Eileen: l’oscuro inganno di Anne Hathaway in un film spento

Anne Hathaway è la donna del mistero che la giovane e inesperta Thomasin McKenzie incontra per puro caso, trascinandola in un turbine di perversione e pericolo: Eileen, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Ottessa Moshfegh, è un film affascinante, che però perde il suo carisma a metà narrazione.

Eileen, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Ottessa Moshfegh, è un film che si regge soprattutto grazie alle sue protagoniste, due donne perfettamente agli antipodi. Ambientato negli anni Sessanta, la storia vede Thomasin McKenzie (giovane attrice lanciatissima ovunque dopo l’exploit con JoJo Rabbit nel 2019) nei panni di Eileen, una segretaria che lavora in un carcere minorile conducendo una vita monotona e priva di svago. L’altro suo impiego è quello casalingo: dopo la morte della madre, Eileen si prende cura di Jim, il padre alcolizzato, nonché l’unica famiglia che le resta. La ragazza ha come unico svago il suo rifugiarsi in fantasie sessuali, che ogni tanto prendono vita nella sua vita. Poi, un giorno, arriva la psicologa Rebecca (Anne Hathaway), una donna matura e carismatica che cattura subito l’attenzione di Eileen. Elegante e intelligente, la nuova arrivata inizia subito a lavorare con un adolescente problematico che ha ucciso il padre a coltellate. Nonostante la differenza d’età, le due iniziano gradualmente a legare. La loro amicizia, sempre velata da una sottile tensione sessuale, prende una piega inaspettata quando Rebecca le rivela un segreto molto oscuro.

In Eileen, Anna Hathaway esercita un fascino magnetico fin dal suo ingresso. Il look dell’epoca, con capelli biondi a caschetto e abiti glamour, attraggono non solo la 24enne protagonista, ma anche tutti gli altri uomini del riformatorio. Come una vera femme fatale, Rebecca è difficile da decifrare: bella, ma inarrivabile, misteriosa eppure così comprensiva. Per Eileen, la presenza della donna è sinonimo di svolta; forse può davvero evadere da quella quotidianità di cui si sente prigioniera da troppo tempo. Il colpo di scena arriva, ma non è quello che la ragazza si aspetta. Thomasin McKenzie, con il suo sguardo etereo, dona al suo personaggio la giusta aurea di purezza e al tempo stesso di predatrice: Eileen è inesperta, eppure si sente già “donna”; indossa abiti di sua madre, si trucca, mette il rossetto, e dimostra di essere sicura del suo aspetto.

Eileen: un film queer che non arriva mai a concretizzarsi

Tra Eileen e Rebecca c’è subito un’immediata simpatia reciproca, che col passar del tempo illude a qualcosa di più. La giovane protagonista ne è attratta, ma della sensuale psicologa non possiamo esserne certi. La Hathaway riesce a donare al suo personaggio quel velo di mistero sufficiente per impedirci di capirla e comprendere le sue azioni, come fosse un personaggio hitchcockiano da decifrare. Il film diretto da William Oldroyd ha tutte le buone premesse per essere un thriller/giallo a tinte di mistero, ma non arriva mai a concretizzarsi. Il finale è ambiguo quanto basta – ma non in senso buono – tanto da lasciare lo spettatore con un senso di incompiutezza. Eileen è anche una storia implicitamente queer, a giudicare dal legame che si instaura tra le due protagoniste, ma non arriva mai a raggiungere quel pathos erotico che abbiamo visto, ad esempio, nel recente Carol di Todd Haynes. Oldroyd sembra incapace di spingersi oltre, preferendo lasciare tutto in superficie. Le atmosfere dark – specialmente nella seconda parte del film – trasudano sensualità ovunque, ma anche in questo caso si tratta di un inganno: non si giunge mai alla conclusione. La sensazione è che Eileen sia un film ‘sprecato’, in cui la torbida storia non viene mai sviluppata come dovrebbe. Si salvano le interpretazioni della Hathaway e della McKenzie, quest’ultima molto brava a misurarsi in un ruolo diverso e audace.

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