Quali sono le implicazioni sul piano personale e lavorativo dell’utilizzo di un’intelligenza artificiale? Lo spiega il documentario di Amazon e AppleTv
È in arrivo dal 23 febbraio, in streaming su Amazon Prime, AppleTv e in altri 74 paesi, un documentario che racconta tutte le potenzialità dell’Intelligenza artificiale e che mette in scena luci e ombre del rapporto tra uomo e macchina. Diretto da Simona Calo (regista e sceneggiatrice) e prodotto da BIP (multinazionale di consulenza), Connected mostra il “rapporto simbiotico tra l’umanità̀ e la tecnologia”, in cui i loro destini intrecciati plasmano “il corso del nostro futuro collettivo”. La trama del documentario alterna interviste con esperti del mondo accademico, del business, della politica, della creatività e della medicina, alla storia di un musicista che si trova ad affrontare “una questione cruciale” che potrebbe ridefinire il suo futuro professionale. In vista del suo debutto, abbiamo parlato di tecnologia e di AI con la regista e Luca Monaco, Global Head of Creative & Production di BIP.
Dove nasce l’idea di un documentario che parla di Intelligenza Artificiale?
Luca Monaco: Parto dal presupposto che la BIP è una società di consulenza che serve i clienti, anche e soprattutto in ambito tecnologico senza dimenticare il fattore umano. Il nostro lavoro ci ha portato a pensare, e poi a costruire, dei contenuti in linea con i tempi che corrono ma che potessero arrivare a tutti. E il linguaggio del grande cinema è un mezzo molto importante, quasi fondamentale. Connected è il nostro primo vero progetto multimediale. Nel tempo abbiamo già avuto altri impegni nella creazione di contenuti ma in altri formati. Questo, ovviamente, è il più importante e quello che ci fa onore.
Simona Calo nasce come sceneggiatrice. Come ti sei approcciata alla direzione di un documentario?
Di solito mi occupo di tutt’altro argomento, ma lavorare a Connected mi ha sorpreso. Di solito mi sono sempre considerata una persona tecnologica, ma durante la registrazione delle interviste ho capito che sull’argomento non ero così preparata come credevo. Per me è stata una vera e propria scoperta perché ho ascoltato storie e racconti che oggi possono essere pura fantascienza, ma in realtà, tra un massimo di tre anni, potranno fare parte del nostro vissuto e della quotidianità. Quindi, sì, è stata una bella esperienza e molto formativa.
Il documentario parla di una simbiosi tra uomo e macchina. È veramente così?
Luca Monaco: Gli esseri umani sono abituati a compiere le azioni in un certo modo, a ripeterle all’infinito. Ma è dalla specie umana che, in un certo qual modo, nasce una nuova specie che abbraccia la tecnologica. Il concetto è ambivalente, perché in quanto esseri umani dobbiamo stare attenti a come utilizziamo le capacità di una macchina. Lo strumento devo unire e non dividere e, proprio la tecnologia, può accelerare l’umanità garantendo loro il benessere di cui ha bisogno.
Simona Calo: Sì, credo anche io fortemente in questo rapporto tra uomo e macchina. Ci sono dei rischi e, al di là delle possibili regolamentazioni, tutto dipende dall’uso, dall’utilizzo e da come si sfrutta le potenzialità della macchina. Provando tutte le qualità di un’intelligenza artificiale posso dire e affermare che è qualcosa di positivo, che può aiutare e velocizzare il lavoro dell’uomo. Non bisogna generalizzare, sia chiaro. La transizione non è facile per tutti ma, in alcuni casi, l’uomo può avere la capacità di re-inventarsi.
E sul mercato del lavoro? Quale potrebbe essere la problematica più particolare?
Simona Calo: Nella scrittura di una sceneggiatura, lo ammetto, ho provato a utilizzare l’intelligenza artificiale per capire se poteva essere una minaccia ma non è così. È solo un valido strumento ma non può sostituire l’uomo. Manca di creatività. È un qualcosa che guarda al passato e impara dal passato, invece la scrittura di un film deve essere qualcosa di attinente alla realtà, qualcosa di originale. È molto veloce a scrivere, può aiutare a concretizzare l’idea ma è la fantasia umana quella che conta. Per la regia, invece, credo che siamo ben lontani da una vera e propria rivoluzione.
Luca Monaco: La tecnologia è un valido aiuto, soprattutto nei lavori ripetitivi. Questo permette all’uomo di essere può padrone del progetto e, per l’appunto, dare agio di utilizzare ancor di più la creatività del singolo. Per funzionare dovrebbe esserci un cambio di struttura mentale a chi chiede l’ausilio della tecnologia per alcuni lavori. A questa “nuova” forma mentis e a questo tipo di approccio c’è bisogno anche – e soprattutto – di un intervento politico.
La tecnologia potrebbe minare i rapporti interpersonali?
Simona Calo: La risposta è sempre nell’utilizzo. C’è la persona che può diventare dipendente dalla tecnologia ma non sempre è così. Nel mio caso, ad esempio, non vivendo in Italia posso sentire e contattare amici e parenti come e quando voglio. Quindi non deve essere uno strumento che separa ma che unisce.
Luca Monaco: Un rischio di una dipendenza c’è. È vero che si possono ridurre le relazioni ma deve essere l’uomo a capire come utilizzare le capacità dell’Intelligenza artificiale senza alienarsi.