Architettura: è morto Antoine Predock, visionario degli spazi del deserto

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Aveva 87 anni. Progettista di fama internazionale ha sviluppato uno stile unico, lavorando spesso al di fuori dei centri urbani e cercando di trovare una connessione tra i paesaggi e l’esperienza umana dello spazio

L’architetto statunitense Antoine Predock, progettista di fama internazionale che ha sviluppato uno stile unico, lavorando spesso al di fuori dei centri urbani e cercando di trovare una connessione tra i paesaggi e l’esperienza umana dello spazio, è morto all’età di 87 anni ad Albuquerque, nel Nuovo Messico. L’annuncio della scomparsa, avvenuta sabato 2 marzo, è stato riportato oggi da “The Architect’s Newspaper”.

Artefice di un linguaggio progettuale ispirato alla tradizione indigena messicana, in cui trovano spazio anche suggestioni esoteriche e tecnologie avanzate, Predock era stato soprannominato “visionario del deserto”: si è distinto nel panorama americano per una personale interpretazione del Movimento Moderno, attribuendo alla sua opera un carattere radicato nel contesto desertico degli Stati del Sud-Ovest (Arizona, New Mexico, Nevada). La sua architettura interpreta gli spazi vuoti del paesaggio desertico attraverso un riferimento costante agli elementi naturali nella direzione organicistica segnata da Frank Lloyd Wright.

Tra le sue opere più famose il Canadian Museum for Human Rights a Winnipeg, la Facoltà di architettura e urbanistica all’Università del New Mexico a Albuquerque, il Cornerstone Arts Center at Colorado College a Colorado Springs, il Rio Grande Nature Center ad Albuquerque, l’Arizona Science Center a Phoenix. Nel 2006 ha ricevuto la medaglia d’oro dell’American Institute of Architects. Era membro del Royal Institute of British Architects, Royal Architectural Institute of Canada e dell’American Academy in Rome.

Nato a Lebanon, nel Missouri, il 24 giugno 1936, dopo gli studi presso la University of New Mexico di Albuquerque (1957-61) e la Columbia University di New York (1961-62), Predock ha avviato la propria attività con sede ad Albuquerque e poi anche a Los Angeles. Ha elaborato un linguaggio progettuale ispirato alla tradizione indigena messicana, in cui trovano spazio anche suggestioni esoteriche e tecnologie avanzate.

Predock si è distinto per una personale interpretazione del moderno, filtrato attraverso le tradizioni dell’edilizia locale. Le sue realizzazioni acquistano pertanto un carattere regionalista che le radica in particolar modo nel contesto desertico dell’Arizona e del Nuovo Messico, i due Stati che hanno accolto gran parte della sua prima produzione. Tra le numerose architetture realizzate si distinguono: nel Nuovo Messico, la Mesa Public Library a Los Alamos e lo Spencer Theater for the Performing Arts a Ruidoso; in Arizona, il Nelson Fine Arts Center dell’Arizona State University a Tempe, l’Arizona Science Center a Phoenix e la Ventana Vista elementary School a Tucson; nel Nevada, il complesso con biblioteca e Children’s Museum a Las Vegas; nel Wyoming l’American Heritage Center e l’Art Museum a Laramie; in Florida, il Museum of Science and Industry a Tampa; in California, il complesso con aule e laboratori della California Polytechnic State University a Pomona; la Civic Arts Plaza e il Performing Arts Center a Thousand Oaks; il Social Sciences and Humanities Building della University of California a Davis; nel Minnesota, il Gateway Center and Plaza della University of Minnesota a Minneapolis; in Texas, la Austin City Hall and Public Plaza ad Austin; in Wisconsin, l’Indian Community School a Milwaukee; in Illinois, il Doudna Fine Arts Center a Charleston.

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