Cos’hanno avuto in comune campioni del tennis come Andre Agassi , Monica Seles, Martina Hingis, Boris Becker, Jim Courier, Maria Sharapova, Venus e Serena Williams? E altri, che forse hanno avuto non altrettanta gloria, come Marcelo Ríos, Mary Pierce e Anna Kournikova? Semplice: hanno avuto, all’inizio della carriera, come allenatore e mentore, nella accademia di Bradenton, Nick Bollettieri, morto nella notte americana, all’età di 91 anni, nella sua casa in Florida. La sua vita è stato un concentrato di eventi, spesso generati dal suo carattere esplosivo, che cominciò a manifestarsi quando, figlio di immigrati italiani, iniziò a a tennis all’università, intuendo che quella sarebbe stata la sua strada. Grazie al prestito di un amico (un milione di dollari!) diede vita alla sua accademia, improntata ad un regime quasi militaresco (lui era stato tenente di fanteria) per fare nascere e maturare i futuri campioni della racchetta. Bollettieri attribuiva i suoi successi non alle conoscenze tecniche, ma all’intuito di cui si fidava, formando il suo giudizio sui ragazzi che allenava sull’osservazione e sulla disciplina del suo metodo, in un regime di competizione estrema. Tanto che Andre Agassi descrisse l’accademia di Bolettieri ”un campo di prigionia glorificato”. Il suo primo grande successo come allenatore arrivo nel 1979 quando la sua giovanissima allieva Kathleen Horvath, appena quattordicenne, giocò agli US Open, il torneo più importante degli Stati Uniti e uno dei quattro tornei dello Slam. Le sue regole erano semplici e, insieme, crudeli: ”Si tratta di colpire centinaia di palline per quattro o cinque ore al giorno, pagando il prezzo per essere un vincitore. Il successo non arriva per caso, ma è legato al sangue, al sudore, alle lacrime, alla frustrazione e alla determinazione per raggiungerlo. L’addestramento che ho avuto nell’esercito mi ha reso così. È fondamentale rispettare un leader e seguire senza discussioni il percorso che ti segna. Il segreto del mio centro è stato quello di riunire persone speciali; l’uno ha spinto l’altro a cercare di essere migliore, sono diventati campioni per questo. Questo è il concetto”. Parlando di Agassi, uno dei suoi allievi prediletti, Bollettierdi disse: ”Ognuno è diverso. Il mio dono è sapere come sta ogni persona, sapere come trattarla e come parlarle. E Andre non lo potresti mai sgridare perché non ha reagito bene. Courier, sì, e con Becker e le sorelle Williams le cose erano molto semplici”. Il suo capolavoro? Forse Maria Sharapova, che in sé riassumeva estetica, potere mediatico e risultati. Introdotto nella Tennis Hall of Fame nel 2014, Bollettieri (che si è sposato otto volte ed aveva sette figli) nel 1987 ha venduto l’accademia all’International Management Group , comunque continuando a presiederla. Il suo modello di insegnamento è stato ”sposato” dalla IGM che l’ha esteso ad altri sport (basket, golf, tennis, baseball) per conquistare il mercato. Una delle frasi che hanno reso famoso Nick Bollettieri traduce il suo pensiero: “Nella vita, se non fai nulla di male, non raggiungerai la cima della montagna”.