È stato formalmente incriminato Tetsuya Yamagami, l’uomo di 42 anni accusato dell’omicidio dell’ex primo ministro Shinzo Abe, assassinato l’8 luglio dello scorso anno. L’ex premier nipponico si trovava a Nara, per partecipare a un comizio a sostegno di Kei Satō, candidato del suo partito alla Camera dei Consiglieri: fu lì che venne raggiunto dai colpi di arma da fuoco sparati da Yamagami, prima di morire in ospedale poche ore dopo. L’assassino, ex membro delle forze militari marittime, è stato immediatamente identificato e arrestato dalla polizia locale, ma l’avvio del processo è slittato in modo da permettere agli esperti di completare la perizia psichiatrica a cui Yamagami è stato sottoposto. I risultati lo hanno ritenuto idoneo a sottoporsi al processo, nell’ambito del quale sarà ora accusato di omicidio e detenzione illegale di un’arma da fuoco (che fabbricò lui stesso). Al momento non è stata ufficializzata la data d’inizio del processo. La polizia giapponese ha confermato la confessione del delitto da parte di Yamagami, il cui movente non è stato ancora ufficializzato. Le indiscrezioni però continuano a puntare su motivazioni religiose, in particolare il legame di Abe con il gruppo della Chiesa dell’Unificazione, disprezzato dal 42enne in quanto ritenuto principale responsabile dei problemi economici della sua famiglia (sua madre fu fortemente influenzata dalla propaganda della Chiesa dell’Unificazione, al punto da commettere scelte che la ridussero in povertà).
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