Borsellino: Autista sopravvissuto, “io vivo per miracolo, in via D’Amelio trovo pace”

Stragi di Stato

L’autista sopravvissuto all’attentato di via D’Amelio, che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta, si apre sulle sue emozioni a distanza di 31 anni. L’amarezza per la “mancata verità” sulle stragi è ancora presente.

Secondo lui, dietro quel tragico evento non vi è soltanto la mafia, ma ritiene che ci sia stata una trattativa tra pezzi deviati dello Stato e la criminalità organizzata. Nonostante ciò, accetta le sentenze emesse, sebbene a malincuore, ma sottolinea che la storia dell’Italia è segnata da molte verità mancate, come nel caso di Emanuela Orlando, Aldo Moro, Attilio Manca e il piccolo Claudio Domino. Pur mantenendo la speranza che un giorno si possa scoprire tutta la verità su via D’Amelio, si rende conto che la strada è difficile da percorrere poiché molti non hanno ancora la volontà di superare le resistenze e di trovare i pezzi mancanti del puzzle.

L’autista sopravvissuto si reca spesso sulla scena del crimine, via D’Amelio, un luogo in cui trova pace. Quando la rabbia lo assale, leggendo magari le cronache sui giornali, si dirige là, davanti all’ulivo, e si ferma per qualche minuto, da solo, per ritrovare la sua serenità. Anche ieri è stato lì, per mantenere viva la memoria. Inoltre, assicura che sarà presente anche il 19 luglio, cercando di dare il suo contributo affinché i giovani conoscano ciò che è accaduto in via D’Amelio direttamente dalla voce di chi ha vissuto quell’orrore.

Rispondendo alle domande, l’autista racconta dell’inferno di fuoco e sangue, di quella domenica pomeriggio in cui per la prima volta si dirigevano verso via D’Amelio, confessando che se avessero conosciuto la strada avrebbero adottato un percorso diverso. Descrive la macchina parcheggiata di traverso per bloccare il passaggio a chiunque e l’onda d’urto che lo ha colpito dopo l’esplosione. Un momento particolarmente toccante fu quando i giudici e i suoi colleghi entrarono nel cortile del palazzo. In quel momento, pensò di spostare l’auto per prepararla a ripartire, ma in un istante tutto cambiò. L’automobile si sollevò, trascinata per qualche metro, e dentro l’abitacolo avvertì una pressione fortissima. Quando scese, comprese l’orrore dell’accaduto. Vide il piede mozzato di un collega, Claudio Traina, e non lontano altri brandelli di carne. Successivamente, fuggì in ospedale dove capì che i ragazzi della scorta non c’erano più.

L’autista sopravvissuto, con le sue testimonianze, mantiene vivo il ricordo dell’attentato di via D’Amelio. Le sue parole sono cariche di emozione e denotano il desiderio di far conoscere la verità su quel terribile evento a tutti, specialmente alle nuove generazioni. Il suo impegno è accompagnato da un appello alla solidarietà e all’unità, poiché esistono forze che ostacolano la ricerca della verità. Via D’Amelio, per lui, rappresenta un luogo di pace e riflessione, un luogo che non dimenticherà mai.

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