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Il precariato sentimentale raccontato dalla scrittrice Angela Giordano.

Il mondo delle relazioni sentimentali negli ultimi anni è completamente cambiato. È inevitabile parlare di “precariato sentimentale”. È vero che...

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Il mondo delle relazioni sentimentali negli ultimi anni è completamente cambiato. È inevitabile parlare di “precariato sentimentale”.

È vero che grazie ai social e le app di incontri sono aumentate le possibilità di mettersi in contatto con gli altri ma ciò che manca è l’esclusività e spesso la concretezza di certi rapporti che nascono e che muoiono nel giro di poco tempo. In “Storie di precariato sentimentale … e altri abbagli” edito da Rossini, la scrittrice Angela Giordano ci parla di questa tematica con una storia scritta ad arte quella di Eva, precaria sentimentale che si muove nel mondo dei sentimenti e delle relazioni con incertezza e disillusione. Crea con passione un blog dedicato a tutte le precarie sentimentali in cui confrontarsi e poter incoraggiarsi a vicenda.  

Nel personaggio di Eva molti potranno identificarsi rivivendo situazioni e aneddoti tipici di questo universo sentimentale odierno in cui “il lieto fine” si è quasi estinto.  Di relazioni sentimentali e del progetto del libro “Storie di precariato sentimentale…e altri abbagli” conversiamo con Angela Giordano in questa intervista.

Angela, partiamo dall’origine, com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo che affronta la tematica attuale del “precariato sentimentale”?

Il tema del “precariato” per formazione è un tema che sento molto. Seguendo il dibattito politico, mentre ragionavo su questo, che è un concetto che è mutuato dal mondo del lavoro ma che riguarda tanti ambiti della nostra vita, mi sono resa conto che il “vero precariato” riguarda le relazioni, i sentimenti. E dunque ho cominciato a scrivere, il 16 marzo dell’anno scorso, giorno che precede l’anniversario della morte di mio fratello. Il libro è venuto da sé, in un mese soltanto di scrittura, così i personaggi, gli intrecci e anche la scelta di parlare di una dimensione della comunicazione che resta anche oltre la vita, e insieme condurre una sorta di ricerca antropologica sul modo che ciascuno ha di rapportarsi al precariato.

Come possiamo definire “il precariato sentimentale”?

Questo libro non offre definizioni o soluzioni.  Ciascuno trova il suo modo di interfacciarsi con la sua dimensione di precariato sentimentale. Quest’ultima ha a che fare con la consapevolezza che dobbiamo fare i conti con la necessità di accettare il cambiamento, la crepa, la contemplazione della fine di un rapporto, l’assenza dell’abusato “vissero per sempre felici e contenti”. Bisogna reinterpretare il presente riscrivendo regole, costruendone delle nuove valide per quel momento e per quella data coppia e non altro. Niente che sia “a tempo indeterminato”, insomma. “Storie di precariato sentimentale e. altri abbagli” è un romanzo che fotografa il nostro tempo da precari nelle relazioni, “non risparmiando nessuno”. Ad un certo punto del libro infatti si parla delle divinità greche e paradossalmente Eva, la protagonista, rileva che non importa quale sia il ruolo privilegiato, sociale o apicale, proprio degli dei: tutti siamo Precari Sentimentali.

Quanto l’uso dei social e delle app di incontri ha contribuito a rendere precarie le relazioni sentimentali al giorno d’oggi?

L’utilizzo dei social non ha contribuito a rendere “precarie” le relazioni, non sono d’accordo. Se da una parte certo, sono aumentati i contatti, anche se portati avanti solo online, per me non hanno avuto un “peso specifico” nella gestione dei tradimenti: la solidità del rapporto e la scelta di fedeltà che ne consegue, sono materia complessa e a parte. Si possono avere mille occasioni. Se esiste un legame con una persona non c’è occasione o distanza o difficoltà che tenga e il contatto social non inficia il rapporto solido. Si perde solo ciò che è superficiale e che non esiste, che pertanto non resiste, non credo alle responsabilità o tentazioni-social, sono alibi.

E alla crisi economica è riconosciuto un ruolo nella diffusione del fenomeno?

Il precariato come dicevo è un concetto mutuato dal mondo del lavoro. Se chiaramente tutto ciò che gravita intorno ad una relazione è fondato su un terreno friabile, in cui le certezze anche economiche di realizzazione di una convivenza meramente sono lontane, è chiaro che può influire negativamente sulla gestione del rapporto, ma come dicevamo prima “non sulla sua solidità”. Ci sono state fasi nella storia economica del nostro Paese infauste. Eppure le relazioni d’amore ne erano addirittura fortificate. Credo che il fenomeno del precariato sentimentale abbia una “natura culturale” che affonda nel dissolvimento della percezione dell’unicità e dell’esclusività del rapporto, nella difficoltà di concepirsi “a lunga scadenza”, come richiama lo yogurt nella storia e nella copertina del mio libro.

Eva, la protagonista del tuo romanzo decide di creare un blog per confrontarsi con altre “precarie sentimentali”. Quanto è importante secondo te raccontare questo tipo di esperienze? Che ruolo ha il raccontarsi?

La narrazione ha un ruolo fondamentale sia per inquadrare i fenomeni, che per riuscire a definirli, a comprenderli. Dunque, la scelta di Eva, la protagonista blogger, di condividere le esperienze con altre “precarie dei sentimenti” sul web è una scelta di condivisione che rimanda ad esperienze corali e di meravigliosa intensità di altre epoche, tradotte utilizzando la tecnologia. Cambia il mezzo ma non la necessità di rapportarsi, confrontarsi, trovare insieme una strada, sentirsi parte di uno spazio, un blog che appartiene a tutte.

Quanto di Angela Giordano possiamo rintracciare in Eva?

Questo libro non è autobiografico, se non in alcuni passaggi come il dolore per la perdita di mio fratello e la necessità di riannodare la comunicazione che si è spezzata tragicamente. Di me c’è la potente idiosincrasia per il numero, la matematica, i volumi.

Da anni lavori come ghostwriter nel mondo editoriale. Cosa si prova a pubblicare col proprio nome il proprio progetto creativo?

Firmare un proprio lavoro nasce dalla necessità di lasciare una traccia tangibile di sé. L’ho fatto per mia figlia, per i miei amici. Ho scritto per anni, anche roba migliore di questa probabilmente, ma non ho mai firmato o pubblicato. Dopo una esperienza come writer per una casa cinematografica, ho ottenuto una recensione molto positiva dalla produzione, e questo credo sia stato fondamentale, anche se poi non mi hanno presa. Così ho continuato per la mia strada finché l’anno scorso ho affidato la lettura di una prima bozza di questo romanzo ad una mia amica che, leggendo, mi ha detto: pubblica. Vedere un proprio progetto editoriale, una propria idea realizzarsi, è una grande emozione. La firma è responsabilità.

A chi consigli la lettura del tuo romanzo?

“Storie di precariato sentimentale…e altri abbagli” è un romanzo in cui ciascuno può ritrovare qualcosa di suo, siamo tutti dei precari sentimentali.

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