Negli ultimi tempi è raro vedere che una partita di calcio lasci così tanti strascichi come sta accadendo per la Supercoppa, che ieri sera, a Riyad, ha visto trionfare con merito l’Inter. Una sconfitta può essere sempre spiegata, dopo una analisi, ma non per questo accettata. E in casa Milan sembra che la sconfitta (probabilmente più secca di quanto il risultato di 3 a 0 dica) di ieri bruci parecchi e merita di una disamina che sia anche spietata, se si vuole tornare in campo con un minimo di certezze. Ieri i nerazzurri hanno disposto a loro piacimento degli avversari che, ad eccezione di poche frazioni dell’incontro (quasi tutte concentrare nella ripresa), non sono mai arrivati ad impegnare seriamente Onana. Molti i calciatori del Milan che annunciati in forma e, soprattutto, divorati dal sacro fuoco dell’agonismo, si sono spenti, senza peraltro mai essersi accesi. Leao, che doveva spaccare in due la difesa dell’Inter e che si è mostrato un po’ troppo egoista, è stato tenuto a bada senza nemmeno grandi problemi dalla ”gabbia” approntata da Simone Inzaghi con Barella in prima battuta, Darmian a contenerlo e Skriniar a fare da ultima barriera. Stessa cosa per Theo Hernandez, che forse avendo perso per strada la necessaria concretezza, ha cercato di arrivare in area avversaria con iniziative estemporanee, mai riuscendovi, a conferma che da solo un giocatore non risolve le partite. Sugli altri poco o nulla da dire, sperduti in uno schema tattico che l’Inter ha subito sbriciolato con una partita intelligente, dove tutti si sono impegnati allo stremo. Come il fatto che l’uscita di Barella, Dimarco e Calhanoglu è stata imposta non da correttivi all’assetto, ma solo perché non ce la facevano fisicamente più. Da oggi Stefano Pioli dovrà mettere la sua squadra ed anche se stesso sul lettino dello psicanalista, per capire e trovare le soluzioni. Perché perdere ci può stare, ma non certo abdicando al ruolo di detentore in carica dello scudetto in un modo che certo non sarà piaciuto a tifosi e dirigenza.