Viviamo in una società frenetica in cui a noi donne è chiesto di essere multitasking e adattarci con coraggio alle situazioni e agli imprevisti con determinazione ed efficacia.
Molte sono le donne che sentono sulla propria pelle il peso delle responsabilità che sono loro affidate in campo famigliare e professionale. Spesso conciliare entrambi gli ambiti si rivela un’impresa difficile, degna della nota eroina Wonder Woman che si contraddistingue per coraggio e forza. Di conseguenza nel mondo reale si fa sempre più fatica a delegare, a dire di no e a non aspirare alla perfezione.
I rischi a cui si va incontro nella ricerca della perfezione e nell’impresa di eccellere in tutto sono molteplici e possono mettere a repentaglio la propria salute psichica e fisica. Dal punto di vista psicologico questa propensione da arte di noi donne di farsi carico di innumerevoli incombenze e responsabilità da parte viene definita “sindrome della Wonder Woman”.
Per capire di che cosa si tratta e per imparare a conoscerla e capire come gestirla efficacemente abbiamo intervistato la Dottoressa Piera Boscaino, psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale e Manager Clinico di Unobravo.
Dottoressa Boscaino, che cosa si intende per Sindrome di Wonder Woman?
È innegabile che stia prendendo sempre più piede nella nostra società quella che viene chiamata Sindrome di Wonder Woman. Ovviamente non si tratta di un avere propria sindrome ma di una definizione utile per cogliere immediatamente questo tipo di dinamica.
Frutto della pressione che vivono spesso le donne da parte di una società che le vuole super in tutto, parliamo di una difficoltà molto diffusa e ci riferiamo ad essa come un complesso ed intricato intreccio di processi psichici che portano la donna ad avere grandissime, e quindi irraggiungibili e insostenibili nel tempo, aspettative su stessa e sulla risoluzione di molteplici problemi senza mai poter delegare o affidarsi all’aiuto dell’altro. Parliamo infatti di personalità che tendono al perfezionismo e che quindi hanno come obiettivo quello di eccellere in molteplici situazione (lavoro, famiglia, amicizia, ecc), mettendo in secondo piano i propri bisogni in favore dei bisogni altrui, misurando il proprio valore in base alla produttività e ai risultati raggiunti.
Come riconoscere una donna affetta da questa sindrome?
Oltre a porre l’attenzione alle caratteristiche sopracitate, ci sono alcune peculiarità che possono aiutarci ad individuare questa sindrome e poter intervenire.
Parliamo di donne che tendono ad essere super impegnate, facendosi carico di numerose incombenze, su più fronti della loro vita, rispondendo di sì a qualunque richiesta di aiuto arrivi. La donna con questo tipo di funzionamento è schiava dell’inganno del multitasking, poiché questo processo non permette di percepirsi fallibili e imperfette, ma si ricerca appunto la “perfezione” in ogni cosa e non esiste quasi mai la possibilità di chiedere aiuto, ma bisogna in ogni caso cavarsela da sé.
Quali sono le cause?
Numerose possono essere le cause, indubbiamente un aspetto cruciale è la scarsa autostima e la tendenza appunto a un ideale di perfezione, quando non ci permettiamo la possibilità di sbagliare e di imparare dai nostri errori, quando fissiamo l’asticella così in alto da non potere effettivamente poi raggiungerla, o quando ancora ci proviamo dell’opportunità di farci aiutare e/o delegare.
Ma ci sono anche altre cause che sono invece più “esterne”; ad esempio le aspettative legate alle pressioni sociali; spesso la società pone su noi donne aspettative irrealistiche, dipingendoci come eroine del multitasking; oppure ancora cause legate ai ruoli di genere e stereotipi: sentiamo di dover aderire al ruolo per dimostrare di essere capaci e competenti ad esempio come madri, mogli, o professioniste.
Vi sono degli effetti negativi sulla psiche?
Indubbiamente sì. Cercare di essere sempre impeccabili e perfette, sul lungo periodo, diventa insostenibile per la salute sia fisica che mentale. Come dicevamo in precedenza, la donna con queste caratteristiche di personalità non riesce a prendersi cura di sé e non può quindi esser in grado di cogliere i segnali. Gli effetti negativi possono essere molto diversi e possono includere la facile irritabilità, accumulo di stress, difficoltà del comportamento alimentare, vissuti ansiosi o depressivi e costanti senso di colpa. Va detto che la sindrome non è necessariamente deleteria, tuttavia, a lungo andare, può portare al burnout, oppure può sfociare in patologie vere e proprie, come disturbi ossessivo-compulsivi.
Cosa succede se non si cambia?
Sicuramente rischiamo di intaccare in maniera importante il nostro benessere fisico e mentale. Provare costantemente a fare tutto perfettamente e portare avanti un numero eccessivo di responsabilità può condurci a stress cronico. Poter superare la condizione di malessere è importante infatti anche per imparare a prioritizzare la propria crescita personale, le proprie passioni ed interessi e non riempirsi invece di cose da fare. Complice l’assunto, errato, che fare quante più cose possibili sia sinonimo di progressione, ma invece non è così, quello che porta progresso nella nostra vita è concentrarci sulle poche cose che per noi sono importanti e quindi dare loro la giusta priorità. Questo è importante da comprendere perché è proprio il sentirci bene con noi stesse, prendendoci cura delle nostre aspirazioni e della nostra crescita, che ci permette di essere poi un supporto per gli altri, di sentirci libere da etichette, da aspettative esterne, imparando ad accettare che ognuno ha un proprio limite.
Una delle caratteristiche della Sindrome di Wonder Woman è l’incapacità a delegare. Perché è così difficile farlo?
Domanda complessa a cui dare una risposta univoca, perché possono esserci svariati motivi sottostanti a seconda della specifica persona a cui ci rivolgiamo. In linea generale possiamo provare a delineare delle costanti che rendono queste donne incapaci nella delega. Tra queste sicuramente c’è il timore del giudizio altrui e di non esser all’altezza, proprio per gli standard alti che mi autoimpongo; spesso accompagnato da chiusura in se stessi e non condivisione, per non dover “esser di peso per l’altro”. Altro elemento che possiamo evidenziare è l’idea che “nessuno possa fare le cose bene quanto le possa fare io”, quindi l’altro mi deluderà oppure non sarà in grado, quindi non ho fiducia in lui, sempre per l’asticella posta molto in alto. Infine il senso di colpa nel chiedere aiuto, quest’ultimo spesso legato ad esperienze pregresse dove l’altro non ha avuto spazio mentale/emotivo per noi.
È possibile superare efficacemente questa sindrome?
Assolutamente sì, avendo a mente degli accorgimenti e chiedendo aiuto anche attraverso percorsi mirati come, ad esempio, un percorso di terapia personale. I mantra che possono aiutarci in questo senso sono di ricordarci che: “La perfezione non esiste”: oggigiorno siamo immersi in un mondo che ci mostra esempi costanti di perfezione, ma ricordiamoci che è tutto finto. Non esiste nel mondo reale alcuna forma di perfezione ma solo bellissime imperfezioni che ci rendono umani; “Il tempo è limitato”: impariamo a dare priorità alle cose e dirci che non si può fare tutto contemporaneamente; si può lavorare sulla propria autostima per riscoprire il proprio immenso valore; “é umano chiedere aiuto”, ricordando che non c’è niente di male nel farlo; “bisogna imparare a prendere del tempo per sè”, abbiamo bisogno di dedicarci del tempo ed avere cura di noi stesse. Impariamo a ritagliarci del tempo e facciamo in modo che gli altri lo rispettino.
Quando e in che misura può essere d’aiuto intraprendere un percorso psicologico?
Tutte le volte in cui ci sentiamo sopraffatti da noi stessi e sentiamo di non riuscire ad uscire da un circolo vizioso come quello che può esser determinato da questa condizione mentale. Prima parlavamo di alcune sintomatologie che possono insorgere, ecco quelle sicuramente sono dei casi limite (ad esempio il burn out) in cui è necessario intervenire per ritrovare il proprio benessere mentale, ma non occorre per forza arrivare allo stremo delle proprie energie prima di chiedere aiuto. Ricordiamoci che un aspetto fondamentale è quello di ricentrarsi su se stessi, ed in questo senso il tempo della terapia potrà essere tempo per sé, tempo per prendersi cura di se stesse e delle proprie emozioni.