Il Papa: mi dimetterò se lo imporrà la malattia

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La notizia che il Papa, già alcuni anni fa, lasciò all’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone una lettera di dimissioni da ”attivare”’ nel caso di una malattia che ne possa condizionare l’operato, restituisce una immagine di Bergoglio molto vicina alla sua epoca. E non inganni il fatto che anche il suo predecessore, Benedetto XVI, ha deciso di scendere dal soglio petrino per sua volontà e non per morte, perché il profilo dei due pontefici – Francesco e quello emerito, ormai ritiratosi e che ha rarefatto le sue uscite, legandosi alla dimensione della meditazione – è totalmente diverso: tanto aristocratico nei modi e nell’eloquio quello tedesco, quanto ”popolare” , nel più genuino significato del termine, quello argentino.                      Ma gli ultimi anni del pontificato di Bergoglio sono stati, per lui, difficili perché ha deciso di confrontarsi più direttamente con le distorsioni della società globale, ergendosi a difensore strenuo dei diritti comuni, a cominciare da quello perché la natura non sia violentata dall’Uomo e quindi il mondo possa abbracciare finalmente tutti.

Un papa come Francesco, impegnato in battaglie civili, non è certamente nuovo nella storia della Chiesa. Ma lui Francesco ha scelto la strada della vicinanza, della contiguità con il suo gregge, ma anche con chi prega un altro Dio che non quello dei cristiani. Il continuo riferimento alla pace è un sentimento comune nei pontefici, ma con un papa venuto (come disse lui accettando l’inatteso responso del conclave), dall’altro lato del mondo e quindi conoscendo la parte sofferente dell’umanità, non è più un concetto filosofico o teologico, ma l’avvertita esigenza che tacciano le armi, tutte le armi. L’equilibrio nei gesti e nelle parole che dovrebbe sovrintendere l’esercizio del ruolo di capo di uno Stato, e non solo di pastore di anime, con Bergoglio è un concetto lontano. Lui che al messaggio verbale, ma non ufficiale, preferisce affidare il compito di trasmettere il suo pensiero, rivolto soprattutto verso chi soffre e non ha colpe della sua condizione. Un compito pesantissimo per il quale papa Bergoglio sa che necessita ogni stilla di forza e che, quindi, una malattia lo condizionerebbe ben oltre il sopportabile.                                                    Quella lettera, probabilmente passata da Bertone a Parolin, nello scambio di consegne alla segreteria di Stato, non è una cambiale in bianco, un assegno da incassare, ma una scadenza: quella che il Bergoglio Papa ha dato al Bergoglio uomo.

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