Con il passare delle ore si affievoliscono le possibilità che qualcuno, nelle zone devastate dal terremoto, tra la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, venga trovato vivo sotto le macerie. Comunque l’opera dei soccorritori talvolta viene premiata e qualcuno, sottratto alla morsa del cemento, viene estratto ancora in vita. A Gaziantep , nel sud della Turchia, le squadre di soccorritori sono costantemente al lavoro, mentre a poca distanza dagli edifici distrutti i parenti delle persone non ancora trovare attendono di avere notizie, riparandosi in tende improvvisate e scaldandosi come possono per fronteggiare il freddo. Moltissimi ancora ora, a distanza di una settimana dal sisma, dormono in macchina perché il numero delle tende è insufficiente per dare ricovero a tutti gli sfollati, che sono decine e decine di migliaia. L’ultimo bilancio ufficiale, fatto ieri mattina, parla di oltre 34 mila morti accertati, tra Turchia e Siria, anche se alla fine potrebbero essere molti di più. Come si teme a Kahramanmaras, vicino all’epicentro, dove, a detta dei sopravvissuti, i dispersi sono ancora tantissimi. Il passare delle ore non attenua la rabbia dei sopravvissuti per la lentezza che, a loro avviso, ha caratterizzato la prima fase dei soccorsi. Una accusa che le autorità respingono, ricordando l’enormità dell’accaduto e il numero elevatissimo degli edifici coinvolti. Anche per dare una risposta alle persone, le autorità turche hanno arrestato o emesso mandati di detenzione per dozzine di persone presumibilmente coinvolte nella costruzione di edifici crollati. Giurando di punire i responsabili, il ministro della Giustizia turco Bekir Bozdag ha dichiarato in una dichiarazione pubblicata su Twitter che è stato avviato un procedimento contro 134 persone sospettate di essere responsabili del crollo degli edifici.