Libia: alleanze fluide

Tra alleanze aperte e nascoste, divisioni tra i reparti dei servizi di sicurezza e rimpasti repentini degli apparati governativi, cresce l’incertezza sulla possibilità di ricostituire le istituzioni del paese

Intanto, la compagnia petrolifera di Stato, anch’essa attraversata da tensioni, parla di un aumento della produzione dopo mesi di stallo

Il diritto e il rovescio

L’elemento comune agli scontri del 22 e del 23 luglio, esplosi rispettivamente a Tripoli e a Misrata, è costituito dalle profonde divisioni tra i due principali centri di potere che, dalle loro roccaforti in Tripolitania e in Cirenaica, si contendono il controllo della Libia attraverso i due primi ministri rivali. Il primo, Fathi Bashagha, originario di Misrata ma nominato dal parlamento di Tobruk, nell’Ovest del paese, è sostenuto dalle milizie del generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), mentre il secondo, Abd al-Hamid Dbeibah, guida il governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale. Nondimeno, il controllo delle rispettive regioni è tutt’altro che omogeneo, poiché dipende dalle divisioni e dalle alleanze effimere tra le milizie tribali, le cui rivalità sono acuite dalla contesa sulla gestione delle piattaforme petrolifere. Queste ultime, situate per lo più tra Cirenaica e Fezzan, sono quasi tutte controllate da Haftar, con il quale Dbeibah ha recentemente raggiunto un accordo che ha portato, il 14 luglio, alla deposizione del presidente della National Oil Corporation (Noc, compagnia petrolifera di Stato) Mustafa Sanallah, sostituito da Farhat Bengdara, vicino al generale della Cirenaica. In cambio, le milizie tribali leali a quest’ultimo hanno consentito la ripresa della produzione di «oro nero» dopo mesi di blocco, costati oltre tre miliardi di dollari alle casse libiche.

Ombre e nebbia

Tuttavia, fonti locali riportata da Al-Jazeera osservano che, a differenza di Bashagha, la cui alleanza con Haftar è da sempre manifesta, tanto da essergli costata l’accusa di tradimento nella sua città di origine, roccaforte del governo di Tripoli, Dbeibah ha siglato un’intesa a porte chiuse, suscitando inquietudine e diffidenza tra gli oppositori del comandante del Lna. Sarebbe questa, dunque, la causa principale degli scontri scoppiati a Misrata il 22 luglio, tra la Forza operativa integrata, creata da Dbeibah, e gruppi vicini a Bashagha. Il giorno prima, peraltro, un duro conflitto armato tra le Forze di deterrenza speciali e la Guardia presidenziale (due corpi delle forze di sicurezza libiche) era scoppiato a Tripoli, a partire da reciproche accuse di rapimenti. Le sparatorie sono poi proseguite per due giorni, con un bilancio ufficiale di almeno 16 morti e 34 feriti, soprattutto civili, oltre alla sospensione da parte di Dbeibah del ministro dell’Interno Khalid Almazen. Sempre a Tripoli, il 10 giugno, altri scontri a fuoco erano scoppiati tra le milizie fedeli a Dbeibah e quelle leali a Bashagha, che, un mese prima, aveva annunciato di voler proclamare un nuovo governo a Sirte, alternativo a quello con sede nella capitale. Infatti, a marzo, Dbeibah, facendo leva sul riconoscimento da parte dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu), aveva rifiutato di cedere il posto a Bashagha, nominato dal parlamento di Tobruk. La ripresa delle attività petrolifere, inoltre, ha inasprito la disputa tra fazioni, rendendo sempre più difficile creare le condizioni per organizzare elezioni trasparenti.

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