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Ambiente: emergenza idrica in Iraq, l’agricoltura a rischio

L’Iraq – che ha trivellato per anni il deserto alla ricerca di petrolio – sta affrontando una grave crisi idrica,...

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L’Iraq – che ha trivellato per anni il deserto alla ricerca di petrolio – sta affrontando una grave crisi idrica, che costringe ad abbassare di molto la profondità dei pozzi scavati alla ricerca dell’acqua. Secondo le Nazioni Unite, l’Iraq  è uno dei cinque Paesi al mondo più colpiti dagli effetti chiave della crisi climatica.  Ad aggravare lo stress idrico contribuiscono notevolmente le dighe a monte, principalmente in Turchia, che hanno fortemente ridotto il flusso del Tigri e dell’Eufrate, i fiumi un tempo potenti che diedero vita alla civiltà mesopotamica. 
L’Iraq sta affrontando la peggiore siccità dal 1930 e le frequenti tempeste di sabbia rendono il cielo arancione. Gli esperti avvertono che la soluzione a breve termine per gli  agricoltori – scavare dei pozzi andando molto in profondità – aggrava un problema a lungo termine poiché la scarsità d’acqua continua a peggiorare. Gli agricoltori che, coltivando orzo e erba per il bestiame, vivono ai margini del deserto Najaf,  denunciano il calo del livello delle falde, tanto che per trovare l’acqua prima bastava perforare per 50 metri, mentre oggi si deve scendere a più di 100. L’Iraq, un Paese di 42 milioni di abitanti, sta assistendo ad un veloce depauperamento delle preziose acque sotterranee. Il lago Sawa nel sud, un luogo di pellegrinaggio, quest’anno è scomparso per la prima volta nella storia documentata poiché circa 1.000 pozzi illegali hanno risucchiato la falda freatica sottostante. In un Paese in cui una persona su cinque lavora nell’agricoltura, la scarsità d’acqua ha distrutto i mezzi di sussistenza e portato un esodo rurale verso città già affollate, aumentando le tensioni sociali. La rabbia è divampata contro un governo considerato incompetente e corrotto, e nel sud sono scoppiate sporadiche proteste per chiedere a Baghdad di fare pressione sulla Turchia affinché rilasci più acqua dalle sue dighe. Il ministero delle Risorse idriche iracheno ha avvertito, durante la torrida estate, che “l’uso eccessivo delle acque sotterranee ha portato a molti problemi” e ha chiesto “la conservazione di questa ricchezza”. Per affrontare la crisi, le autorità hanno chiuso centinaia di pozzi illegali. Ma ne hanno anche trivellati circa 500 nuovi nella prima metà di quest’anno, con piani per altri in almeno sei province prima di quello che il ministero, riferendosi al 2023,  prevede sarà “un altro anno di siccità”. 
L’acqua prelevata dai pozzi è destinata al bestiame, all’irrigazione dei frutteti e alle piantagioni limitate, ma è insufficiente e comunque troppo salata per i campi di grano o le risaie. Sarebbe necessario, dicono gli esperti, che i contadini utilizzassero i moderni metodi di irrigazione, piuttosto che le dispendiose inondazioni dei campi che hanno praticato fin dall’antichità. Un’agenzia delle Nazioni Unite ha accolto favorevolmente le nuove normative irachene, ma ha anche suggerito contatori d’acqua nei pozzi e “un sistema di tariffazione per limitare l’uso delle acque sotterranee”. 

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