Per l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di stato maggiore della Difesa, la Russia non sta vincendo la guerra.
“Quello che Putin voleva ottenere, cioè una vittoria in tre giorni, arrivare a Kiev e sovvertire la governance ucraina, non è accaduto – spiega al Corriere della Sera – Sono passati due anni e tutti i suoi obiettivi strategici sono falliti. Addirittura Finlandia e Svezia sono entrate nell’Alleanza atlantica che ora può contare su 32 Paesi. È vero, adesso è in corso un contro-contrattacco di Mosca, ma fa parte della dinamica degli eventi. L’importante è che non si affievolisca il sostegno internazionale, perché la resistenza e il coraggio del popolo ucraino non sono cambiati, sono gli stessi di due anni fa”.
Secondo lui, l’Europa dovrebbe fare di più per aiutare l’Ucraina: “lo deve fare per aiutare gli ucraini ma non solo – dice – anche per difendere i nostri valori, il nostro stesso modo di vivere. Perciò è necessario potenziare gli investimenti, essere coesi e lavorare sul multidominio, attrezzarci cioè per essere pronti su un ventaglio di arene: lo spazio, il cyber, la disinformazione. Sono queste le nuove frontiere”.
Sullo “slancio” del presidente francese Macron, disponibile a inviare le sue truppe a Kiev, dice: “Il governo è stato chiaro, i nostri militari non andranno, anche se sarebbero preparati a intervenire in un simile scenario”. I missili a lunga gittata da mandare in Ucraina “sarebbero importanti, ma andrebbero utilizzati con criterio. Occorre evitare il rischio di un effetto escalatorio e il coinvolgimento indiscriminato della popolazione”, continua, smorzando invece il pericolo nucleare.
“Io credo che lo stesso Putin sia consapevole che l’uso del nucleare sarebbe una sconfitta anche per lui. Il mondo intero non avrebbe un domani – sottolinea Cavo Dragone – La bandiera bianca nel mondo militare significa resa, ma penso che il Papa avesse in mente altro: il suo era un vero e proprio appello alla diplomazia per trovare una via negoziale che porti alla pace e salvaguardi l’essenza stessa della vita umana”.
Della missione Ue Aspides, ma soprattutto del ruolo guida dell’Italia, spiega: “La situazione nel Mar Rosso è degenerata e la missione quindi è necessaria: ricordo che il 40% delle nostre merci passa per il canale di Suez. Per quanto riguarda la guida italiana credo sia il riconoscimento al valore e all’impegno negli anni delle nostre missioni: in Iraq, in Kosovo, in Libano, nel Golfo Persico”. Le minacce degli Houthi all’Italia “fanno parte della narrazione, ma non ci fanno paura. Abbiamo già reagito due volte ai loro attacchi, se capiterà la terza reagiremo ancora. Quando la nave Duilio ha abbattuto il drone, nel primo attacco, ho provato l’orgoglio di essere stato un marinaio e di essere un militare italiano. Il comandante Quondamatteo e il suo equipaggio sono stati bravi”. E infine: “L’Italia ha bisogno che l’Alleanza atlantica faccia attenzione non solo al fianco Est ma anche al Sud, dove i cambiamenti climatici, i fenomeni migratori incontrollati, il rischio di infiltrazioni terroristiche, le mire di Russia e Cina, perfino gli idrocarburi e le terre rare dell’Africa usate come armi di ricatto, costituiscono una minaccia alla stabilità dell’area. Guai ad abbassare la guardia”.