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Il 2022 del titolo Tesla si chiude con un -70%, non solo per le stravaganze di Musk

(nostro servizio) – Chi ha da parte un buon gruzzolo di azioni Tesla per quest’anno dovrà mettere da parte la...

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(nostro servizio) – Chi ha da parte un buon gruzzolo di azioni Tesla per quest’anno dovrà mettere da parte la speranza che la casa automobilistica per la produzione di veicoli elettrici potesse continuare ad essere la gallina dalle uova d’oro, come lo è stata fino a pochi mesi fa. I numeri sono impietosi e a poco serve fare delle congetture o perdersi in elucubrazioni per capire cosa sia andato storto. Perché se le azioni Tesla  sono scese di quasi il 70% dall’inizio dell’anno – in  proporzione di tre volte e mezzo in più rispetto al calo dell’indice di riferimento, S & P 500, che ha perso circa il 20 % – non può addebitarsi tutto all’incertezza che regna sui comportamenti di Elon Musk da quando ha deciso di mettere le mani su Twitter.  Tesla, a detta degli analisti, anche se ha aumentato i profitti, sta soffrendo soprattutto di un calo evidente della domanda, a fronte dell’irruzione sul mercato dei veicoli elettrici di altri protagonisti, che stanno erodendo il ruolo di primazia della casa di Musk. Se a questo si aggiungono anche i contraccolpi dovuti a crisi contingenti (quindi non legate a scelte strategiche), quali quella della carenza di semiconduttori e quindi delle chiusure imposte in Cina per combattere il Covid-19 (lo stabilimento di Shanghai ha sospeso la produzione), il quadro è sin troppo definito. In ogni caso si potrebbe dire che Elon Musk ci ha messo del suo, non tanto per scommettere 44 miliardi sull’acquisizione di Twitter, quanto per avere dato segnali contrastanti rispetto a quel che vuole fare con la piattaforma, per la quale ha programmi che in pochi riescono a comprendere e con mosse e decisioni che, oltre a clamore, stanno creando sconcerto nella comunità degli investitori. Con la conseguenza che alcune mosse (più della decapitazione dei vertici di Twitter e del dimezzamento della forza lavoro, la decisione di eliminare una struttura di moderazione dei contenuti, filtro irrinunciabile per frenare i messaggi che incitano all’odio) hanno allontanato dalla piattaforma importanti inserzionisti, facendo quindi mancare la necessaria ”benzina” degli introiti pubblicitari.                                                                                                              Un Elon Musk con una attenzione monodimensionale, tutta riservata alle sorti di Twitter, è il peggio che gli investitori possano aspettarsi pensando a quel che hanno scommesso su Tesla, una impresa trascinata soprattutto nei suoi successi da un Ceo che su di essa spendeva quasi tutto il suo impegno. Non è uno scenario azzardato o, peggio, isolato, il  nostro, perché analisti del calibro di Dan Ives dicono le stesse cose, magari con parole diverse, definendo le conseguenze dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk come una tempesta politica, che ha causato il deterioramento del marchio di Musk e Tesla, portando a una “completa debacle per il titolo”.                                                                                                                Ma queste potrebbero essere considerazioni ritenute esagerate rispetto all’evidenza dei fatti, perché quest’anno i risultati di Tesla sono stati solidi, con la crescita, anno su anno, degli utili e dei ricavi nei primi tre trimestri del 2022. Ma questo non intacca il quadro generale del settore dei veicoli elettrici negli Stati Uniti che, dal 2018 al 2020, ha visto Tesla detenere circa l’80% del mercato. Ma la concorrenza di nuove case produttrici s’è avvertita pesantemente lo scorso anno quando la quota di Tesla di vendite negli Stati Uniti é scesa al 71% e continua a diminuire. E certo la notizia di una inusuale iniziativa (sconti fino alla fine dell’anno sui suoi due modelli più venduti) alimenta l’idea che la domanda stia continuando a rallentare. La prossima scadenza che gli analisti attendono con attenzione riguarda i risultati del quarto trimestre dell’anno, che potrebbero pesantemente risentire del calo delle vendite (e quindi dell’aumento dei veicoli fermi sui piazzali) a fronte del prepotente proporsi di nuovi concorrenti, negli Stati Uniti così come in Cina.

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