giovedì1 Giugno 2023
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Wall Street chiude il peggiore anno dal 2008, S&P 500 perde il 19,4

Una giornata senza grandi scossoni, ma contrassegnata ancora da perdite, non ha certo cambiato il destino del principale indice di...

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Una giornata senza grandi scossoni, ma contrassegnata ancora da perdite, non ha certo cambiato il destino del principale indice di Wall Street, l’S &P 500, che ha chiuso l’anno con la peggiore performance dal 2008. L’indice ha chiuso il 2022 con una perdita del 19,4% (del 18,1%, dividendi inclusi). Anche se è il terzo calo annuale dalla grande crisi del 2008, di fatto caratterizza una pesante inversione di tendenza per gli investitori, quando nel 2021,  l’S & P 500 aveva messo a segno un guadagno di quasi il 27%.              Un arretramento che significa una perdita di 8,2 trilioni di dollari. Ancora maggiore la perdita per il Nasdaq, fortemente caratterizzato dai titoli tecnologici, che quest’anno ha lasciato per strada  il 33,1 %. Meglio è andata per il Dow Jones Industrial Average, che chiude l’anno con un -8,8%. L’andamento del mercato azionario ha risentito, fortemente, del processo inflattivo che ha continuato ad imperare nonostante la decise politiche della Federal Reserve, che ha puntato su una raffica di aumenti dei tassi di interesse, facendo però temere che l’economia americana – che comunque mostra una forte capacità di resistere alle perturbazioni, come dimostrano i numeri del mercato del lavoro – possa scivolare nella recessione. Le scelte delle Fed stanno avendo conseguenze per la vita quotidiana degli americani, che ora si devono confrontare con problemi che non pensavano si potessero manifestare. Tacendo della crescita furiose del prezzo dei generi alimentari e, soprattutto, di quelli energetici, negli Stati Uniti l’aumento del tasso di prestito chiave della Fed sta avendo i suoi effetti, soprattutto sul mercato immobiliare, essendo passato dallo 0% e 0,25% all’inizio del 2022 ad un range il 4,25% e il 4,5%, conseguenza di sette rialzi nel giro di pochi mesi. E non è finita perché la banca centrale statunitense prevede che raggiungerà un intervallo compreso tra il 5% e il 5,25% entro la fine del 2023 e, cosa che non rallegra e rassicura gli americani, prima del 2024 non si prevedono tagli ai tassi.   La sua previsione non prevede un taglio dei tassi prima del 2024. La ”tempesta” che si è abbattuta sul mercato azionario statunitense ha avuto vittime eccellenti, anche perché molti grandi investitori hanno preferito alleggerire il loro portafoglio soprattutto delle azioni dei giganti della tecnologia, come Apple e Microsoft, e di altre società che avevano registrato ottime performance con la ripresa post-pandemia. La crisi non ha fatto prigionieri: Amazon e Netflix hanno perso circa il 50% del loro valore di mercato. Tesla e Meta Platforms, la società madre di Facebook, hanno perso ciascuna oltre il 60%, il loro calo annuale più grande di sempre. Le tensioni internazionali, a cominciare da quelle determinate dall’invasione russa dell’Ucraina, hanno acuito gli effetti dell’inflazione, soprattutto nel settore dell’energia, influendo sui prezzi del petrolio, del gas e delle materie prime alimentari a causa dei problemi esistenti nella catena di approvvigionamento.  Ieri l’S &P 500 è sceso di 9,78 punti – lo 0,3%-, per chiudere a 3.839,50. L’indice ha registrato una perdita del 5,9% per il mese di dicembre.  Il Dow è sceso di 73,55 punti, o dello 0,2%, chiudendo a 33.147,25. Il Nasdaq è scivolato di 11,61 punti, o dello 0,1%, a 10.466,48.

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