Raccontare la vita di una persona che non c’è più consente di lasciare il segno del suo percorso.
Significa imprimere momenti, emozioni ed esperienze significative condivise nella mente di chi quella persona l’ha vissuta a pieno conoscendo di essa tutte le sfaccettature che l’animo umano è in grado di celare comprese le debolezze e le zone d’ombra.
Quando la persona che non c’è più la si ama davvero, l’accettazione viene spontanea perché l’amore ha un potere elevato che ci permette di accogliere l’Altro per quello che è, sia nei momenti di gioia e di conquista che in quelli drammatici e bui che la vita inevitabilmente non ci risparmia.
Attraverso una scrittura intimistica e densa di significato, Paolo Massari in “Tua figlia Anita“, edito da Nutrimenti, racconta la vita di una donna sin dalle prime conquiste di libertà e autonomia ai temi dell’università sino all’ultimo periodo drammatico della sua esistenza segnato da una malattia incurabile.
Il narratore di questa storia che lascia il segno nella mente del lettore è Giacomo, il marito di Anita che inevitabilmente addolorato per la sua morte, si rivolge al padre di lei rivelandone verità nascoste e aspetti della personalità e della vita della figlia che spesso sfuggono ad un genitore perché si fa fatica a dimostrarsi per quello che si è per paura del giudizio o per risparmiargli delusione o dispiacere.
Da questo racconto commuovente emergono dinamiche di famiglia sulle quali il lettore si ritroverà a riflettere come la verità che spesso certi legami risultano contrastanti e castranti al tempo stesso non consentendoci di esprimere a pieno ciò che siamo compresi i nostri sogni e desideri più autentici.
Di legami famigliari e di come è nata l’idea di scrivere questo libro che segna l’esordio nella narrativa con la casa editrice Nutrimenti, conversiamo con Paolo Massari in questa intervista.
Com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo molto intimistico e introspettivo?
È difficile risalire alle origini di un’idea: a volte capita di portare su di sè segni e indizi che poi a un certo punto chiedono di esistere. Di certo mi interessava cercare elementi vividi e vitali.
Il protagonista del tuo libro sente l’esigenza di raccontare la vita di Anita, sua compagna di vita e moglie. Che potere ha il raccontare?
Forse quello di mettere in salvo la memoria: testimoniare una presenza. Finché c’è un testimone anche chi è andato via, in qualche modo, rimane. Con tutte le sbavature, distorsioni, inesattezze e arbitrarietà che si prende chiunque parli di qualcuno che è altro da sé. Ma vale anche quando si parla di sé stessi, in fondo.
Dopo la morte di una persona cara raccontare la sua vita assume un valore diverso secondo te?
Giacomo racconta la sua Anita nel giorno del funerale di lei. Sente l’esigenza, o meglio l’urgenza, di ricordare, custodire, mettere in salvo. E certo, il suo racconto, rivolto tra l’altro al padre di lei, ha un valore diverso: di restituzione, in qualche modo, e anche di custodia. Custodia di quella che è stata la loro vita insieme. Una vita ordinaria fatta di passioni, accensioni ma anche di buio, mediocrità, atti mancati. Giacomo cerca di non nascondere niente, di non occultare nemmeno il peggio che sono stati.
Come mai la scelta di raccontare la vita di Anita proprio al padre di lei?
Talvolta, nei giorni che precedono la fine, la mente è offuscata dalla malattia. La stessa cosa succede ad Anita, nell’evocare suo padre, chiedendo a Giacomo di cercarlo. Spinto da questa necessità, Giacomo si rivolge al suocero: lo fa perché sente di dovergli raccontare chi sia stata davvero sua figlia, ma lo fa anche per sé stesso, perché quella memoria, quel discorso che diventa anche fluviale, serve prima di tutto a lui.
“Tua figlia Anita” testimonia come i legami familiari siano spesso castranti. Da dove deriva ciò?
Ogni legame porta con sé i suoi punti oscuri, i suoi nodi più o meno risolti. Ma c’è anche il tentativo di dare luce a momenti minimi, molto umani, vitali, e di vicinanza.
Nel tuo racconto il protagonista fa emergere tutte le imperfezioni insite nella natura umana. Che ruolo hanno le imperfezioni umane quando si ama?
È difficile rispondere, credo di salvare come di distruggere: un mondo di perfezioni umane forse sarebbe anche più problematico e difficile di quello in cui viviamo.
Da ricercatore all’esordio nella narrativa. Come lo vivi questo traguardo?
Frequento da sempre la scrittura e sono felice che il romanzo abbia trovato una sua casa.
A chi consigli la lettura del tuo libro?
Anche questa è una domanda difficile. In fondo tutti abbiamo perso o ci siamo separati da qualcuno di cui sentiamo la mancanza, o tentiamo di salvare il ricordo: questa è la storia di due vite “normali” in cui credo ci si possa riconoscere abbastanza facilmente.