Il gup di Milano Chiara Valori ha condannato a 8 anni e 4 mesi Alberto Genovese, l’imprenditore accusato di due episodi di violenze sessuali. Al termine del processo con rito abbreviato, il 45enne – presente nell’aula del settimo piano del Palazzo di giustizia – è stato ritenuto colpevole sia dello stupro nei confronti di una 18enne avvenuta il 10 ottobre 2020 nel suo attico ‘Terrazza sentimento’ in centro a Milano e di una 23enne abusata il 10 luglio 2020 in una villa a Ibiza, sempre dopo averle rese incoscienti con un mix di droghe. Condannata a 2 anni e 5 mesi, invece, l’ex fidanzata Sarah Borruso imputata in concorso con l’ex re delle start up solo per l’episodio spagnolo.
Il verdetto accoglie in pieno la richiesta della pubblica accusa, rappresentata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, che durante la requisitoria avevano parlato di un quadro di “devastazione e degrado umano” e avevano chiesto otto anni di reclusione e 80mila euro di multa. Bocciata la linea difensiva che chiedeva l’assoluzione “per ‘insussistenza del fatto” per l’episodio di Ibiza e il vizio parziale di mente, e dunque il minimo della pena, per l’episodio di Terrazza Sentimento. L’abuso di sostanze illecite e alcol, insieme a un “disturbo dello spettro autistico di livello moderato” diagnosticato dalla psicologa di parte, avrebbe compromesso la possibilità di riconoscere il mancato consenso.
Una difficoltà che nell’udienza dello scorso 27 giugno cercò di rendere a parole lo stesso Genovese, parlando per circa 5 ore davanti al giudice, aveva provato a rendere mettendo ordine tra il prima e il dopo della sua vita: da un lato la droga che annebbia e annienta, la caccia spasmodica a donne giovani con cui ricercare il piacere estremo, poi il carcere, il trasferimento in una comunità di recupero, la perdita dell”etichetta’ di imprenditore di talento. Dopo aver rivisto le immagini di quelle serate, catturate dal sistema di video sorveglianza, Genovese si era pentito per la sua vita dissoluta e sfrenata. Oggi il giudice non ha creduto alla sua difesa. Le motivazioni saranno rese note tra 90 giorni.
Alberto Genovese, condannato a 8 anni e 4 mesi per due violenze sessuali, ha lasciato l’aula del settimo piano del Palazzo di giustizia di Milano accerchiato dai legali e con accanto la sorella che è sempre stata presente durante il processo abbreviato. Il viso imperturbabile e coperto dalla mascherina, l’ex imprenditore non ha proferito parola ai numerosi giornalisti presenti, mentre i difensori si sono limitati a un semplice “attendiamo le motivazioni” che saranno rese note tra 90 giorni.
Sono in gran parte soddisfatte le parti civili del processo che ha portato alla condanna dell’imprenditore Alberto Genovese, accusato di due violenze sessuali commesse ai danni di due giovanissime. L’uomo è stato condannato dal gup di Milano Chiara Valori a 8 anni e 4 mesi e a risarcire con 50mila euro la 18enne violentata in centro a Milano.
Una provvisionale che non soddisfa il difensore luigi Liguori che dovrà rivolgersi al tribunale civile per ottenere la cifra richiesta (quasi 2 milioni di euro). Non aveva chiesto nessun risarcimento la difesa della seconda vittima che si dice “soddisfatta: il granitico impianto accusatorio ha retto”.
Dello stesso tenore il commento venuto da una delle associazioni a difesa delle donne, parti del processo. “Gli imputati sono stati ritenuti responsabili, il giudice ha accolto pienamente l’ipotesi accusatoria e per questo siamo soddisfatte. Certo, il percorso di affrancamento della violenza resta lungo”.
La sentenza che condanna Alberto Genovese a otto anni e 4 mesi di carcere, accusata di violenza sessuale aggravata nei confronti di due ragazze, “è figlia del rito abbreviato che sconta la pena di un terzo di default. Con questo rito, che se chiesto dall’imputato va concesso e comporta automatici sconti di pena di un terzo, la pena è passata da dodici anni a poco più di otto. Avendo peraltro già trascorso circa nove mesi in carcere in regime di custodia cautelare e successivamente di arresti domiciliari dove si trova anche ora (periodi che andranno scontati dalla condanna inflitta), anche se questa condanna sarà confermata in appello ed eventualmente in Cassazione, per i vari meccanismi processuali di sconti di pena e regimi alternativi, dubito che Genovese andrà ancora in carcere”. Lo afferma l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime, commentando la sentenza emessa dal Gup di Milano a carico di Alberto Genovese.
“Da anni ci battiamo perché sia impedito a chi commette reati con pena massima uguale o superiore a dodici anni di accedere al rito abbreviato, perché sconti di pena automatici per delitti come pedofilia o violenza sessuale non sono eticamente accettabili né aiutano la riabilitazione del colpevole. Auspico, a questo punto, che Genovese si renda davvero conto della gravità di quanto contestato e della sofferenza fisica e psicologica causata alle sue vittime, e che intraprenda un serio percorso di riabilitazione non solo per le sue dipendenze ma soprattutto per le sue condotte, che purtroppo denotano un assoluto spregio del corpo e della dignità delle donne”, aggiunge. “Quanto al risarcimento di 50.000 euro stabilito per la ragazza vittima delle violenze che si è costituita parte civile, si tratta di una provvisionale e il residuo danno potrà essere chiesto in un separato giudizio civile” conclude.