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L’amore per l’Irlanda e le “seconde possibilità” raccontate da Barbara Bonzi

Barbara Bonzi racconta il corso della nostra esistenza in cui collezioniamo ricordi legati a situazioni, persone e luoghi che rimangono...

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Barbara Bonzi racconta il corso della nostra esistenza in cui collezioniamo ricordi legati a situazioni, persone e luoghi che rimangono indelebili nella mente e nel cuore.

Diventano fonte di ispirazione e ci forniscono imput e riflessioni dai quali ripartire per imparare a vivere a pieno la vita e per concederci delle “secondo possibilità”. È ciò che accade ai protagonisti de “La libreria degli amori ritrovati” di Barbara Bonzi edito da Land Editore.

Un libro ricco di emozioni ambientato tra l’Italia e la suggestiva Irlanda con dei protagonisti bene delineati come Sara e Stefano, con i quali sarà facile entrare in empatia, due sognatori che non potranno fare a meno di mettersi in discussione dopo il loro incontro a distanza di cinque anni. Ci sono infatti incontri che lasciano il segno e, quando il Destino ci dona la possibilità di riviverli nel presente non si può fare a meno di cogliere il famigerato attimo, anche se questo potrebbe far vacillare tutte le proprie certezze e la vita costruita fino a quel momento.

La scrittura di Barbara Bonzi ammalia i lettori e li invita a considerare nella propria esistenza la possibilità di riscrivere continuamente la propria storia, senza limiti e lontani da pregiudizi e da congetture.  Nel “La libreria degli amori ritrovati” sono affrontate diverse interessanti tematiche come il bisogno di allontanarsi dal proprio Paese d’origine per fare nuove esperienze di vita e di lavoro o semplicemente per realizzare i propri sogni.

Un libro che è difficile mettere da parte dopo averlo letto con ardente passione ed interesse che calamita i lettori alla scoperta delle tradizioni e degli scenari suggestivi dell’Irlanda. E proprio della passione per l’Irlanda, di amore e di seconde possibilità conversiamo piacevolmente con la scrittrice Barbara Bonzi in questa esclusiva intervista.

Barbara, partiamo dall’origine, com’è nata l’idea di scrivere questa storia emozionante?

In treno, molti anni fa, quando ero una studentessa pendolare sulla tratta Brescia-Milano. I pensieri, le emozioni e i sogni di quel periodo li custodivo in alcuni fogli sparsi di Quablock. Quei fogli sono diventati una sorta di diario, e quel diario è diventato il cuore di un’idea che ha continuato a rimbalzarmi in testa. Ad un certo punto scrivere è diventato un bisogno, un’esigenza, e Stefano e Sara hanno preso vita, anche grazie al costante supporto di mio marito. Erano con noi a tavola a cena, sul divano mentre guardavamo un film, o mentre chiacchieravamo. Tanto che il mio bimbo ad un tratto mi chiese chi fossero, come se si trattasse di amici di famiglia.

Centrale nel tuo libro è il ruolo che il passato ha nelle nostre vite. Come lo definiresti questo legame?

Il passato è memoria e il futuro è speranza, per parafrasare S. Agostino (visto che amore e filosofia saranno il cuore del mio prossimo libro, che uscirà per Land Editore). Non mi sono mai piaciute le “minestre riscaldate”, ma può accadere che la mappa della tua vita ti conduca a un tesoro sepolto nel passato. E il paradosso è che mentre ti reimmergi nei tuoi ricordi per disseppellirlo, stai già costruendo il tuo futuro.

“La libreria degli amori ritrovati” parla di quegli incontri memorabili che rimangono impressi nel cuore e nella mente. Credi nell’esistenza di essi?

Indubbiamente sì. Credo che nella storia di ognuno ci siano degli incontri che segnano la vita e che sono decisivi per la nostra crescita, per determinare la nostra identità. A volte ce ne accorgiamo/li riconosciamo subito, a volte no. A volte si tratta di amori, altre di rapporti diversi, ma comunque determinanti.

Credo anche che non sempre si tratti di incontri con un lieto fine propriamente inteso.

L’amore al giorno d’oggi in questa epoca dominata dall’egocentrismo e dall’individualismo può davvero sconfiggere distanze di tempo e di spazio secondo te? “Omnia vincit amor” diceva Virgilio: penso che in ogni epoca egocentrismo e individualismo siano stati sconfitti dall’amore, una delle forze più prorompenti che abbiamo a disposizione. Il problema è che non ci crediamo mai abbastanza.

Il tuo romanzo è anche una storia di seconde possibilità che concediamo a noi stessi non solo in amore ma anche nella vita personale e professionale. Sara è l’esempio di molti giovani che decidono di trasferirsi all’estero.  Cosa spinge a lasciare il proprio paese d’origine secondo te?

È un tema complesso. Credo che la spinta sia sempre la speranza di trovare opportunità che nel nostro Paese non abbiamo e la consapevolezza che soprattutto per certe professionalità in Italia non ci sia mercato, proprio per come è strutturato il nostro tessuto economico. Anni fa l’Irlanda era soprannominata “celtic tiger” per via della sua incredibile riscossa economica, molte realtà internazionali hanno aperto sedi lì. Certo, lasciare il proprio Paese non è facile, ma un’esperienza all’estero per un giovane è certo un arricchimento non solo professionale, ma anche personale, di vita, un mettersi alla prova che aiuta a crescere, a evolvere.

“La libreria degli amori ritrovati” è ambientata tra l’Italia e l’Irlanda. Quando e come è nata la tua passione per questa nazione suggestiva?

Quello con l’Irlanda è stato un amore a prima vista. Ci andai l’anno prima della maturità la prima volta, con i miei genitori: mi piacque tutto. I paesaggi, certo, le città colorate e vivaci, l’odore della torba, la gente cordiale e accogliente. E il cielo, quel cielo sterminato cantato dalla Mannoia, un cielo che così non lo trovi da nessuna parte. Ma quello che mi ha conquistato davvero sono le contraddizioni, i contrasti, la bellezza e le ferite: il Connemara, ricco di acqua, e il Burren, dove non troveresti abbastanza acqua per affogare un uomo, per riprendere la celebre citazione di un ufficiale di Cromwell. Le ballate, ora indiavolate, ora struggenti. Paesaggi incantevoli, ma teatro di ferite profonde come la guerra civile, i Troubles. Resta per me un luogo del cuore, dove ho desiderato di fuggire nei momenti in cui avevo bisogno di respirare, dove ho desiderato di tornare con l’uomo della mia vita. E così è stato: ci sono stata due volte con mio marito, da fidanzati, ed è stato intenso, spensierato, indimenticabile. Per me l’Irlanda è questo: il posto ideale dove perdersi per ritrovarsi. Mi sono sentita subito a casa, come se avessi trovato il mio posto. Ho anche sognato a lungo di andarci a vivere e chissà…

Quanto l’Irlanda può essere fonte di ispirazione per uno scrittore o creativo italiano?

Secondo me molto, proprio per la ricchezza di contrasti di cui ho parlato. Ma credo anche che ognuno di noi sia ispirato da luoghi, eventi o situazioni che in qualche modo hanno a che fare col proprio vissuto. L’ispirazione è proprio quell’illuminazione improvvisa che ti può arrivare mentre ascolti distrattamente una conversazione in un pub.

A chi consigli la lettura del tuo romanzo?

La consiglio a chi non crede nelle seconde possibilità, e a chi ha avuto la fortuna di viverle. A chi ama l’Irlanda, e a chi non la conosce. A chi crede nella forza dell’amore, e a chi ha perso la speranza. A chi ha voglia di sognare, e a chi ha smesso di farlo.

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