Gli Stati Uniti hanno ufficialmente registrato più di cento milioni di casi di COVID-19. Il numero, secondo i Centers for Disease Control and Prevention, aggiornati a giovedì scorso, è stato raggiunto il 21 dicembre. Ma, il dottor John Brownstein, epidemiologo e responsabile dell’innovazione presso il Boston Children’s Hospital e collaboratore di ABC News, pur sostenendo che la soglia dei 100 milioni è importante, ha anche espresso il giudizio che sia una grave sottostima. ”Ovviamente – ha detto, citato da ABC News – è una pietra miliare che indica l’enorme quantità di trasmissione che si è verificata attorno a questo virus e il carico di popolazione che abbiamo dovuto affrontare. Allo stesso tempo, riconosciamo che i casi segnalati sono assolutamente sottostimati, all’inizio della pandemia, dove i test erano inesistenti, fino al passaggio ai test domiciliari, dove una percentuale significativa di casi non è stata segnalata”. Il problema della sottostima dell’ampiezza della pandemia non è nuovo, sollevato da molti esperti. Diverse la cause, con la principale forse nel fatto che chi esegue dei test non in strutture mediche pubbliche e risulta positivo non sempre ne dà comunicazione alla sanità pubblica. Molti, poi, non si sottopongono al test o perché non sanno come farlo oppure perché hanno proprio deciso di non sottoporvisi. A conferma dei timori di una stima non aderente alla realtà si può citare la rilevazione dei Centers for Disease Control and Prevention, secondo la quale, tra febbraio 2020 e settembre 2021, è stata segnalata solo un’infezione da COVID-19 su quattro, portando la stima generale reale intorno a 146 milioni di casi. Secondo gli esperti è possibile che si sia verificata un’impennata di casi dopo il Ringraziamento di cui non si conosce ancora il vero peso, con un’impennata che probabilmente si verificherà dopo Natale e Capodanno.
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