Dopo mesi di stallo nei negoziati internazionali sul programma nucleare iraniano, l’Unione europea presenta a Tehran il suo «testo finale» per un accordo
Secondo Bruxelles, i colloqui sono giunti al termine e il testo in questione «non sarà rinegoziato»
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L’8 agosto, l’Unione europea (Ue) ha sottoposto a Tehran il «testo finale» e non rinegoziabile per riportare in vita l’accordo sul programma nucleare della Repubblica islamica, siglato nel 2015 da Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina, Russia, Iran e Stati uniti e rotto unilateralmente da Washington a maggio 2018. Bruxelles, dopo mesi di stallo, aveva riaperto i negoziati il 3 agosto, a Vienna per «discutere del ritorno alla piena applicazione del Jcpoa» (Joint Comprehensive Plan of Action, denominazione ufficiale dell’accordo del 2015 in inglese), come aveva annunciato il coordinatore dell’Ue Enrique Mora. Nella capitale austriaca, oltre ai rappresentanti dei paesi che avevano preso parte ai colloqui, c’era anche l’inviato statunitense Robert Malley, che in un post sulla rete sociale twitter aveva precisato che le aspettative di Washington sono «misurate», nonostante l’apprezzamento per l’impegno europeo. Il 26 luglio, peraltro, il capo della diplomazia europea Josep Borrell aveva già proposto all’Iran una bozza di compromesso, esortando tutte le parti coinvolte ad accettarne le condizioni per evitare «una crisi pericolosa». Così, Tehran, attraverso un comunicato del portavoce del ministero degli Esteri, si era dichiarata «ottimista», anche se da Washington si continuava a rimarcare il peso delle «divergenze» emerse durante i negoziati internazionali, in particolare riguardo le richieste di Tehran in merito all’abolizione delle sanzioni e alla conclusione dell’inchiesta dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Peraltro, a seguito della rottura unilaterale del Jcpoa da parte degli Usa, la Repubblica islamica ha oltrepassato il tasso di arricchimento dell’uranio fissato al 3,67%, arrivando gradualmente al 20%, per poi superare il limite del 60% e avvicinarsi al 90%, percentuale necessaria per la produzione di armi atomiche. Contestualmente, aveva iniziato a porre restrizione all’accesso degli osservatori dell’Aiea agli stabilimenti. Inoltre, dall’8 agosto, ha iniziato ad alimentare a gas centinaia di nuove centrifughe, in risposta alle sanzioni che impediscono all’industria petrolifera iraniana di vendere petrolio. Ma di fronte al «testo finale» di Bruxelles, Tehran ha dichiarato che non è ancora tempo di concludere i negoziati.