Una vita per la comicità che dura da venti anni. Così Pietro Sparacino festeggia un lungo periodo di successi con un tour da tutto esaurito nei comedy club del nostro Paese.
Comico irriverente e dal grande talento. Pietro Sparacino è un vero e proprio vulcano di idee. Nato come animatore nei villaggi turistici con la passione per il cabaret, non ha tardato a capire quale fosse la sua vera aspirazione. E ora, per festeggiare i suoi venti anni di comicità è in giro per l’Italia e nei comedy lab del nostro Paese – dallo scorso 31 gennaio – per “uno spettacolo sincero, coinvolgente e ironico che, grazie al suo stile inconfondibile e a un’ironia ormai ben definita, racconta queste ultime due decadi da un punto di vista personale ma condiviso”. Lo abbiamo intercettato durante la sua tappa in Puglia e ha parlato ai nostri microfoni dei suoi primi passi nel mondo della comicità e, soprattutto, cosa significa far ridere il pubblico nell’era del politicamente corretto.
Il pubblico ha imparato a conoscere la tua comicità ma chi c’è dietro la “maschera”?
Non sono diventato un comico perché mi piace farlo, ma perché lo sono e basta. Dietro la maschera so di essere una persona a cui piace molto stare al centro dell’attenzione in tanti e diversi contesti. E nel corso del tempo ho cambiato tanti contesti e ho avuto modo di sperimentare tanti modi in cui poter stare al centro dell’attenzione. Prima nella vita di tutti i giorni e poi sul palco.
Hai sempre avuto l’ambizione di diventare un comico?
Sono partito dalla Sicilia e mi sono iscritto a Arte e scienza dello spettacolo, ma il mio obbiettivo ero lavorare nei villaggi turistici come animatore. È sempre stato un mio grande sogno. Alla terza stagione consecutiva e dopo che ho compreso che quel mondo non è affatto facile come sembra, ho capito che avevo bisogno di una svolta. È stata la mia capo villaggio che, nel 2001, mi ha fatto credere di poter fare di più e di essere bravo in questo mestiere. All’epoca mi occupavo solo di cabaret ma adoravo far ridere le persone. Questa è stata una delle tante scintille che mi hanno spinto poi, successivamente, a studiare all’Accademia del teatro comico e a specializzarmi più sulla comicità.
Sei impegnato in tour nei comedy club in diverse parti d’Italia. Perché “Il Ventennio”?
Si, è un tour che tocca anche qualche piccolo teatro ma, essenzialmente, il mio spettacolo ha un’atmosfera più informale. Si chiama, banalmente, in questo modo perché sono venti anni che svolgo questo lavoro. Soprattutto, mi è sembrato il miglior titolo possibile per seguire un po’ anche il clima politico del nostro Paese.
Appunto per questo: oggi con tutte le difficoltà che ci sono e nell’era del politicamente corretto, per te quanto è difficile approcciarti alla comicità?
Vado oltre e ti dico: il politicamente corretto è una stupidaggine, ma mi spiego meglio. È una crociata che non esiste e non è assolutamente vero che oggi “non si può più dire niente”. Il problema è il contesto, e la gente compie uno sforzo immane per capirlo. È una questione molto sottile. L’unica cosa che bisogna comprendere e che bisogna tenere a mente è un’altra: si deve avere la responsabilità della reazione che si scatena nelle persone.
Quando pensi a uno dei tuoi sketch pensi solo a come potrebbe reagire il pubblico?
Ho un approccio molto semplice che si basa sulle mie esigenze comunicative. Seguo un monologo e stimolo una reazione da chi mi ascolta. Poi cerco di giocare con la reazione che ho ottenuto. Tutto ciò che scrivo, però, non lo faccio solo perché cerco una risposta da chi mi ascolta, lo faccio solo perché ho un’esigenza. Se poi mi spingo in una zona d’ombra in cui il pubblico potrebbe indignarsi per quello che dico o faccio, be’, tutto fa parte dell’essere un comico. La prima cosa, al di là delle reazioni che posso scatenare, è scrivere quello che voglio e posso raccontare. Tutto il resto è scena.
Come stai vivendo il successo del tuo tour?
In questo spettacolo mi sto divertendo molto a giocare con i fallimenti, più che con i successi. Racconto ciò che non è andato nella mia carriera. C’è una messa in gioco totale, come se facessi un’autocritica su me stesso. Credo che sia la cosa più bella.
Progetti per il futuro?
Sto curando due rassegne per il canale di Comedy Central, che qui in Italia è un punto di riferimento per la comicità. Una rassegna a Taranto, partita a settembre e finirà ad aprile dal titolo “Comedy Central Live”, che raduna decine di professionisti di tutta Italia. E poi partirà un altro progetto, sempre on tour, di ricerca di nuovi giovani e nuovi talenti. Senza dimenticare la quinta edizione del Comedy Village.