E’ ormai un’onda inarrestabile quella dei licenziamenti nelle grandi aziende tecnologiche americane che, di fronte alle incerte prospettive per il futuro più immediato, stanno tagliando la loro forza lavoro, con l’obiettivo di riposizionarsi – riducendo i costi – nell’attesa di una migliore contingenza e sperando che l’annunciata recessione sia meno peggiore di quanto si tema.
Il picco di vendite e quindi profitti che le aziende hanno registrato durante la pandemia (con miliardi di persone in casa, per effetto delle misure anti-contagio, davanti al pc a fare acquisti online) è ormai un ricordo e questo ha innescato una serie di licenziamenti. La recessione strisciante ha fatto crollare profitti e quindi le azioni, ponendo le aziende davanti a scelte traumatiche, ma ritenute necessarie. E le migliaia di licenziamenti annunciati ne sono la conferma.
Meta, la casa madre di Facebook, licenzierà undicimila dipendenti (il 13% della forza lavoro complessiva), come ha annunciato la scorsa settimana il ceo, Mark Zuckerberg . Una decisione che arriva dopo un secondo trimestre consecutivo di calo delle vendite, con un calo diffuso della spesa pubblicitaria online e la crescente concorrenza di TikTok. Le azioni di Meta, peraltro, dall’inizio dell’anno sono crollate di circa il 65% del loro valore. “Stiamo ristrutturando i team per aumentare la nostra efficienza. Ma queste misure da sole non porteranno le nostre spese in linea con la crescita dei nostri ricavi, quindi ho anche preso la dura decisione di lasciare andare le persone”, ha detto Zuckerberg.
Twitter, pochi giorni appena dopo l’acquisizione da parte di Elon Musk, ha annunciato il taglio di circa 3.700 dipendenti, di fatto dimezzando il totale dell’originaria forza lavoro, che era di 7.500 unità. Misure attuate con brutale efficienza, tanto che, con l’ufficializzazione del provvedimento (peraltro non ancora esecutivo) i licenziati sono stati privati delle credenziali per accedere alla rete interna della società. Musk, che ha affermato di aver pagato più del dovuto per la piattaforma al prezzo di acquisto di 44 miliardi di dollari, deve affrontare pressioni per aumentare i profitti dell’azienda. All’inizio di questo mese, ha affermato che la società perde 4 milioni di dollari al giorno.
E’ di poche ore fa la notizia che Amazon è pronta a licenziare circa 10.000 lavoratori, che potrebbero ricevere la comunicazione ufficiale già nei prossimi giorni. Intanto i primi 260 licenziati saranno in California, anche se il provvedimento avrà esecuzione da gennaio. I tagli annunciati ammontano a meno dell’1% degli 1,5 milioni di lavoratori dell’azienda in tutto il mondo, ma le perdite di posti di lavoro arrivano in un momento in cui l’azienda in genere espande la propria forza lavoro durante le intense festività natalizie. Le azioni di Amazon sono scese del 18% quest’anno.
La società di rideshare Lyft ha licenziato circa 700 lavoratori (pari al 13% del totale), nella previsione, hanno detto i co-fondatori Logan Green e John Zimmer, di “una probabile recessione nel prossimo anno”, nonché all’inflazione e all’aumento dei costi assicurativi. Le azioni di Lyft sono diminuite di circa il 71% quest’anno.
All’inizio di novembre la società fintech Stripe ha annunciato che avrebbe licenziato il 14% della sua forza lavoro, circa 1.100 dipendenti a fronte di ”un’inflazione ostinata, shock energetici, tassi di interesse più elevati, budget di investimento ridotti e finanziamenti di avvio più scarsi”, ha dichiarato il CEO Patrick Collison in un promemoria ai dipendenti. Sono stati invece 862 i dipendenti mandati a casa dal broker immobiliare online Redfin. I nuovi licenziamenti (che hanno riguardato circa il 13% della forza lavoro) segue quello di aprile, che ha colpito più di un quarto del personale di Redfin a causa della crisi immobiliare. Tagli anche per il personale di Salesforce, società di software aziendale.
Nemmeno Microsoft è riuscita a sottrarsi ai licenziamenti, annunciando che interromperà il rapporto di lavoro con quasi 1.000 dipendenti (su un totale di 221 mila), nelle varie sedi in tutto il mondo. I licenziamenti decisi dalla piattaforma di trading finanziario online Robinhood riguarderanno il 23% dell’intera forza lavoro, dopo che in aprile era stato già mandato via il 9%. In uscita non volontaria anche 1.100dipendenti della piattaforma di trading di criptovalute Coinbase che a giugno ha tagliato del 18% le posizioni a tempo pieno.