La nomina di Droupadi Murmu come presidente dell’India, la prima di origine tribale, sia pure per un incarico puramente rappresentativo, cela la volontà del Bharatiya Janata Party del primo ministro di cooptare quante più forze politiche nel suo progetto
Il partito nazionalista indù al governo gioca la carta delle caste diseredate per cancellare con un colpo di spugna le ultime tensioni con la minoranza musulmana
«Raggio di speranza» o specchietto per le allodole
Dopo la sua elezione da parte delle due camere del parlamento e delle legislature regionali a presidente dell’India, il 25 luglio, Droupadi Murmu, della tribù Santhal, ha giurato assumendo ufficialmente l’incarico. La 64enne, ex insegnante ed ex governatrice dello Stato del Jharkhand (prima donna in questa carica), esponente del Bharatiya Janata Party (Bjp, nazionalista indù), aveva ricevuto il sostegno del primo ministro Narendra Modi, che, dopo averne sostenuto l’elezione utilizzando la forte influenza sua e del suo partito sulla politica federale e dei singoli Stati, si è congratulato con lei attraverso la rete sociale Twitter. «È emersa come un raggio di speranza per i nostri cittadini, specialmente i poveri, gli emarginati e gli oppressi», ha scritto Modi, in riferimento all’appartenenza di Murmu alla tribù santhal, che fa parte delle cosiddette Scheduled Castes (SCs) e Scheduled Tribes (Sts). Un’etichetta ufficiale, riconosciuta dalla costituzione indiana, che designa le categorie più svantaggiate a livello socio-economico, in un paese dove ancora vige il sistema delle caste, malgrado la messa al bando nel 1950. Anche per questo, Droupadi Murmu, poco prima della sua investitura, si era recata a New Delhi, presso il memoriale dedicato a Mohandas Karamchand Gandhi, l’eroe dell’indipendenza indiana, che considerava il sistema delle caste, in particolare lo status degli intoccabili, peggiore dell’oppressione imperialista dei regimi coloniali e «la macchia più grave sull’induismo». Infatti, è soprattutto tra la maggioranza indù che questo sistema viene de facto osservato, ragion per cui molti intoccabili, o dalit («oppressi»), nel tempo si sono convertiti al cristianesimo, ottenendo anche funzioni di rilievo nell’apparato rituale. Nondimeno, come riporta The Hindu, alla fine di aprile, il Movimento cristiano di liberazione dei dalit ha protestato per reclamare l’uguaglianza all’interno della comunità e una maggiore presenza di rappresentanti di questa categoria nei ranghi del clero. A livello federale, invece, a rappresentare gli intoccabili è la Campagna nazionale per i diritti umani dei dalit (Ncdhr), un’organizzazione non governativa composta di attivisti e intellettuali impegnati contro le discriminazioni legate al sistema delle caste. Più in generale, come ha dichiarato poco dopo la sua nomina la nuova presidente indiana, tra le caste inferiori è considerata quasi un sogno anche la semplice istruzione elementare. Droupadi Murmu, peraltro, succede a Ram Nath Kovind, che è stato il secondo presidente indiano appartenente alla comunità dalit. In realtà, come riporta France24, molti analisti ritengono che Modi abbia giocato la carta delle caste inferiori e dei tribali per allargare la sua base di consensi in vista delle elezioni del 2024. Soprattutto dopo le ultime tensioni con la minoranza musulmana, a seguito delle dichiarazioni di una rappresentante del Bjp, offensive nei riguardi del profeta dell’islam. Le proteste, alla fine di giugno, erano state seguite dalla demolizione pretestuosa di abitazioni ed esercizi di proprietà di musulmani da parte delle autorità indiane, come riportato da The New Arab.