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Affrontare i “demoni interiori” attraverso la scrittura. Intervista ad Alberto Maria Rotondo

Nelle nostre esistenze i sogni ci donano una marcia in più affrontare la quotidianità. Ci motivano e ci riempiono di...

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Nelle nostre esistenze i sogni ci donano una marcia in più affrontare la quotidianità.

Ci motivano e ci riempiono di speranza e grinta per vivere in coerenza con quello che siamo. Nel perseguimento di essi è inevitabile avere a che fare con difficoltà e sacrifici da compiere e scontrarsi con i propri demoni interiori. Ne sa qualcosa il protagonista del romanzo di esordio “Al di là delle stelle” dello scrittore milanese Alberto Maria Romano edito da Morellini.

Il personaggio di Davide, aspirante scrittore di successo che decide di lasciare il suo lavoro di ufficio per dedicarsi esclusivamente alla scrittura, sarà molto caro ai lettori che si ritroveranno a divorare letteralmente questo libro. In esso ci sono tanti ingredienti che contribuiscono a renderlo degno di nota e memorabile.

La storia narrata da Alberto Maria Rotondo affronta la tematica della realizzazione di sé e del perseguimento dei propri sogni. Oltre al personaggio principale ne troviamo altri secondari che arricchiscono le vicende vissute da Davide e diventano emblematici per l’ispirazione e l’evoluzione personale del protagonista. Molto particolare è il personaggio di Nicola, un giovane aspirante attore che non accetta ancora la sua identità sessuale a causa di un passato troppo ingombrante e doloroso.  

Un esordio davvero eclatante quello di Rotondo che in questa intervista ci racconta di com’è nata l’idea di scrivere questa storia e del suo rapporto con la scrittura e i sogni.

 Partiamo dall’origine, com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo che ha come tematica la realizzazione personale attraverso i propri sogni non ordinari?

Cinque anni fa ho preso la scelta di ridimensionare il mio lavoro d’ufficio per dedicare le mattine alla scrittura, per tentare attraverso la dedizione di farne il mio mestiere. Come era prevedibile mi sono imbattuto in molte difficoltà e così, dopo alcuni fallimenti con romanzi che non hanno trovato un editore, è affiorato il desiderio di raccontare la storia di chi come me cerca di ricostruirsi, di ritrovarsi. Raccontare la storia di uno scrittore ho creduto fosse la metafora adatta perché conosco bene le dinamiche che intercorrono nel processo di cambiamento. Tuttavia credo che la storia di Davide possa riguardare anche situazioni che non hanno nulla a che vedere con l’arte. In certe circostanze ci si sente soli, si cerca conforto, si trova la forza di andare avanti anche se non si intravvede la meta. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, finché qualcosa succede. Ecco come è nato Al di là delle stelle, volevo dare forza a chi come me decide di tagliare i ponti con la vecchia vita per prendere un’altra strada, la propria.

A proposito di “sogni non ordinari”, come quello di Davide di diventare scrittore, secondo te che ruolo hanno nella nostra esistenza?

Per alcuni di noi sono necessari, altri invece ricercano l’equilibrio in altre cose della vita. È sempre una questione di ricerca dell’equilibrio interiore, soprattutto in una società come quella odierna che divora il nostro tempo e la nostra identità attraverso i concetti di stabilità economica e di omologazione al lavoro. Alcuni, in realtà, trovano una sorta di sicurezza in ciò, per quelli come Davide invece è impensabile adattarsi. Il loro equilibrio lo riscoprono nella lotta per l’affermazione di sé stessi, e lo stesso vale anche per Nicola, Bernardo e Zoe, gli altri personaggi del romanzo, ma non per Emanuele, il suo migliore amico che rappresenta l’altra faccia della medaglia.

Meglio una vita ordinaria ma che è in grado di dare sicurezza economica o una vita artistica densa di sogni?

Se chiedi a me personalmente rispondo una vita piena di sogni ma non vaporosi. Quando si sceglie di sognare, perché è una scelta, si deve essere disposti a imparare, a sacrificarsi, a lavorare sodo, a porsi degli obiettivi concreti. Citando Kipling: se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni; se sai pensare senza fare dei pensieri il tuo fine; se sai incontrarti con il successo e la sconfitta e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo. Detto ciò non credo che una cosa sia meglio dell’altra. Ognuno reagisce alla vita a proprio modo, l’importante è non farsi sommergere, non sentirsi impotenti di fronte allo status quo.

Cosa significa vivere di arte e sogni al giorno d’oggi?

Credo di starlo ancora capendo, per ora ho solo scritto un esordio. Quello che posso dire sulla base della mia esperienza è che fare dell’arte il proprio mestiere, che ti dia da vivere e da mangiare, è una sfida piena di alti e bassi, di giornate buone e altre pessime con la sindrome dell’impostore che viene a bussarti alla porta, di notti in cui ami la scrittura e di altre in cui la detesti. Non hai certezze, c’è tanta concorrenza e molti sono già più avanti di te, o più bravi. Sei su una barca con giornate di sole e giornate di tempesta, sai dove dirigerti studiando la rotta eppure a volte ti avvicini e altre volte ti allontani. È una lotta, o almeno io la vivo in questo modo. Tuttavia continui a navigare perché c’è un’inesorabile bellezza a consolarti, ossia che ciò che stai facendo ti appartiene e hai sempre più fame di inglobarla dentro te stesso e di donarla agli altri.

C’è un personaggio di Al di là delle stelle al quale sei più affezionato rispetto agli altri e perché?

Sicuramente Nicola. La sua storia è liberamente ispirata a una persona a cui sono stato vicino, e ad altre che ho ascoltato. La sua sofferenza è diventata la mia e ho sentito un grado di empatia che mi cambiato come persona mentre lo scrivevo. Ho visto con i miei occhi il disturbo borderline e come l’incredibile bellezza dell’anima si mescola a un terrore invisibile che ha le sue radici nel passato, è qualcosa che ha il potere di romperti dentro. Volevo parlarne e Nicola me ne ha dato la possibilità. Una persona che non riesce ad accettare la propria identità (l’orientamento sessuale è solo una parte di essa) a causa dei traumi e delle violenze famigliari che ha vissuto è una tematica che mi è cara e che volevo raccontare.

Il tuo libro ci fa riflettere sul fatto che ognuno di noi nella propria anima cela dei demoni interiori che grazie all’arte è possibile far emergere e accettare come parte del nostro essere. Che rapporto hai con i tuoi demoni interiori e come e in che misura la scrittura ti è d’aiuto per convivere efficacemente con essi?

Con i miei demoni ho imparato a farci l’amore, o almeno a farmeli amici. Non a caso nel romanzo ho scelto un animale domestico come metafora dei demoni interiori di Davide. I demoni interiori ci hanno insegnato a viverli come qualcosa di sbagliato e da evitare, in realtà credo siano la più grande sorgente di crescita personale che abbiamo al nostro interno. La scrittura mi ha dato uno strumento per affrontarli e accettarli, soprattutto in giovane età quando scrivevo solamente per me stesso. Adesso la vivo in modo diverso, mi sento più un artigiano.

Il tuo romanzo è ambientato nella cosmopolita Milano. Che legame hai con questa città? È davvero fonte di ispirazione e ricca di occasioni e opportunità per gli artisti?

A Milano sono nato e cresciuto, è casa. A mio avviso è una città bipolare. Da una parte è ricca di possibilità artistiche e non, è piena di movimenti sociali e politici, è solidale e in costante mutamento. Dall’altra parte è una città frenetica e schizofrenica, come parte dei suoi abitanti, che se non si pone attenzione su cosa si desidera sa bene come stressarti e creare ansia inglobandoti nel suo ritmo incessante e nell’alto livello prestazionale che richiede, o che per meglio dire richiediamo a noi stessi.

Quando è nata la tua passione per la scrittura?

Ha radici nella mia infanzia. Passavo un bel po’ di tempo da solo e ricreavo storie immaginarie per divertirmi. Usavo giocattoli o la semplice immaginazione. Ho imparato anche a leggere e scrivere da solo per sfogare la mia immaginazione, la mia famiglia me lo ricorda a ogni Natale (ride). Poi verso il liceo e l’università la lettura dei romanzi ha iniziato a instillare la voglia di scrivere e quindi mi sono dedicato a racconti, poesie e il mio primo grande amore: le novelle. La passione vera e propria per la scrittura di storie romanzate è esplosa invece verso i venticinque anni per poi maturare definitivamente qualche anno dopo.

“Al di là delle stelle” è il tuo esordio letterario dopo aver pubblicato diversi racconti in varie antologie. Un consiglio che daresti ai tanti Davide che sognano trovare “una casa” alle proprie opere…

Leggere, leggere, leggere, scrivere, scrivere, scrivere, e mai dimenticarsi di vivere, senza i miei errori e le esperienze che ho fatto non avrei nulla da scrivere.  Non serve altro. Infine, a meno che non si è molto bravi, saper fallire e accrescersi. Prima di vedere pubblicato il mio esordio avrò scritto almeno quattro romanzi che sono stati rifiutati dagli editori, e direi con validi motivi, ma non mi sono arreso. Ho studiato, mi sono migliorato ogni volta finché qualcosa è successo. E adesso continuerò a migliorarmi. La cosa che più mi ha aiutato è stato pensare che la scrittura mi avrebbe accompagnato per tutta la vita a prescindere dal successo o meno, e che, come dice Murakami nel saggio Il Mestiere dello Scrittore, si diventa scrittore nell’arco di sessant’anni, e quindi c’è tempo.

Progetti futuri…

Sono a lavoro su una storia che si discosta molto dal mio primo romanzo. Era tempo di andare verso altri lidi, meno personali e più fantasiosi ma che mantengono i temi a me cari.

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