Ci sono incontri che lasciano inevitabilmente un segno indelebile all’interno della nostra esistenza.
Contribuiscono a spronarci, a farci cambiare direzione. Le storie che hanno come fulcro questa tematica rimangono impresse nella memoria e nel cuore dei lettori perché in esse ognuno riesce ad immedesimarsi con facilità empatizzando con i loro protagonisti
È ciò che accade con “Due caffè”, la graphic novel creata ad arte da due artisti degni di nota come Camilla Catarzi e Zeno Colangelo edito da Barta. Grazie ad un incontro casuale all’interno di un posto affollato i protagonisti della storia entrano in connessione tra loro. A sollecitare e facilitare questo incontro è il famigerato rituale del caffè.
Il caffè diventerà tra loro una sorta di consuetudine che si ripeterà e che porterà un po’ luce nella vita di uno dei protagonisti dopo aver vissuto un periodo buio. Questa rinascita sarà caratterizzata da un desiderio che unirà i protagonisti diventando l’essenza della loro amicizia. Una storia molto bella che infonde positività e che invoglia a credere nel potere di certi incontri.
Di com’è nato questo “incontro creativo” tra i due artisti e del rituale del caffè che è insostituibile nelle nostre esistenze discutiamo in questa intervista con Camilla Catarzi e Zeno Colangelo.
Com’è nata l’idea di collaborare insieme a questo progetto creativo
degno di nota?
Camilla: Intanto partiamo dal fatto che per me era un mondo tutto nuovo. Mai pubblicato niente: nel 2020 in mezzo alla pandemia ho incontrato per caso Andrea Settis Frugoni online e gli ho fatto leggere una storia senza nemmeno sapere che lavoro facesse. Andrea si è innamorato della storia, e mi ha parlato di Barta e di come immaginava il fumetto che ne sarebbe potuto uscire. Io lo immaginavo alla stessa maniera, abbiamo iniziato a cercare, appuntandoci i nomi da contattare. Erano tutti bravi, ma io continuavo a pensare ad alcuni lavori di Zeno che negli anni avevo visto online. Mi aveva parlato di lui un’amica anni fa. Non avevo mai letto qualcosa di suo, ma i suoi disegni li trovavo potenti. E così l’ho suggerito a Andrea. Come si dice: visto, preso. Restava solo l’incognita: ma accetterà? Perché era chiaro che la storia era lontanissima dai suoi canoni e dal suo immaginario. Per fortuna l’ha presa come una sfida.
In “Due caffè” prendere il caffè diventa un rituale che segna l’incontro tra
due perfetti sconosciuti in un posto affollato. Nella vostra vita questo
rituale quale significato riveste?
Zeno: Lavorando come autonomo non ho dei ritmi aziendali predefiniti, il che può essere un problema perché spesso si finisce per lavorare non stop 8 ore filate, il caffè mi serve molto come pausa: prepararlo, metterlo sul fuoco, l’attesa…dilata il tempo e mi permette di pensare, prenderne uno dopo pranzo mi costringe a non mangiare velocissimo e uno nel pomeriggio mi aiuta a staccare prima di uno sprint finale.
Camilla: Direi che per me è un rituale più che sacro, che mi ha cambiato la vita. Da dieci anni lavoro in un’azienda che viene definita la Lamborghini delle macchine da caffè espresso, La Marzocco, e ricopro il ruolo di biografa aziendale: raccolgo, scrivo e racconto storie. Fino al 2020 ho avuto la fortuna di ascoltare Piero Bambi, figlio del fondatore e presidente onorario, che mi ha insegnato ad amare il caffè e ad apprezzare ogni tipo di estrazione. Oggi molto probabilmente accuso una discreta dipendenza da caffeina, ma resto dell’idea che offrire un caffè sia l’espressione del piacere dell’incontro. Nel fare un caffè ci metti lo stesso amore di quando cucini una teglia di lasagne ma tutto è condensato in venticinque secondi. Insomma, sicuramente è un rito che unisce, e senza dubbio il pretesto perfetto con cui dare il via a qualcosa.
“Due caffè” è un tributo a quegli incontri che nella vita contribuiscono a
far mutare senso e direzione ai propri desideri e progetti. Come li
definite questi tipi di incontri e che approccio avete con essi?
Zeno: Mi verrebbe da dire che la vita è fatta di incontri del genere e magari è difficile cogliere l’importanza di alcuni nel momento in cui si manifestano, comprendendo il valore solo anni più tardi.
Alla fine ogni persona che diventa un amico o qualcosa di più avrà un’influenza più o meno intensa sulla propria vita, quindi penso di non dare per scontato nessun incontro anche se può sembrare privo di rilevanza.
Camilla: Direi che sono quelli per cui vale la pena vivere. Sono fondamentali, son quelli che una mattina dopo mesi di strade solite ti fanno cambiare percorso per andare a mettere un biglietto sul parabrezza della macchina di quella persona con cui non vi siete ancora detti niente di importante ma per una frazione di secondo avete incrociato gli sguardi e vi siete riconosciuti. E allora che salti la routine, diamo una scossa all’universo, usciamo dai binari.
Dei due protagonisti di “Due caffè” al quale siete più affezionati e perché?
Zeno: Penso lei, lui lo trovo un po’ noioso, non che con lei si faccia chissà che discorsi, ma è un personaggio più attivo, si adatta alla situazione cambiando di conseguenza, lui invece è più statico, ma penso che sono più affezionato al concetto che c’è tra loro due, come fosse un personaggio solo.
Camilla: Io non posso che amarli entrambi, per ragioni diverse. Probabilmente perché la storia è nata, tanti anni fa, dal bisogno di elaborare la fine di una relazione importante. Ne sono uscite due immagini che mi sono servite a tenere tutto quello che andava tenuto e mi hanno aiutato a capire cosa c’era e cosa mancava in quel momento. Sicuramente io avevo da fare parecchia strada. E quando Zeno ha provato a dare un volto a questi due, che per me non avevano neanche un nome, nella storia erano semplicemente “l’uomo e la donna”, mi è stato difficile fino all’ultimo riconoscere lei, mentre di lui mi sono innamorata immediatamente, irrimediabilmente.
Quanto e in che misura l’arte figurativa può fondersi a pieno con le parole?
Zeno: Può fondersi fino al punto da sostituirla del tutto, quindi penso un bel po’, ma non è sempre necessario, la cosa interessante sono le parole che si fondono con l’immagine, diventando personaggi a sé stanti: la scelta del carattere, la dimensione, del tono, le parole diventano suono e a volte si scoprono più importanti e impattanti dell’immagine stessa che ne fa da cornice.
Camilla: Non lo so. Finora ho capito solo che un’immagine arriva diretta. E i disegni di Zeno dicono già tutto. È riuscito a mettere nei gesti e nelle espressioni di questi due un mondo per cui a me erano servite tantissime parole.
Quando si lavora ad una graphic novel si parte prima dalle illustrazioni o dai dialoghi?
Zeno: In questo caso siamo partiti dai dialoghi, quelli più importanti, poi si costruiscono i personaggi che li dicono, il mondo intorno e infine si aggiungono altri dialoghi che danno un senso al tutto.
Ma può essere che si parta anche dai disegni, magari si realizza un personaggio e ci si chiede da dove venga, e da lì nasce una storia.
Tra i vostri progetti futuri c’è ancora la possibilità di vedervi collaborare
insieme?
Camilla: Per me sarebbe fantastico, ma chi lo ferma più Zeno? Sta esplorando altri mondi, adesso fa animazioni, videogiochi, ormai è in un’altra dimensione!