Responsabile del Centro Autismo e Sindrome di Asperger (C.A.S.A.) di Mondovì, in provincia di Cuneo.
“Mettersi nei panni dell’altro, comprenderne il punto di vista, vedere con i suoi occhi il mondo (dove “mondo” vuol dire, nel caso di bambini, il gioco, la relazione con gli altri, la risposta agli stimoli dell’ambiente) è fondamentale per poter costruire una relazione con l’altro. L’aspetto tecnico non può prescindere da quello umano”.
Autismo
Tutti noi abbiamo sentito almeno una volta nominare questa parola, ma quanti di noi sanno che cosa comporta questa sindrome che abbraccia diverse sintomatologie definite in campo medico: “Disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD).
Ogni persona con autismo è unica e questo perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome. I sintomi possono essere diversi da persona e persona. Per alcuni più gravi per altri meno. L’autismo riguarda la sfera del neurosviluppo che coinvolge linguaggio, la socialità. Il disturbo è caratterizzato da interessi ristretti e comportamenti ripetitivi.
Oggi ne parliamo insieme al Dottor Arduino responsabile del Centro Autismo e Sindrome di Asperger (C.A.S.A.) dell’ASL CN1 di Mondovì, in provincia di Cuneo.
Il Dottor Maurizio Arduino è uno stimato e apprezzato professionista che con garbo e competenza da molti anni è in prima linea a fianco a tanti bambini affetti da autismo e alle loro famiglie.
Conosciamolo meglio
Nato a Torino nel 1961 è psicologo e psicoterapeuta. È responsabile del Centro Autismo e Sindrome di Asperger (C.A.S.A.) di Mondovì, in provincia di Cuneo. Ha fatto parte del Tavolo nazionale autismo presso il Ministero della Salute ed è docente in corsi di formazione e master presso diverse università italiane. È condirettore della rivista Autismo e disturbi dello sviluppo. Nel 2014 ha pubblicato per Einaudi Stile Libero Il bambino che parlava con la luce. Quattro storie di autismo.
Innanzitutto la ringrazio di essere qui, e le chiedo: nei bambini quali sono i campanelli d’allarme che potrebbero far presuppore l’autismo?
Nel secondo anno di vita ci sono alcuni possibili segnali di rischio la cui presenza fa consigliare un approfondimento: in particolare, vanno considerati soprattutto i seguenti: l’assenza dell’indicazione (sia per chiedere qualcosa – per es. il bambino indica un giocattolo sulla mensola per chiederlo – sia per condividere un interesse – per es. indicare la mongolfiera nel cielo per farla vedere alla mamma); la risposta al nome (il bambino non si gira e non guarda l’adulto quando viene chiamato, a volte può sembrare sordo); la presenza o meno del sorriso sociale (la risposta con il sorriso al sorriso dell’adulto); la presenza di gioco ripetitivo (per es. far girare ripetutamente le ruote di una macchinina) e l’assenza del gioco di far finta. Questi comportamenti non sono sufficienti per fare una diagnosi ma la loro presenza, che va innanzitutto segnalata al pediatra, richiede un approfondimento da parte di uno psicologo dell’età evolutiva o un neuropsichiatra infantile.
Come si esegue una diagnosi di autismo?
La diagnosi viene fatta sulla base dell’osservazione del comportamento, da un clinico esperto (psicologo o medico NPI), anche con l’ausilio di alcuni test e questionari standardizzati. I sintomi riguardano innanzitutto comportamenti relativi all’interazione sociale (il modo con cui il bambino si relaziona agli altri e risponde, anche con la comunicazione non verbale e le espressioni, alle proposte dell’adulto o di altri coetanei) e alla comunicazione (l’assenza di linguaggio non compensata dall’uso dei gesti e dell’indicazione oppure la presenza di un linguaggio ripetitivo che viene però poco usato a scopo comunicativo – come nel caso dell’ecolalia in cui il bambino ripete parole e frasi ascoltate senza tuttavia usarle a scopo comunicativo). Inoltre, devono essere presenti comportamenti ripetitivi e stereotipati, che si possono osservare nel modo di giocare, nella presenza di eventuali stereotipe motorie (camminare sulle punte, sfarfallare le mani o le braccia, dondolarsi) e di reattività sensoriale atipica (rifiuto di essere toccati oppure tapparsi le orecchie in presenza di alcuni suoni o altre reazioni atipiche a luci, odori, gusti).
La Sindrome di Asperger fa parte dello spettro autistico, con tratti che prevedono scarsa socializzazione, comportamenti ossessivi, seppur chi ne soffra ha un’intelligenza oltre la norma. C’è in campo medico una motivazione per questo?
Oggi si parla di disturbo dello spettro dell’autismo, che riprendendo lo spettro della luce che ha intensità, tonalità e sfumature differenti, indica l’ampia eterogeneità con cui si manifestano questi disturbi: possiamo avere, ad un ipotetico polo dello spettro, un bambino di 4 anni che non parla, non comprende il linguaggio e ha un importante ritardo nel funzionamento quotidiano; all’altro, un bambino che ha anche lui 4 anni, parla perfettamente, è più intelligente della media e sa leggere e scrivere. In quest’ultimo caso di parla di “alto funzionamento” e la diagnosi di Sindrome di Asperger (che nelle attuali classificazioni internazionali è stata sostituita dal “disturbo dello spettro dell’autismo di livello 1”) classicamente indica bambini, adolescenti o adulti con buone capacità cognitive e di linguaggio, che presentano tuttavia deficit nella comunicazione sociale e comportamenti ripetitivi e/o interessi ristretti. Oggi si parla di neurodivergenza o neurodiversità per indicare un modo di funzionamento della mente diverso da quello “neurotipico”, che va innanzitutto compreso e rispettato.
I dati parlano che un italiano su cinque è affetto, spesso inconsapevolmente, da dalla Sindrome D’Asperger. Ma è proprio così?
Non esiste un dato nazionale a questo proposito. Quello che possiamo affermare è che esiste una parte della popolazione con un funzionamento neurodivergente, alcuni dei quali (ma non tutti) presentano anche una compromissione clinicamente significativa del funzionamento in ambito sociale o lavorativo o in altre aree importanti. In questi ultimi casi è giustificata una diagnosi.
Perché in questi ultimi decenni i casi d’autismo nel mondo sono in aumento? Quali sono le cause?
Negli ultimi decenni la prevalenza dell’autismo è aumentata in maniera importante, anche se i dati disponibili non riguardano tutti i paesi del mondo. L’ultimo dato nordamericano parla di 1 bambino su 36, 20 anni fa era di 1 su 125. In Piemonte, per quanto riguarda i minori (età 0-17) con diagnosi di Disturbo dello spettro dell’autismo, si è passati da poco più di 2600 del 2016 a oltre 6000 del 2023. Una delle ragioni può essere quella delle attuali definizioni diagnostiche più ampie di quelle del passato (oggi vengono diagnosticati più spesso bambine e bambini, soprattutto ad alto funzionamento che non venivano diagnosticati in passato o che ricevevano altre diagnosi). Sono poi allo studio variabili ambientali come l’inquinamento, l’alimentazione, l’età dei genitori e altre. Le cause dell’autismo non sono però conosciute, sebbene sia riconosciuta una componente genetica che interagisce con altri fattori ambientali.
Le vaccinazioni hanno qualche correlazione con questa sindrome?
Un’ampia mole di dati ha dimostrato che non c’è nessuna relazione tra vaccinazioni e autismo.
Perché l’autismo colpisce più i maschi?
Il rapporto maschi – femmine è di circa 4 a 1 e, come per molti disturbi del neurosviluppo, può esser attribuito ad una componente genetica. Va sottolineato che negli ultimi anni è in aumento la diagnosi di autismo nel caso delle donne, spesso diagnosticate in adolescenza o in età adulta (si tratta in genere di persone con buone capacità intellettive che sono riuscite a “mascherare” le loro caratteristiche di funzionamento soprattutto sul versante sociale).
Nel 2014 ha pubblicato per Einaudi Stile Libero, “Il bambino che parlava con la luce”. Un libro colmo di tanta umanità e gioco di squadra. Quanto la parte umana gioca un ruolo fondamentale nella sua professione?
Lo strumento di lavoro principale di chi svolge un lavoro a favore di altre persone in difficoltà è la “relazione”. Mettersi nei panni dell’altro, comprenderne il punto di vista, vedere con i suoi occhi il mondo (dove “mondo” vuol dire, nel caso di bambini, il gioco, la relazione con gli altri, la risposta agli stimoli dell’ambiente) è fondamentale per poter costruire una relazione con l’altro. L’aspetto tecnico non può prescindere da quello “umano”.
Un aneddoto su un suo piccolo paziente che, inaspettatamente dalle sue previsioni, lo ha spiazzato.
Potrei citarne tanti. Mi viene in mente una situazione in cui un piccolo paziente con autismo che, secondo alcune teorie, dovrebbe essere poco in grado di provare empatia e comprendere la mente dell’altro, mi aveva dimostrato la sua vicinanza quando vedendomi seduto con le stampelle (reduce da una frattura) anziché mettere in atto un comportamento iperattivo e poco collaborativo, cosa che di solito faceva, si era seduto vicino a me e aveva collaborato in tutte le proposte di gioco che gli avevo fatto.
A oggi, 2024 a che punto è la ricerca? È possibile sperare in una cura definitiva? O siamo ancora molto lontani?
Ci sono molte ricerche in corso a livello internazionale. Al momento non essendo nota una causa non è disponibile una “cura”. Tuttavia, sappiamo che molti trattamenti abilitativi / riabilitativi sono efficaci e compatibilmente con i vincoli biologici, possono consentire miglioramenti importanti.
Progetti nel cassetto?
I progetti in corso sono diversi: ne cito due, in due diverse fasi del ciclo di vita. Il progetto NIDA (Network Italiano per il Riconoscimento Precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità) in corso da alcuni anni, finalizzato all’ identificazione precoce di bambini con disturbi del neurosviluppo e, in particolare, con disturbo dello spettro autistico, rivolto in particolare ai fratellini di bambini con autismo (potenziali soggetti a rischio) che vengono monitorati nel loro sviluppo dalla nascita fino ai tre anni. Un altro, sul versante dell’età adulta, punta a favorire gli inserimenti lavorativi di persone con autismo e, in senso più ampio, a creare occasioni di inclusione sociale.
Nel vostro Centro, oltre le terapie per i bambini, esistono anche supporti per le famiglie?
Le famiglie vengono sempre coinvolte nel trattamento e vengono proposti periodici gruppi di parent training (formazione dei genitori) e sedute di parent coaching (accompagnamento e guida del genitore nelle attività educative con il bambino). E’ in fase di avvio un gruppo di mindfulnes per genitori. Abbiamo inoltre la Piattaforma Integrata per l’Autismo (PIA), disponibile sul sito dell’ASL CN1, in cui sono disponibili moduli informativi e formativi per genitori e insegnanti.
Un consiglio ai genitori che stanno affrontando questo percorso con un figlio autistico. Cosa fare e soprattutto cosa non fare?
È importante che il genitore venga guidato a comprendere che il bambino con autismo è in grado di apprendere e sviluppare le sue abilità, compatibilmente con le proprie possibilità, se si utilizzano strategie educative mirate che hanno dimostrato di essere efficaci nel caso dell’autismo. Al genitore consiglio quindi di farsi guidare dagli operatori che seguono il bambino nell’uso di queste strategie educative tutti giorni a casa, dandosi piccoli obiettivi da aggiornare ma man che vengono raggiunti. È importante inoltre “allenarsi” a vedere i punti forti del bambino, le sue abilità e non fermarsi solo alle difficoltà. Eviterei di passare ore a cercare su Internet soluzioni miracolose o informazioni che in molti casi non sono attendibili.
In queste patologie spesso l’amore non basta, eppure in certi casi è tutto. Una sua riflessione?
Sicuramente non è sufficiente … ma è necessario. La forza di un genitore e il legame affettivo con il suo bambino rappresenta una risorsa fondamentale che, unita alla conoscenza e alla messa in atto di pratiche educative specifiche, consente al bambino con autismo di crescere e sviluppare tutte le sue potenzialità.