La comunità curda francese, rendendo omaggio alle tre vittime dell’attacco al centro culturale nel 10/mo arrondissement di Parigi, continua a protestare contro il clima che ha determinato la tragedia di venerdì, respingendo l’ipotesi che quanto accaduto sia frutto di razzismo e non, invece, una conseguenza della repressione turca. Migliaia di curdi e di sostenitori della loro causa, a Parigi (dopo le violente proteste di venerdì scorso), si sono dati appuntamento sventolando tantissime bandiere rosse, gialle e verdi, i colori del Kurdistan. La manifestazione, che si è svolta ordinatamente, è stata indetta dal Centro democratico curdo di Francia (CDKF), la cui sede è nel centro culturale curdo Ahmet-Kaya, preso di mira dall’autore della strage, William M., 69 anni. L’uomo, inizialmente messo in stato di arresto, in attesa di comparire per la prima volta davanti a un magistrato, è stato trasferito, per motivi medici, in una struttura per malattie mentali. Alcuni dei manifestanti hanno alzato le fotografie delle vittime più note, l’attivista femminista Emine Kara e la cantante Mir Perwer. La terza vittima, Abdulrahman Kizil, è un “comune cittadino curdo”, secondo il Centro democratico curdo di Francia, abituato a frequentare il centro Ahmet-Kaya. Ma se un volto ha dominato la manifestazione, è stato quello di Abdullah Öcalan, leader e fondatore del PKK, imprigionato in Turchia. La maggioranza di coloro che hanno manifestato non ha voluto fare dichiarazioni, facendo capire di non condividere molto la versione che la strage sia stata motivata da razzismo, ricordando che la comunità curda non è mai stata presa di mira dall’intolleranza di estrema destra , la motivazione addotta dal presunto assassino. Molti striscioni hanno celebrato la memoria dei tre attivisti assassinati quasi dieci anni fa, il 9 gennaio 2013, in rue Lafayette, da un presunto agente dello Stato turco, deceduto in carcere prima di potere essere processato.