Nuovo sabato di proteste in Israele contro il governo di Benjamin Netanyahu e il suo progetto di apportare profonde riforme alla Giustizia, che, per gli oppositori dell’esecutivo, mettono a rischio i valori della democrazia del Paese. I manifestanti hanno marciato in due località della città costiera centrale di Tel Aviv, sventolando bandiere e scandendo slogan contro il ministro della Giustizia. “Medici che lottano per la vita della democrazia”, recitava uno striscione alzato da un medico durante la protesta di Tel Aviv. Si tratta del quinto sabato di protesta contro il nuovo governo espressione, oltre che del Likud, la formazione politica di Netanyahu, anche di partiti ultraortodossi e di estrema destra, a fortissima connotazione nazionalista e anti-araba. La contestata riforma della Giustizia, secondo gli oppositori, determinerebbe l’indebolimento della Corte Suprema, dando al parlamento il potere di ribaltare le decisioni della Corte stessa con un voto a maggioranza semplice. La riforma prevede anche di attribuire al parlamento il controllo sulla nomina dei giudici e di ridurre l’indipendenza dei consulenti legali. Oltre che a Tel Aviv, anche in altre città sono state segnalate manifestazioni anti-governative. La protesta giunge in un momento molto delicato del Paese, scosso dai recenti attentati di matrice filo-palestinese, come la strage di fedeli all’uscita di una sinagoga, a Gerusalemme est e, a poche ore di distanza, il ferimento di due persone – padre e figlio – ad opera di un tredicenne. Gli attentati sono stati rivendicati dalle formazioni paramilitari palestinesi come la risposta all’irruzione di soldati israeliani di Jenin. Nell’azione, negli scontri con i soldati israeliani, sono rimasti uccisi nove palestinesi (tra cui una donna di oltre sessant’anni).
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