È morto all’età di 100 anni l’ex segretario di Stato americano, Henry Kissinger. Lo ha confermato un portavoce dell’agenzia di comunicazione che rappresenta la sua società di consulenza ‘Kissinger Associates’, spiegando che Kissinger si è spento nelle scorse ore nella sua casa nello Stato del Connecticut.
Il diplomatico, vincitore del Premio Nobel per la Pace, è stato una figura chiave e controversa nella storia della politica estera statunitense. I suoi critici lo hanno sempre accusato di essere senza scrupoli e ossessionato dal potere.
Nato Heinz Alfred Kissinger in Baviera nel 1923, aveva 15 anni quando i suoi genitori ebrei fuggirono con lui a New York. Dopo la scuola e il servizio militare, Kissinger studiò ad Harvard, dove in seguito insegnò. Nel 1969, l’allora presidente Richard Nixon lo nominò consigliere per la Sicurezza nazionale e poi segretario di Stato. Era considerato il politico più influente a Washington quando si trattava di politica estera.
Una pietra miliare significativa nella sua carriera fu la preparazione del viaggio di Nixon in Cina nel 1972. Kissinger si recò a Pechino in missione segreta, aprendo la strada alla visita del presidente e alla normalizzazione delle relazioni. Uno dei suoi più grandi successi diplomatici fu proprio il riavvicinamento tra Washington e Pechino.
Come segretario di Stato negoziò trattati di disarmo e accordi di pace e divenne una sorta di star dei media. Kissinger, tuttavia, ha lasciato le sue impronte anche su aspetti più discutibili della politica estera statunitense. Il suo ruolo nel bombardamento segreto della Cambogia e le accuse riguardanti il suo ruolo nel colpo di Stato militare del 1973 in Cile pesano molto sulla sua eredità.
Gli osservatori si interrogano anche se Kissinger abbia davvero spinto per la fine della guerra del Vietnam o se l’abbia prolungata per aumentare le possibilità di rielezione di Nixon.
Kissinger, che ancora lavorava 15 ore al giorno del suo studio, aveva recentemente rivendicato di conservare un ruolo a livello globale in un’intervista con Cbsnews. Dopo aver spiegato che “ci sono buone probabilità” che Xi Jinping e Vladimir Putin avessere preso una sua chiamata, alla domanda se sarebbe stato pronto, dietro la richiesta di un presidente, “a volare a Mosca per parlare con Putin”, rispose: “sarei propenso a farlo, ma lo farei come consigliere non come persona attiva”.
E riguardo poi allo scenario ucraino, il grande tessitore dei rapporti con Pechino aveva le idee chiare: “Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell’anno – disse sempre nell’intervista – parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati”.
Non erano mancati poi nell’intervista i riferimenti alla politica interna americana con il centenario Kissinger che si era mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l’80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. “Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare”, spiegò Kissinger che, segretario di Stato tra il 1969 e il 1977, prima al fianco di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, fu invitato alla Casa Bianca da tutti i presidenti degli ultimi 50 anni tranne Biden.
Con Donald Trump lo statista repubblicano ebbe un rapporto particolare, svolgendo un ruolo di consigliere ombra del tycoon, che incontrò diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. “Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana”, diceva sempre al Post Kissinger che del resto apprezzava anche Barack Obama per “l’alto livello della sua intelligenza”.
Giudizi che confermano come in questi anni, nonostante l’età avanzata, Kissinger abbia continuato ad essere non solo un osservatore attento delle vicende globali, ma continuava a partecipare al dibattito, a dare la linea con interventi e consigli diretti ai leader.
Come quando nell’aprile del 2020, con il mondo paralizzato per il Covid 19, esortava, dalle colonne del Wall Street Journal, Trump e gli altri leader mondiali a combattere insieme contro la “ferocia” del virus, lanciando l’allarme sul rischio che la pandemia potesse “cambiare per sempre l’ordine mondiale”.
Ma l’esempio di questo ruolo sono le posizioni, anche controverse, che negli ultimi anni ha avuto sull’Ucraina. Provocarono un’alzata di scudi a Kiev le dichiarazioni che a maggio dello scorso anno, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l’iniziativa, Kissinger fece sulla necessità di avviare “negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente”.
Di fatto l’ex segretario di stato consigliava di “tornare allo status quo ante” in Crimea e Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace. D’altra parte già nel 2016, Kissinger – descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin – aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all’allora candidato Trump un piano per l’Ucraina che comprendeva l’accettazione dell’annessione russa della Crimea del 2014, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass.
Un piano in linea con la posizione che aveva assunto pubblicamente sulla neutralità che l’Ucraina avrebbe dovuto adottare tra Russia ed Occidente “se vuole sopravvivere e prosperare”, esprimendo quindi contrarietà all’idea di un suo ingresso nella Nato. Su questo però Kissinger ha recentemente cambiato idea, come lui stesso annunciò sempre a Davos, lo scorso gennaio, ritenendo che dopo l’invasione russa è diventato “appropriato” l’ingresso di Kiev nell’Alleanza.
“Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l’idea di un’Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso”, disse, dimostrando ancora una volta l’adesione ai principi della realpolitik. Parole sicuramente gradite a Kiev, che invece a maggio dello scorso anno aveva tuonato contro Kissinger, con Volodymyr Zelensky che l’aveva descritto come una voce che “emerge da un profondo passato”, con un calendario che “non è del 2022 ma del 1938”, accusandolo di pensare di “parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera”.
Parole che sembravano fare riferimento, in modo indelicato, alla storia stesso del centenario statista di origini ebraiche, nato il 27 maggio 1923 a Furth in Germania da dove nel 1938 fuggì con la famiglia per sfuggire alla persecuzione dei nazisti. La famiglia Kissinger si stabilì a New York dove Henry frequentò prima il liceo e poi i corsi universitari serali, lavorando la mattina come operaio.
Controverso padre della realpolitik, grande vecchio della politica estera americana, Henry Kissinger era anche noto per le sue battute ironiche, spregiudicate e ciniche al tempo stesso. Ma una delle sue frasi celebri più citate: “A chi devo telefonare se devo parlare con l’Unione Europea?”, sembra che in realtà non l’abbia mai pronunciata, secondo quanto scrisse qualche anno fa il Financial Times. Ecco 10 fra le sue frasi più note:
-“Non ci può essere una crisi la settimana prossima. Il mio calendario è pieno”.
– “Gli eserciti convenzionali perdono se non vincono. La guerriglia vince se non perde”.
– “Non puoi fare la guerra in Medio Oriente senza l’Egitto e non puoi fare la pace senza la Siria”.
– “L’illegale lo possiamo fare subito. Per l’incostituzionale ci vuole in po’ di più”.
– “L’assenza di alternative libera meravigliosamente la mente”.
– “Nessuno può vincere la battaglia dei sessi. C’è troppa fraternizzazione con il nemico”.
– “L’America non ha amici o nemici permanenti, solo interessi”
– “Il potere è il massimo afrodisiaco”.
– “Un paese che richiede perfezione morale nella sua politica estera, non otterrà né la perfezione, né la sicurezza”.
-“La questione è troppo importante per essere posta agli elettori”.