Il grande classico della letteratura contemporanea – vincitore anche di un Premio Strega – rivive in una serie inquieta, imperfetta ma curata esteticamente. Kim Rossi Stuart è Il Gattopardo. Lo trovate su Netflix.
Nell’immaginario collettivo è fresco il ricordo del film di Luchino Visconti, l’unico che si è approcciato al libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa con un tratto austero ma affascinante. Un’immagine così vivida che in si è mai pensato di prendere il mito de Il Gattopardo e trasformalo in un feuilleton. Netflix ci ha provato e ha “scomodato” persino Kim Rossi Stuart per il ruolo de il Principe di Salina per raccontare l’Italia ai tempi del Risorgimento e dell’impresa di Giuseppe Garibaldi. Di quel romanzo e di quella storia che è finita nei libri di letteratura contemporanea resta solo il ricordo. Il colosso dello streaming prende l’anima de Il Gattopardo e trasforma il romanzo in un kolossal a puntate, curato dal punto di vista delle interpretazioni e della scenografia, ma che pecca di superbia nel raccontare il nostro Paese in un momento storico molto rilevante. Ci si trova di fronte a un adattamento molto più contemporaneo che storico, che riflette sul concetto stesso di libertà e di democrazia e lo fa attraverso la storia di un nobile sul viale del tramonto e di una nuova generazione che pensa a un futuro diverso e radioso. Eppure, nonostante ciò, Il Gattopardo di Netflix non “buca” lo schermo, diventando per la piattaforma dello streaming un’altra occasione mancata di elevare la nostra fiction nel mondo.
Il Gattopardo, storia di una nobiltà sul viale del tramonto
La vicenda è ambientata nel Regno delle due Sicilie, all’alba del 1860 e all’alba dell’Unità d’Italia. Nel cuore della notte e in una Palermo assediata dai militari del re, la carrozza di Fabrizio Corbera sfreccia senza aver paura di nulla. Il principe di Salina sfida il coprifuoco per riprendere la figlia Concetta (Benedetta Porcaroli) che vive nel Convento del Sacro Redentore. I mille di Garibaldi sono alle porte e l’unione italiana minaccia di cambiare le abitudini e antiche leggi del Regno delle due Sicilie. Tornati nella tenuta di Don Fabrizio si inscena il dramma. Da una parte c’è il principe di Salina che è preso dalle sue attività quotidiane e dal pensiero che la rivolta preso sarà solo un ricordo, e dall’altra c’è Paolo, il figlio maggiore, che teme di perdere tutto il suo prestigio a causa di un mondo che sta cambiando troppo in fretta. Due pesi e due misure che sono in bilico quanto sulla scena fa il suo ritorno Tancredi. Nipote di Fabrizio e nobile anche lui, rispetto ad altri, ha abbracciato la causa garibaldina, scuotendo nel profondo la famiglia dei Corbero, facendo tremare lo stesso Fabrizio e facendo crescere in lui il timore di perdere le sue terre, i soldi e il potere.

Una serie curata solo dal punto di vista estetico
C’era grande attesa per il primo adattamento a puntate su un grande classico della letteratura contemporanea e, proprio quell’attesa, ha influito negativamente sulla riuscita del progetto stesso. Al netto di tutte le libertà creative – cosa più che giusta –, a mancare è proprio la magia del romanzo e del film. A quel ritratto così schietto e sincero della nobiltà di fine ‘800 – con i suoi usi e costumi – ha preso spazio l’inquietudine giovanile a discapito di quella satira sociale che trasuda dal racconto stesso. Il Gattopardo diventa sì un kolossal curato dal punto di vista estetico, ma la narrazione perde intensità e ritmo, cadendo più volta vittima di una sceneggiatura lenta e didascalica. La storia in sé è potente ma non così da poter avere paragoni con i suoi predecessori. E, la bellezza e la bravura di Kim Rossi Stuart non riescono a risollevare le sorti di una serie che non ha convinto fino in fondo.
Dal 1963 ad oggi, un cult della letteratura che è sempre attualissimo
Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1958 vincendo anche il Premio Strega. Le trasformazioni avvenute nella vita e nella società in Sicilia durante il Risorgimento dal momento del trapasso dal Regno Borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia, seguita alla spedizione dei Mille di Garibaldi fanno da sfondo a un racconto su un’Italia che non esiste più. E, nel 1963, è stato Luchino Visconti che con il suo film ha reso celebre il Gattopardo in un adattamento fedele al libro ma di grande valenza cultura. La serie tv, purtroppo, è solo un mero intrattenimento.