(nostro servizio) – Gli scontri tra tifosi (ma ha un senso chiamarli ancora così?) di Napoli e Roma, in un’area di servizio sull’autostrada, quella di Badia al Pino, ci fanno tornare indietro ad un passato nemmeno molto lontano, quando le partite di calcio erano, per qualcuno, solo l’occasione per ”menare” e non certo per appassionarsi per le vicende della squadra del cuore. Però, gli scontri di ieri sono stati un ulteriore e preoccupante salto di qualità della rivalità tra fazioni diverse, non tanto per la certa programmazione (ora si parla di chat in cui si sarebbe pianificato quanto poi accaduto), ma perché, scegliendo un’autostrada, si è anche voluto lanciare un segnale inequivocabile, come a dire ”ecco, se vogliamo blocchiamo tutto”. Troppo spesso, purtroppo, in casi del genere, quasi cercando un aspetto positivo, si dice che il bilancio della guerriglia avrebbe potuto essere ben più pesante di quello ufficiale (che di solito è abbastanza lontano dalla realtà, perché molti preferiscono non andare a farsi medicare in strutture pubbliche per evitare domande ”inopportune”). Ma non è che questo possa attenuare l’impatto emotivo di episodi del genere, che sembrano essere l’occasione per fare esplodere una rabbia compressa per troppo tempo e motivata da fattori diversi, quali le difficoltà economiche o il disagio sociale. C’è però un interrogativo che tutti si devono porre, a cominciare da chi siede in Parlamento o, meglio ancora, al Governo: quale deve essere la risposta dello Stato davanti a simili esplosioni di violenza che non possono avere alcuna giustificazione? Ci si deve limitare a intervenire – prima o dopo, non è molto importante – oppure prevedere un quadro legislativo che abbia una capacità deterrente che quello attuale non mostra? Se si guarda alle ipotesi che, in queste ore, si fanno per quelle che potrebbero essere le accuse formalizzate a carico dei ”tifosi” (comunque un numero molto più basso rispetto a quelli che hanno partecipato concretamente agli scontri), ci si accorge che gli eventualmente condannati se la caverebbero con poco, anche davanti all’imputazione più grave di interruzione di pubblico servizio, per avere bloccato il transito delle auto. Tutto si può ridurre ad una semplice scazzottata? Basta dare un’occhiata alle immagini che girano per social e in rete per avere un giudizio diverso, accorgendosi immediatamente che si è trattato di un qualcosa di simile a guerriglia urbana che non un ”maschio” confronto tra chi ha diverse passioni calcistiche. Laddove questo fosse vero, anche il lavoro di chi indaga e di chi è chiamato a qualificare l’accaduto in termini di imputazioni dovrebbe essere diverso trattandosi non certo di una esplosione improvvisa di rabbia, ma di qualcosa di preordinato e per questo molto più inquietante, con tanto di atti premeditati e quindi potenzialmente molto pericolosi (tra centinaia di persone ci può sempre essere qualcuno che pensa di affidarsi ad armi vere e proprie). Ci troviamo, insomma, davanti ad un fenomeno che è sintomo di malessere, ma soprattutto dell’esistenza di una parte del tifo (più o meno organizzato) che sembra aspettare solo l’occasione per prove di forza che però non si esauriscono nel volgere di poche ore, perché innescano una ‘causa-effetto’ a base di vendette che, spesso, sono irrazionali, rivolgendosi anche a chi non c’entra poco o nulla. C’è da augurarsi che si avvii una riflessione su quel che è accaduto e come sia stato consentito. Perché, se sai che su pullman, ci sono centinaia di persone, spesso animate da odio calcistico, intorno a loro occorrerebbe stringere un cordone sanitario degno di tale e non invece, come pare sia successo, scortando quegli automezzi dai quali, armati di spranghe e bastoni, sono scesi scatenando una caccia all’uomo.
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