Il canto lirico come missione di vita. Intervista al soprano Lydia Tamburrino

La musica lirica è una vera e propria “missione di vita”.

Quando la senti scorrere nelle tue vene non puoi fare a meno di assecondarla perché lei ti guida verso un universo tutto da esplorare e nel quale immergersi a pieno. Ce lo dimostra la talentuosa soprano Lydia Tamburrino  con la sua carriera ricca di soddisfazioni e traguardi memorabili.

Dopo essersi formata con il tenore Vincenzo Sanso si perfeziona con Franco Corelli, con le Maestre Emma Raggi Valentini, Rina Malatrasi e Luisa Malagrida e, in seguito, con Placido Domingo a Vienna e Montserrat Caballé a Barcellona. Come Maestro accompagnatore si avvale di Luciano Bettarini, poi di Walter Cataldi Tassoni. Vince il Concorso internazionale Angelica Catalani di Ostra ed il premio speciale di migliore artista al Concorso nazionale del Teatro dell’Opera di Roma.

Esordisce in Bohéme, di Giacomo Puccini, nel ruolo di Mimì, a Jesi, nel Teatro Pergolesi, con la regia di Lino Capolicchio a soli ventitrè anni. Da quell’esordio numerose saranno le sue partecipazioni, esibizioni e collaborazioni che la porteranno in giro per l’Italia e non solo per perseguire il suo obiettivo di esprimere e trasmettere emozioni intense grazie alla sua voce che rimane impressa nel cuore di chi l’ascolta.

In questa intervista Lydia Tamburrino ci racconta di com’è nata la sua passione per il canto lirico e alcune curiosità della sua vita d’artista.

Com’è nata la sua passione per il canto lirico?

L’opera lirica ti sceglie! Colui o colei che possiede una qualità vocale, sente dentro di sé una spinta ineluttabile ad esprimere i propri sentimenti attraverso lo strumento che ha a disposizione. In un certo qual senso la qualità vocale ti possiede.

Che ruolo ha la musica nella vita di un uomo? E nella tua?

La musica è ritmo, come lo sono il movimento delle stelle, come il moto della terra, come il ritmo del cuore. È vita! Musica significa armonia e melodia: una forma di triade uguali, ma distinte, insieme al ritmo.

Qual è la collaborazione artistica che ti ha segnato tanto e che ti ha fatto evolvere come soprano?

L’esordio in teatro all’età di soli ventitré anni nel ruolo di Mimì in Bohème mi ha segnato profondamente. In quell’occasione ho conosciuto, come mio primo regista, Lino Capolicchio. La musica si traduceva in movimenti scenici, precisi, come se fossimo dei ballerini. Unico, grande intellettuale, Capolicchio mi ha arricchito enormemente. Siamo rimasti amici da allora. È venuto a mancare un anno fa.

Qual è l’opera eseguita che ti porti nel cuore e perché?

Madama Butterfly, perché ogni donna è lei, una farfalla schiacciata dal mondo, dalle consuetudini, dalle ingiustizie del ruolo. Puccini è meraviglioso, amato nel profondo della sua sensibilità. Ancora parla e seduce qualunque soprano lo interpreti.

Quanto è importante lo studio e il costante esercizio per il tuo lavoro?

Studio ed esercizio sono parte dell’armonia di equilibri che elevano la disciplina, alla quale ho dedicato tutta la vita, al rango di massima espressione dell’umano, ossia l’Arte.

Il tuo lavoro ti consente di viaggiare per esibirti in tanti teatri. Qual è la parte più bella di una tournée?

Tornare a casa, cosciente di aver fatto tutto quello che umanamente era possibile fare, con umiltà e dedizione.

C’è un ruolo che ti piacerebbe cantare in futuro?

Mi piacerebbe cantare quello che è stato scritto oggi, in questo momento e magari domani, al servizio del Bel canto, perché sono un servo del canto di ogni tempo.

Un consiglio che daresti ad un giovane che vorrebbe intraprendere la tua stessa carriera artistica …

Studiare, studiare, studiare e divertirsi nello studio. Nient’altro.

Progetti futuri …

Ne ho diversi, ma preferisco sempre realizzarli, prima di parlarne. Sarà il tempo, appunto, che li rivelerà man mano …

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