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“Gli Altri siamo Noi”. intervista a Pier Fausto Pon

Il lockdown ha inevitabilmente cambiato le nostre esistenze e soprattutto il modo di percepire le relazioni umane. Si è dimostrato...

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Il lockdown ha inevitabilmente cambiato le nostre esistenze e soprattutto il modo di percepire le relazioni umane.

Si è dimostrato l’occasione per molti per mettersi in discussione e acquisire nuove consapevolezze dalle quali poter ripartire per tracciare le forme e i colori di un nuovo inizio. Nel periodo di reclusione ad essere stati messi in discussione sono stati i legami più cari. Lo dimostra il romanzo “Meglio Covid che male accompagnati” di Pier Fausto Pon, edito da Rossini, un libro ambientato proprio nel periodo della pandemia del Covid con due protagonisti d’eccezione.

Da una parte troviamo Berto, ingegnere in carriera che da quando è stato lasciato dalla moglie conduce un’esistenza da inetto e Sara, moglie di un imprenditore, figlio di una famosa e facoltosa famiglia di avvocati che soffre di complessi di inferiorità.

Per loro questo periodo di reclusione forzata si rivela l’occasione per riallacciare dei rapporti che considerano importanti. Berto si ritrova in casa Lorenzo, il suo migliore amico di cui aveva perso le tracce per diversi anni e che ha sempre considerato un esempio da seguire. Sara invece è intenzionata a recuperare il rapporto con suo marito dopo aver scoperto che la tradisce con la segretaria.

Tra misfatti, tentativi di riappacificazione, imprevisti e prese di coscienza, il lettore si ritroverà catapultato nell’universo di questi personaggi nei confronti dei quali sarà facile immedesimarsi per comprendere quanto la natura umana sia fragile quando si ritrova a fare i conti con situazioni forzate a cui non si riesce ad esercitare una forma di controllo. Sarà così che crolleranno le idealizzazioni e i falsi miti da lungo tempo nutriti.

Un romanzo che fa riflettere sulle relazioni umane e su quanto spesso e volentieri tendiamo a proiettare sugli altri ciò che riguarda noi stessi perché gli altri sono gli specchi che ci consentono di conoscere al meglio la nostra natura umana multisfaccettata.

Di com’ è nata l’idea di scrivere questo romanzo e dei suoi personaggi che rimangono impressi nella mente dei lettori conversiamo in questa intervista con Pier Fausto Pon.

Com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo ambientato durante il periodo del lockdown?

Il libro è nato dalle ceneri del lockdown, frutto di una presa di coscienza un po’ sconcertante maturata nei mesi successivi: era stato per me e Claudia un lockdown bellissimo. Faccio il dentista, mia moglie lavora con me, con il risultato di essere assieme 24 ore su 24. Sempre insieme non significa sempre vicini, non ce n’eravamo accorti ma era andata così: la routine del lavoro, la gente, i figli sempre prodighi di problemi che li riguardano da anteporre a tutto il resto, una trama invisibile ma tenace di comunicazioni al di fuori di noi ci stava separando. Poi ecco il lockdown. D’improvviso solo io e lei, lei e io. Alzarsi al mattino e ritrovarsi l’uno negli occhi dell’altra, alla ricerca di uno scopo comune. Io e lei di nuovo protagonisti delle nostre giornate, senza l’intrusione di nessun altro che noi. Ascoltarci davvero, confrontarci davvero, riscoprire quelle peculiarità che ci avevano fatto scegliere reciprocamente ed erano rimaste imprigionate dentro una gabbia di rapporti esterni troppo ingombranti. Per il noi il lockdown era stata l’opportunità di riappropriarci di noi stessi. È allora che mi sono chiesto: e se ce ne fossero altri come noi? Questa è la storia di quattro di loro.

Come emerge dal suo libro la pandemia ha contribuito a mettere in discussione molti rapporti, da quelli sentimentali a quelli di amicizia. Cosa ne pensa al riguardo?

La pandemia con il conseguente lockdown e la reclusione imposta hanno rappresentato per molti un autentico disastro esistenziale e umano. La mia storia racconta invece di persone che hanno trovato nella segregazione forzata l’opportunità di riallacciare rapporti, ritrovare in sé stessi e nel partner qualcosa di autentico che si era sbiadito, se non perduto, nel tempo. Allora, il lockdown diventa una metafora che va oltre il COVID: la ricerca di un tempo ritrovato da dedicare a noi e agli altri, al di fuori di ogni condizionamento sociale; qualcosa di cui ci siamo dimenticati. E forse, qualcuno, a posteriori, si troverà a rimpiangere un momento che poteva essere costruttivo e non lo è stato, che poteva alimentare una crescita personale e affettiva che il “logorio della vita moderna” scandita da urgenze implacabili ci nega.

Centrale nel suo romanzo è l’amicizia tra Berto e Lorenzo, un’amicizia che si rivela disfunzionale basata sull’idealizzazione di Lorenzo da parte di Berto. Da dove deriva secondo lei questa forma di idealizzazione?

Berto e Lorenzo sono lo yin e lo yang di una stessa persona che non è in grado di bastare a sé stessa. Anche Lorenzo, sia pure più comodo nel suo abito dominante, ne è schiavo al punto di dovere tornare sui passi di quella antica amicizia, l’unico momento in cui si era sentito completo; per Berto, la parte fragile, è una questione di sopravvivenza: per quell’amicizia è stato disposto a rimuovere la realtà; in quel passato che pretende glorioso insieme all’amico, c’era l’unica possibilità di un presente accettabile. Sarà difficile, duro, doloroso, restituirsi la realtà ma ci riuscirà e i due ne usciranno persone autentiche, non più la metà incompiuta di una parte.

Colpisce l’umorismo col quale racconta le vicende dei suoi protagonisti. Quanto è importante l’ironia nella vita di tutti i giorni?

È fondamentale in una persona cresciuta a pane e Woodhouse, respirando Woody Allen e venerando Achille Campanile. Ma soprattutto P.G. Woodhouse, il grande umorista inglese.  E Bertie Wooster, il protagonista di tanti suoi romanzi con Jeeves il maggiordomo, è diventato Berto Rovella, il mio alter ego, finalmente posso svelarlo a qualcuno!

Come allude il titolo del suo romanzo secondo lei meglio star soli che male accompagnati o viceversa?

Il libro, oltre a celebrare l’amicizia, un valore che si va perdendo nell’egocentrismo sfrenato cui ci inducono i social, vuole essere un invito ad una riflessione sull’importanza degli altri. Quante volte ci scopriamo indifesi e inermi di fronte a problemi che ci sovrastano? Quante volte scopriamo di non bastare a noi stessi ma siamo incapaci di aprirci agli altri? Il mondo va così, ci si rifugia in microcosmi sempre più angusti ma forse “gli altri siamo noi” non è solo la formula retorica di una canzone di successo ma qualcosa di vero. Non a caso l’ultima parte del romanzo è dedicata proprio a loro, gli altri.

I suoi personaggi sono ben delineati psicologicamente da dove nasce il suo interesse nei confronti della mente umana?

Faccio il dentista, incontro tante persone. Ognuna di loro per me è il personaggio di una storia che mi piace ricostruire, a volte modificare, altre raccontare.

C’è un personaggio al quale è più legato rispetto agli altri e perché?

Berto Rovella, inutile negarlo. Il protagonista del mio metaverso personale, in cui si muove fra improbabili super eroine all’italiana come Doppia X, il mio precedente romanzo, o fra le mura anguste di un appartamento in una resa dei conti esistenziale col suo grasso amico Lorenzo, e presto in un altro mondo letterario nel mio prossimo romanzo in dirittura di arrivo, “Le sorelle Materazzi.” Diversi mondi, possibilità di vita che avrebbe potuto prendere, magari diverse ma accomunate da un minimo comun denominatore: la tristezza, la sconfitta, l’auto-analisi feroce.

Come e quando nasce la sua passione per la scrittura?

È perfino banale raccontare di un ragazzino grasso con l’abatjour accesa per buona parte della notte a consumare pagine su pagine, fino a raggiungere lo status di nerd con gli occhiali spessi. Lo racconto nel libro: amo i libri, non posso farne a meno, ne compro e ne leggo al di sopra o al di sotto di ogni logica. Mi agito se nella libreria non c’è uno scaffale di libri ancora da leggere. E se ci fosse un altro lockdown?

A chi consiglia la lettura di “Meglio Covid che male accompagnati?”?

È un romanzo scritto con un tono leggero, che vuole indurre a riflessioni su noi stessi senza rinunciare a essere anche divertente.  L’intento è quello di coinvolgere il lettore in una storia che si tramuta di pagina in pagina in un grottesco, improbabile, intreccio tinto di azione. Credo possa raggiungere un pubblico trasversale, che possa ritrovarsi in quel crogiolo di elementi che ricompongono la cultura alta con una sotto-coltura bassa, a volte greve, l’humus di cui si nutre la cultura pop. E poi gli amanti del cinema, quelli della musica che nel libro troveranno una passione autentica da condividere, spero, con quella dell’autore.

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