La polizia turca ha arrestato una persona sospettata di avere piazzato la bomba esplosa ieri in una frequentata strada pedonale di di Istanbul, causando la morte di sei persone e il ferimento di altre decine, solo due delle quali in imminente pericolo di vita. Oggi il ministro dell’Interno turco, nel darne notizia, ha accusato dell’attentato i militanti curdi. L’attentato è stato messo a segno su Istiklal Avenue, una popolare arteria fiancheggiata da negozi e ristoranti che conduce all’iconica piazza Taksim. L’agenzia turca Anadolu ha riferito dell’arresto, citando il ministro dell’Interno Suleyman Soylu, che non ha rivelato l’identità del soggetto, aggiungendo che altre 21 persone sono state fermate per essere interrogate. L’attentato di ieri è stato un salto all’indietro per la Turchia, ai tempi in cui il Paese è stato teatro di molte azioni terroristiche, soprattutto tra il 2015 e il 2017, alcune delle quali da parte dell’Isis e di gruppi indipendentisti curdi. Soylu ha detto che le prove raccolte portano ad accusare dell’attentato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (il PKK,) e la sua estensione siriana, il Partito dell’Unione Democratica (il PYD). “Sappiamo quale messaggio vogliono darci coloro che hanno realizzato questa azione. Abbiamo ricevuto questo messaggio”, ha detto Soylu, preannunciando una pesante reazione da parte dello Stato turco. Il ministro turco si è quindi scagliato contro gli Stati Uniti, che da sempre sostengono gli indipendentisti curdi (ma non i gruppi terroristici ad essi legati), dicendo che il messaggio di cordoglio dalla Casa Bianca dopo l’attentato era simile a un “assassino che si è presentato per primo sulla scena del crimine”. Secondo Soylu, la regia dell’attentato sarebbe stata a Kobani, la città a maggioranza kurda nel nord della Siria che confina con la Turchia. Ankara e Washington considerano il PKK un gruppo terroristico, ma divergono sulla questione dei gruppi curdi siriani, che in Siria hanno combattuto contro il gruppo dello Stato islamico. A seguito degli attacchi tra il 2015 e il 2017 che hanno provocato la morte di oltre 500 civili e personale di sicurezza, la Turchia ha lanciato operazioni militari in territorio siriano e iracheno, contro militanti curdi, con una repressione, in patria, di politici, giornalisti e attivisti curdi in patria. Già poche ore dopo l’attentato le indagini si erano concentrate su una donna, ripresa da una telecamera di sorveglianza, che per una quarantina di minuti è rimasta seduta su una panchina vicina al luogo dell’esplosione.


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