuti unanimemente a causa dei loro caratteristici capelli lunghi e intrecciati, le loro divise militari e soprattutto perché parlavano il dialetto oromiffa. L’Elo è attivo nella zona da almeno quattro anni. Oltre alle uccisioni di massa, gli uomini dell’Elo hanno dato fuoco alle case e hanno razziato bestiame, cereali e denaro in contante. L’attacco è durato ben cinque ore ed è stato immediatamente segnalato alle autorità, che hanno fatto sapere di non poter intervenire perché c’era una strada interrotta. Per tutte e cinque le ore dell’attacco, le forze governative non sono quindi intervenute, nonostante la più vicina rappresentanza del governo distasse meno di 50 chilometri. Sono arrivate solo dopo che l’Elo era andato via, mentre i sopravvissuti stavano già recuperando i corpi dei loro parenti uccisi. Amnesty International ha intervistato dieci persone, tra cui testimoni oculari, familiari delle vittime e un funzionario locale. Ognuno ha perso molti parenti, soprattutto donne, bambine e bambini. Tutti hanno riferito di uccisioni sommarie, incendi di abitazioni e saccheggi. L’analisi delle immagini satellitari, da parte del Crisis Evidence Lab dell’organizzazione per i diritti umani, ha confermato gli incendi divampati il 18 giugno nei villaggi di Tole Kebele. Amnesty International ha già documentato attacchi contro gli amhara da parte dell’Elo, ma i portavoce di questo gruppo hanno ripetutamente negato ogni responsabilità per l’attacco a Tole Kebele, accusando invece le forze governative. Amnesty International ha sollecitato le autorità dell’Etiopia ad aprire un’indagine imparziale sulle uccisioni sommarie di oltre 450 amhara.