Ue: Fmi, inflazione Eurozona ha toccato picco, ma 2% resta lontano.

Imprese aumentano profitti

L’inflazione nell’area euro “ha raggiunto il picco, ma l’obiettivo del due per cento rimane lontano”. Lo scrive il Fondo Monetario Internazionale, nel rapporto sull’area euro diffuso stamani a Lussemburgo. Mentre l’inflazione primaria “è diminuita bruscamente dal quarto trimestre del 2022 grazie al calo dei prezzi dell’energia, l’inflazione core si è dimostrata più persistente e ha iniziato a diminuire solo di recente”. Questa dinamica riflette “in parte la trasmissione ritardata dei prezzi delle materie prime più bassi ai prezzi al consumo e la capacità delle imprese di proteggere o aumentare i profitti”. In prospettiva, si prevede che l’inflazione continuerà a diminuire poiché le condizioni finanziarie restrittive frenano la domanda e gli shock dell’offerta si rarefanno ulteriormente. La convergenza verso l’obiettivo è prevista intorno alla metà del 2025, supponendo che la crescita dei salari nominali rimanga moderata, le imprese assorbano parte dell’aumento salariale attraverso profitti inferiori e i prezzi all’importazione continuino a diminuire”.

Istat, a maggio +0,3%, +7,6% su anno

Nel mese di maggio 2023, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,3% su base mensile e del 7,6% su base annua, da 8,2% nel mese precedente, confermando la stima preliminare. Lo rileva l’Istat.

La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +26,6% a +20,3%) e, in misura minore, di quelli degli Alimentari lavorati (da +14,0% a +13,2%), degli Altri beni (da +5,3% a +5,0%), dei Servizi relativi ai trasporti (da +6,0% a +5,6%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,9% a +6,7%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli Alimentari non lavorati (da +8,4% a +8,8%) e di quelli dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,2% a +3,5%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,2% a +6,0%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,3% a +6,2%.

Si attenua la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +10,3% a +9,3%) e in misura minore quella relativa ai servizi (da +4,8% a +4,6%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -4,7 punti percentuali, da -5,5 di aprile. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da +11,6% a +11,2%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,9% a +7,1%).

L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve principalmente ai prezzi degli Alimentari non lavorati (+1,5%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,0%), degli Alimentari lavorati (+0,6%) e dei Servizi relativi all’abitazione (+0,4%), a cui si oppone il calo dei prezzi degli Energetici non regolamentati (-1,6%) e regolamentati (-0,2%).

L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,6% per l’indice generale e a +4,7% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’8,0% su base annua (in decelerazione da +8,6% di aprile); la stima preliminare era +8,1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 7,2% su base annua.

Istat, a maggio riprende a scendere

A maggio l’inflazione riprende a scendere, tornando, dopo la risalita registrata ad aprile, al livello di marzo 2023 (+7,6%). E’ il commento dell’Istat ai dati sull’inflazione a maggio.

Il rallentamento appare ancora fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei Beni energetici, in particolare della componente non regolamentata, in calo su base congiunturale. Nel settore alimentare, i prezzi dei prodotti lavorati mostrano un’attenuazione della loro crescita su base annua, che contribuisce alla decelerazione dell’inflazione di fondo (scesa a +6,0%). Prosegue, infine, la fase di rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi del “carrello della spesa”, che a maggio è pari a +11,2%.

Codacons, con tasso al 7,6% maggiore spesa +2.879 euro a famiglia

Prezzi alimentari alle stelle, spesa per cibo +907 euro annui

Ancora una volta l’andamento dei beni energetici influenza fortemente il tasso di inflazione che a maggio, secondo le stime definitive dell’Istat, scende al 7,6%. Lo afferma il Codacons, commentando i numeri forniti oggi dall’istituto di statistica.

“L’inflazione scende solo grazie al rallentamento dei beni energetici, con quelli non regolamentati che a maggio frenano dal +26,6% al +20,3% – spiega il Presidente Carlo Rienzi – Un effetto ottico, dunque, che altera il dato sull’inflazione, dimostrato dall’andamento degli altri comparti: i prezzi degli alimentari rimangono a livelli sostenuti (+11,8%), al pari del carrello della spesa (+11,2%), impattando sulle tasche delle famiglie”.

In base ai calcoli del Codacons, infatti, l’inflazione al 7,6% si traduce in una maggiore spesa su base annua pari a +2.879 per un nucleo con due figli, +2.223 la famiglia “tipo”. Solo per mangiare, un nucleo spende in media 907 euro in più, a parità di consumi.

Fortissime poi le differenze a livello territoriale: tra i comuni con oltre 150mila abitanti, la città che secondo l’Istat registra a maggio l’inflazione più elevata è Genova con un tasso del +9,5% equivalente ad una maggiore spesa annua famiglia di 2.071 euro, considerati i consumi dei nuclei residenti. La provincia con l’inflazione più bassa è Potenza: +5% equivalente ad una maggiore spesa pari a +987 euro a nucleo su base annua – stima il Codacons.

“I numeri dell’Istat non possono rassicurare gli italiani, perché la frenata dell’inflazione è da attribuire unicamente all’effetto ottico dell’energia, mentre per i beni più acquistati dalle famiglie i prezzi continuano a rimanere su livelli preoccupanti” – aggiunge Rienzi – Ci aspettiamo quindi dal Governo un intervento concreto ed efficace sui listini al dettaglio nei settori dove i prezzi crescono di più”.

Coldiretti, ‘3 mld di spesa in più per mangiare meno’

Gli italiani hanno speso oltre 3 miliardi in più per mangiare ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate nei primi cinque mesi del 2023. E’ quanto stima la Coldiretti sull’andamento dell’inflazione a maggio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno secondo Istat che evidenzia un aumento dell’11,4 % dei prezzi dei prodotti alimentari, superiore al dato medio dell’inflazione che è scesa al 7,6%.

Se gli alimentari lavorati rallentano la loro crescita (da +14% a +13,2%) quelli non lavorati – sottolinea la Coldiretti – accelerano (da +8,4% a +8,8%) in particolare ad incidere è la ripresa di accelerazione dei prezzi dei vegetali freschi o refrigerati (da +7,6% a +13,8%). Con l’inflazione alimentare più alta da quasi 40 anni i consumi domestici di ortofrutta fresca delle famiglie sono diminuiti dell’8% secondo elaborazioni Coldiretti su dati Cso Italy relativi ai primi tre mesi del 2023.

Le famiglie – sottolinea la Coldiretti – tagliano gli acquisti e vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.

La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà sono gli oltre 3,1 milioni i poveri che hanno chiesto aiuto per mangiare facendo ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari per un totale di 92mila tonnellate di cibo distribuite negli ultimi dodici mesi, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Fead. L’emergenza si estende – continua la Coldiretti – alle imprese agricole colpite dal maltempo che ha decimato i raccolti e dai bassi prezzi pagati alla produzione che non molti casi non coprono neanche i costi di produzione con il rischio dell’abbandono di interi territori.

“Ci aspettiamo un invito ad acquistare frutta e verdura italiane duramente colpite dal maltempo per garantire ai consumatori prodotti di qualità e sostenere l’occupazione e le imprese agricole nazionali e maggiori controlli sul rispetto dell’obbligo di etichettatura di origine, per evitare che vengano spacciati per nazionali prodotti di importazione”. È quanto afferma la Coldiretti in riferimento alla convocazione da parte del Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo della Commissione di allerta rapida giovedì 22 giugno alle 15:30 per analizzare le dinamiche dei prezzi dei prodotti agricoli, con particolare riferimento alla filiera ortofrutticola, alla luce dell’andamento degli stessi e delle possibili ripercussioni degli eventi climatici.

Occorre sensibilizzare la distribuzione alimentare sull’importanza di sostenere la filiera 100% italiana e informare i consumatori sull’importanza di verificare l’etichetta di origine della frutta e verdura fresca obbligatoria per legge che va estesa – chiede la Coldiretti – anche ai prodotti trasformati, dai succhi alle marmellate fino ai surgelati, Ma – conclude la Coldiretti – per assicurare prezzi equi dal produttore al consumatore occorre anche sostenere gli accordi di filiera previsti nell’ambito del Pnrr con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni.

Assoutenti, qualcosa si muove, primi risultati positivi attività Mimit

“I dati sull’inflazione di maggio dimostrano come qualcosa si muova sul fronte dei prezzi, e attestano i primi risultati positivi delle attività avviate dal Mimit in collaborazione con Mister Prezzi e Commissione di allerta rapida per la verifica dell’andamento dei listini”. Lo afferma Assoutenti, commentando i dati diffusi oggi dall’Istat.

“Nonostante in alcuni settori i prezzi rimangano elevati, il trend ha invertito la rotta e finalmente i listini tornano a scendere. Il caso più lampante – commenta il presidente Furio Truzzi – è quello della pasta: dopo i forti rincari registrati negli scorsi mesi, le accuse di speculazioni e la minaccia di sciopero lanciata da Assoutenti, i listini della pasta fresca e secca frenano la loro corsa e crescono a maggio del +12,8%, contro il +19,5% di febbraio e addirittura il +22% dello scorso dicembre”.

“Stiamo vincendo una battaglia, ma non la guerra, che sul fronte dei prezzi al dettaglio appare purtroppo ancora lunga. Per tale motivo – dice ancora – e a fronte della discesa dei listini, abbiamo deciso di sospendere l’annunciato sciopero della pasta, ma al tempo stesso chiediamo la definizione di un paniere di beni “salva-spesa”, da vendere sul territorio a prezzi calmierati in accordo con Gdo, produttori ed enti locali, in modo da sostenere le famiglie meno abbienti e incentivare i consumi”, conclude Truzzi.

Federconsumatori, necessari interventi decisi per contrastare speculazioni

“Che si voglia chiamare ‘excluseflaction’ o ‘inflazione da ingordigia’, rimane il fatto che i cittadini pagano prezzi ancora eccessivamente cari, alimentando il sospetto che forti dinamiche speculative siano ancora in atto”. Lo afferma Federconsumatori in una nota commentando i dati Istat sull’inflazione. “Il rallentamento di maggio – sottolinea l’associaizone – è dovuto soprattutto alla misurata diminuzione dei prezzi dei beni energetici. Una dinamica che non ci convince ancora del tutto, dal momento che, a nostro avviso, i prezzi dovrebbero diminuire molto di più di quanto non stia avvenendo”.

Per l’associazione, “è necessario che il governo operi un cambio di rotta importante e deciso, per incrementare il potere di acquisto delle famiglie, specialmente quelle a reddito fisso. “Una detassazione dei salari, rendendo strutturale il taglio del cuneo fiscale, un aumento della tassazione sugli extraprofitti delle aziende, indirizzando tali fondi a sostegno delle famiglie, e l’avvio immediato di monitoraggi capillari dei prezzi da parte del garante e con l’aiuto delle associazioni dei consumatori, per rilevare e contrastare in maniera tempestiva i fenomeni speculativi” queste le azioni richiesta da Federconsumatrori

“Secondo un recente studio dell’Onf, l’osservatorio nazionale federconsumatori sui prezzi di un paniere di 30 prodotti fondamentali è emerso che, a fronte di un tasso di inflazione del 7,6%, i prezzi dei prodotti essenziali sono aumentati mediamente del doppio, cioè del 14% (prendendo a riferimento i prezzi applicati a giugno 2022 e quelli di giugno 2023). Una dinamica allarmante, – ribadisce l’associazione – che in molti casi diverge dall’andamento registrato dai costi delle materie prime”. “Con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per le famiglie sono comunque estremamente onerose: secondo le stime dell’O.N.F. pari a 2.264,80 euro annui a famiglia. Aumenti – commenta Federconsumatori – che non hanno lo stesso impatto per tutti ma pesano molto di più per le famiglie meno abbienti”.

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