NEWS > 25 Febbraio
DUEMILA24

Iperconnessione e uso smoderato dei social media, gli effetti sulla nostra psiche.

Intervista alla Dottoressa Beatrice Casoni Viviamo in una società che è costantemente connessa alla rete. Grazie a quest’ultima è facile...

IN QUESTO ARTICOLO

Intervista alla Dottoressa Beatrice Casoni

Viviamo in una società che è costantemente connessa alla rete.

Grazie a quest’ultima è facile reperire informazioni o tessere contatti e rapporti in ambito professionale e relazionale. Da abitudine a dipendenza il passo però è davvero breve.

Studi scientifici recenti e indagini sull’iperconnessione ci riportano dati davvero allarmanti e che riguardano soprattutto la Generazione Z che è quella più a rischio perché trascorre più tempo davanti ai device elettronici. Numerose sono le ripercussioni che un uso smoderato dei social e della rete in genere può provocare sulla nostra pische.  

A causa della presenza costante della rete infatti si stanno sviluppando tanti comportamenti errati che generano delle vere e proprie fobie e patologie psichiche.  Queste influenzano inevitabilmente la qualità della vita e si ripercuotono sulla dimensione relazionale e performativa.

Per fare chiarezza sugli effetti dell’iperconnessione sulla nostra psiche e capire cosa sta accadendo a livello comportamentale e sociale abbiamo intervistato la Dottoressa Beatrice Casoni specialista in psichiatria e direttore sanitario Healthy Brain Institute Bologna.

Dottoressa Casoni, quali sono gli effetti della iperconnessione sulla nostra psiche?

L’iperconnessione è la necessità di rimanere collegati a internet e social di continuo, durante la giornata. Questo può diventare causa di diversi disturbi, in particolare di cali dell’attenzione con ripercussioni importanti sulla performance cognitiva e anche sulla sicurezza trasformandosi, a volte, in vere e proprie patologie come la dipendenza comportamentale da internet. Per quanto riguarda il calo dell’attenzione, alcuni studi hanno evidenziato come l’iperconnessione possa mimare sintomi tipi dell’ADHD, cioè il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività con difficoltà a concentrarsi e quindi influenza negativa sui risultati scolastici e nel lavoro.

Perché gli adolescenti sono quelli più a rischio?

Gli adolescenti sono i soggetti più a rischio in quanto il loro cervello è ancora in una fase di mutamento così come la sfera psichica caratterizzata da profondi cambiamenti. In questa fase di vita i giovani non hanno ancora gli strumenti per comprendere chiaramente i rischi dell’iperconnessione e limitare in autonomia l’uso dei device. Al 22esimo congresso SOPSI 2024 è stato lanciato l’allarme in quanto Il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno, secondo il sondaggio online condotto dall’Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. Ancora più grave il fatto che fino al 13% degli adolescenti iperconnessi sono a rischio dipendenza patologica. Sono, infatti, in aumento nei giovani tra i 14 e i 18 anni disturbi quali ansia, depressione, insonnia e difficoltà cognitive. Motivo? Le troppe ore trascorse davanti a smartphone e altri device: più di 6 ore al giorno. Like addiction, nomofobia (eccessiva paura di rimanere senza il cellulare), vamping (moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media) e challenge o “sfide social”, le nuove patologie da iperconnessione che causano stati di tensione emotiva persistente.

Diversi studi scientifici dimostrano che prima di andare a dormire l’uso dei dispositivi elettronici non permette di avere un sonno regolare e riposante. Cosa succede al cervello prima di andare a dormire se iper-stimolato?

Gravissimo, poi, l’impatto sul sonno. L’utilizzo di dispositivi a luce blu provoca una diminuzione del rilascio di melatonina, l’ormone che regola il ritmo sonno-veglia. L’esposizione alla luce blu infatti stimola il nostro cervello a rimanere sempre in attività riducendo la capacità di addormentarsi e provocando numerosi risvegli con conseguente sonno scarsamente ristoratore cosa che può aggravare ulteriormente i problemi di concentrazione e di interferire negativamente sulla regolazione dell’umore e dell’ansia.

Diffuso è l’allarme legato alla sindrome di Hikkimori. A livello sociale e comportamentale cosa succede all’adolescente che trascorre più tempo nel mondo virtuale piuttosto che nella vita reale?

L’iperconnessione provoca anche difficoltà relazionali: se tutto il giorno posso stare collegato con i miei amici per quale motivo dovrei uscire di casa e incontrarli? Il mondo virtuale fatto solo di belle foto, di likes sta rendendo i giovani sempre meno empatici, sempre meno disposti a condividere il dolore altrui. L’immagine, filtrata attraverso i social, è fondamentale, mentre la conoscenza e la gestione delle emozioni passa in secondo piano. La vita nel mondo virtuale è più semplice, le relazioni più superficiali causano anche meno dolore e a volte la ricerca del completo isolamento può diventare una patologia come nel caso della sindrome di Hikikomori : termine giapponese che significa “stare in disparte”, viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni. Rinchiusi nella propria abitazione, evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari. Generalmente sono giovani con forte ansia sociale che l’iperconnessione ha amplificato ulteriormente.

Qual è il ruolo dei genitori nella prevenzione di comportamenti errati legati all’uso dei social?

I genitori hanno un ruolo fondamentale nel limitare i danni da iperconnessione. Per prima cosa fornendo regole chiare: troppo spesso i genitori stanno abdicando al loro ruolo per “essere amici” dei propri figli. La lontananza causata dal lavoro e dagli impegni della vita quotidiana viene spesso colmata dall’eccesso di libertà consegnando ai propri figli tutto ciò che desiderano, anche quando si tratta di comportamenti potenzialmente dannosi. Un figlio adolescente ha bisogno di confini, di regole, di limiti per sentirsi protetto in una fase di vita cruciale in cui deve avvenire il passaggio alla vita adulta. I genitori, attraverso il supporto e il porre dei limiti aiutano i ragazzi a comprendere la differenza tra comportamenti sani e disfunzionali, diventando delle rocce solide a cui aggrapparsi. Mantenere anche gli occhi aperti e il controllo sulle attività dei propri figli è fondamentale per intercettare i segni di disagio, in particolare l’isolamento, le mutazioni caratteriali e le alterazioni del ritmo sonno-veglia e poter intervenire precocemente. L’iperconnessione espone, un adolescente, anche al rischio di subire episodi di bullismo o di finire in balia di persone con brutte intenzioni ma se il ragazzo sa di poter contare sui propri genitori sarà più incline a confidarsi, a condividere le proprie paure ed emozioni senza vergogna, limitando i danni. Quindi presenza, cauto controllo e attenzione sono gli elementi che possono fare la differenza per le famiglie.

CONDIVIDI

Leggi Anche