La Corte d’Assise di Genova ha emesso oggi una sentenza che ha scosso profondamente la città: Alberto Scagni, 40 anni.
La Corte d’Assise di Genova ha emesso oggi una sentenza che ha scosso profondamente la città: Alberto Scagni, 40 anni, è stato condannato a ventiquattro anni e sei mesi di carcere per aver ucciso a coltellate sua sorella Alice il 1 maggio 2022. Il tragico evento è avvenuto in un agguato in strada, proprio sotto l’abitazione della vittima, situata nel quartiere di Quinto.
Il processo, presieduto dal giudice Massimo Cusatti, ha visto Scagni difendersi sostenendo la propria semi infermità mentale. Una tesi che è stata riconosciuta in parte dai giudici, portando alla condanna anziché all’ergastolo che l’accusa aveva richiesto. La storia dietro questo delitto è complessa e segnata da un contesto familiare problematico.
Alberto Scagni aveva da tempo intrapreso una serie di litigi con i propri familiari a causa delle continue richieste di denaro. In poche settimane, aveva prosciugato il fondo pensione di 15 mila euro che i genitori avevano messo da parte per lui, e aveva iniziato a perseguitare nonna e vicini di casa. Dopo l’omicidio, i genitori avevano denunciato la dottoressa del centro di Salute Mentale della Asl3 e gli agenti della centrale operativa, che il giorno del crimine avevano ricevuto le telefonate del padre del ragazzo, ma non avevano inviato pattuglie sul posto. La procura aveva chiesto l’archiviazione di questo fascicolo, ma i genitori avevano opposto resistenza, portando alla fissazione di un’udienza per la discussione.
La sentenza ha inoltre previsto che, dopo aver scontato la pena, Scagni dovrà rimanere per almeno tre anni in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Un verdetto che ha destato preoccupazione per il benessere del bambino di Alice Scagni e del suo marito Gianluca Calzona, presenti in aula al momento della lettura della sentenza. Il piccolo ha poco più di due anni, e l’avvocato di Calzona, Andrea Vernazza, ha commentato: “Leggeremo le motivazioni e valuteremo cosa fare. Una parte di aggravanti sono state riconosciute. La cosa importante è che ci sia un lasso di tempo prima che lui torni in libertà per la sicurezza del bambino”. La decisione del giudice ha comportato anche il riconoscimento di un assegno provvisorio di 200 mila euro per il bambino e 100 mila euro per il padre.
La famiglia della vittima, Antonella Zarri e Graziano Scagni, ha espresso disappunto per il processo, sostenendo che non è stata cercata la verità e che il procedimento non è stato condotto in modo equo. “Non siamo stati nemmeno ascoltati. Aspettiamo che sia perso? Che abbia 90 anni per curarlo? Ripeto, non è stato un processo sereno”, hanno dichiarato i genitori della vittima. Ora, la famiglia deve affrontare il difficile cammino verso la giustizia e la guarigione, mentre la sentenza lascia ancora aperte molte domande su questo tragico episodio che ha sconvolto Genova.