Centinaia di migliaia di persone hanno protestato ieri, in tutta la Francia, contro la riforma delle pensioni, che il governo sta portando avanti e che trova l’opposizione compatta del fronte sindacale. Come sempre accade, i numeri degli organizzatori sono sensibilmente più alti di quelli del Ministero dell’Interno. La centrale sindacale CGT stima che i manifestanti fossero 2,8 milioni in tutta la Francia, contro i 2 milioni del 19 gennaio. Da parte sua, il ministero dell’Interno ha contato 1,272 milioni di manifestanti (contro 1,12 milioni del 19 gennaio). Un afflusso che supera di poco quello misurato al culmine della mobilitazione del 2010 (1,25 milioni di manifestanti). A Parigi, secondo la Prefettura di Polizia, i manifestanti erano 87.000, mentre la CGT, per conto dell’intersindacale, ne contava 500.000, a Lione tra i 25.000 ei 45.000. Qualunque sia la cifra, la partecipazione è in aumento quasi ovunque, a Marsiglia (40.000), Nantes (28.000), Rennes (23.000), Montpellier (25.000) ma anche nelle città più piccole, come Calais (5.000) o Périgueux (7.600). E la mobilitazione non si è indebolita né a Tolosa (34.000), Bordeaux (16.500), Rouen (14.000) e nemmeno a Strasburgo (10.500). Negli ultimi trent’anni, pochi movimenti sociali hanno mobilitato più di un milione di persone nelle strade, secondo i dati del ministero dell’Interno. La maggior parte delle manifestazioni – come peraltro quella di ieri – protestavano contro annunciate riforme del sistema pensionistico (nel 1995, sotto il governo di Alain Juppé, nel 2003, sotto François Fillon, poi nel 2010 durante la riforma Woerth). Ma forti mobilitazioni ci sono state anche di modifiche o riforme del diritto del lavoro (prima nel 2006, poi il 2016).


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