Si possono evitare i suicidi in carcere ?
“L’ennesimo suicidio in carcere, l’ennesima morte che si poteva e si doveva evitare, l’ennesima occasione che riporta al problema della condizione carceraria. Dal XVIII Rapporto Antigone emerge la drammatica necessità di una seria riforma del sistema carcerario: sovraffollamento, recidiva e suicidi dimostrano l’insostenibilità dell’attuale sistema, il fallimento di un modello meramente repressivo e la necessità di importanti interventi, aprendosi al mondo esterno, puntando sulle attività lavorative, scolastiche, ricreative allineandosi al dettato costituzionale; si pensi che solo lo 0,5% di coloro che scontavano una misura alternativa ha commesso nuovi reati”. Così in una nota Meritocrazia Italia.
“Moltissimi istituti penitenziari presentano un tasso di affollamento reale superiore al 150%, con picchi di oltre il 190% e, anche oltre questi casi limite, i numeri delle presenze sono preoccupanti – si legge – Si tratta oggettivamente di un’emergenza trascurata e Meritocrazia Italia crede che sia giunto davvero il momento di investire in un nuovo sistema penitenziario: una vera rieducazione può essere possibile solo in una società in cui l’equilibrio tra merito ed equità renda possibile e doveroso farsi carico di tutti i suoi componenti, anche di coloro che hanno sbagliato, adottando politiche organiche di inclusione rivolte alle fasce più deboli”.
“Occorre investire nelle dotazioni tecnologiche di ogni istituto – spiega il presidente Walter Mauriello – potenziando infrastrutture, aule delle scuole, spazi comuni, attrezzature sportive, biblioteche, teatri, officine dando ai detenuti aree dove imparare ad essere cittadini salvaguardando la loro umanità e la loro dignità senza considerare che sport, musica, cultura hanno un notevole impatto terapeutico e rieducativo. Suicidi e recidiva si possono combattere solo differenziando il sistema sanzionatorio e facendo un più ampio ricorso alle misure alternative”.
“In quest’ottica si potrebbe prevedere di impiegare parte dei fondi disponibili per progetti volti a costruire strutture in grado di ospitare chi non ha un luogo dove scontare i domiciliari – conclude – finanziare progetti educativi e sociali che riducano i rischi della devianza, trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza, case famiglia per detenute madri, accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e del mondo dell’industria per facilitare inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale. Da ultimo, ma non per importanza, è necessario investire in coloro che operano in carcere fornendo loro tutela, formazione e strumenti adeguati per svolgere al meglio un lavoro difficile, logorante e pericoloso”.