Il bilancio dell’atroce attacco terroristico di venerdì sera nella periferia di Mosca ha portato alla luce un’oscena tragedia: 139 vittime, tra cui tre bambini, e oltre 180 feriti.
Quattro individui di nazionalità tagika, presentati in tribunale domenica scorsa, mostravano segni evidenti di violenza fisica, accusati di terrorismo e trattenuti in custodia cautelare. Ulteriori tre arresti sono stati eseguiti nei giorni successivi, aggiungendo una dimensione più intricata al dramma in corso.
L’Isis-Khorasan, ramo dell’organizzazione terroristica operante principalmente in Afghanistan e nel Caucaso, ha audacemente rivendicato l’attacco, rilasciando foto degli attentatori e un video dell’assalto, suscitando sgomento e rabbia.
Mentre la Russia punta il dito accusatorio verso Kiev, affermando un coinvolgimento nell’attentato, l’intelligence americana persiste nella sua convinzione della pista dell’Isis. Fonti statunitensi rivelano un flusso continuo di informazioni che evidenzia l’intenzione dell’Isis di colpire nel territorio russo, aggiungendo un ulteriore livello di complessità alle indagini.
Le tensioni crescono con le rivelazioni del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, il quale sostiene che i terroristi abbiano tentato invano di fuggire in Bielorussia, respinti dai checkpoint. Mentre Kiev nega fermamente ogni coinvolgimento, l’attenzione si sposta anche sugli Stati Uniti e il Regno Unito, coinvolti nelle crescenti speculazioni russe.
Con la verità ancora sfuggente e le accuse reciproche a dominare il panorama internazionale, l’atmosfera si carica di sospetto e tensione, lasciando il mondo in trepidante att