Il Brasile, insieme al mondo del calcio, piange la morte di Pelé, il tre volte campione del mondo, spentosi ieri, all’età di 82 anni, dopo una lunga battaglia con un tumore al colon. I funerali si svolgeranno martedì, a San Paolo, e sarà sepolto nel cimitero di Santos, nella cui squadra militò dal 1956 al 1974. Per onorarne il ricordo, sono stati dichiarati due giorni di lutto nazionale.
La figlia Kely, nel dare la notizia della morte di Pelé, ha scritto: ”Tutto ciò che siamo è grazie a te”. Secondo quanto ha comunicato il Santos, la bara di Edson Arantes do Nascimento, questo il nome completo dello scomparso, lascerà l’ospedale Albert Einstein di San Paolo lunedì mattina presto e sarà collocata nel cerchio centrale del campo dello stadio che lo vide protagonista e dove i tifosi potranno rendergli omaggio. Nel bollettino medico ufficiale, l’ospedale Albert Einstein Hospital – che nei giorni scorsi aveva reso noto che l’avanzare del cancro ne imponeva il trasferimento nel reparto di cure palliative – ha affermato che Pelé è morto alle 15:27 (ora locale) per insufficienza multiorgano a causa di un tumore al colon diagnosticato da tempo. “Cari amici – aveva scritto nel novembre dello scorso anno ai tifosi quando si erano intensificati i timori per il suo stato di salute -, è da un po’ che non ne parliamo. Voglio farvi sapere che sto bene. Mi sento ogni giorno meglio. Non credo che nemmeno la mascherina per la mia protezione possa nascondere la mia felicità. Grazie molto a tutti voi che mi inviate una buona energia ogni giorno”. Quando, 2020, morì Diego Armando Maradona, Pelé disse: “Un giorno, spero che potremo giocare a calcio insieme in cielo”. Tra i primi a celebrare il ricordo della stella del calcio è stato Gianni Infantino, presidente della Fifa: “Pelé aveva una presenza magnetica e, quando eri con lui, il resto del mondo si fermava. La sua vita va oltre il calcio. Ha cambiato le percezioni in meglio in Brasile, in Sud America e in tutto il mondo”. Pelé è nato il 23 ottobre 1940 nella città di Tres Coracoes, nello Stato brasiliano meridionale di Minas Gerais. Anche il padre di Pelé, João Ramos do Nascimento, soprannominato Dondinho, era un calciatore professionista. Il soprannome di Pelè gli fu dato dai compagni di scuola, che lo prendevano in giro per un difetto di pronuncia. Ha iniziato a giocare a 13 anni con una squadra giovanile a Bauru. È stato scoperto a 15 anni dal Santos, che ne fece un calcatore professionista. La consacrazione arrivò quando, appena diciassettenne, contribuì alla vittoria del Brasile nell’edizione del 1958 della Coppa del Mondo. Altre due coppe sarebbero arrivate nel 1962 e nel 1970, facendone l’unico giocatore a vincere tre ”Rimet”, come si chiamava a quel tempo il trofeo mondiale. Ha concluso la sua leggendaria carriera con il New York Cosmos nel 1977, generando un entusiasmo senza pari per il calcio negli Stati Uniti. Giocò la sua ultima partita il 1 ottobre 1977, in un incontro di esibizione tra Cosmos e Santos, giocata al Giants Stadium di New York. “Un semplice ‘arrivederci’ all’eterno re Pelé non sarà mai sufficiente per esprimere il dolore che l’intero mondo del calcio sta attualmente abbracciando”, ha scritto il portoghese Cristiano Ronaldo, l’unico uomo ad aver segnato in più Mondiali di Pelé. “Un’ispirazione per così tanti milioni, un riferimento ieri, oggi e per sempre. L’amore che mi hai sempre mostrato è stato ricambiato in ogni momento che abbiamo condiviso anche a distanza. Non sarà mai dimenticato e il suo ricordo vivrà per sempre in ognuno di noi noi amanti del calcio”. “Per uno sport che unisce il mondo come nessun altro, l’ascesa di Pelé da umili origini a leggenda del calcio è una storia di ciò che è possibile”, ha twittato giovedì il presidente Joe Biden.