L’Europa armata della pace: un ossimoro in Piazza del Popolo
Roma, 15 marzo 2025 – In Piazza del Popolo oggi sfila il paradosso. Migliaia di anime si sono radunate, brandendo con grazia contraddittoria le bandiere della pace e quelle stellate dell’Unione Europea, rispondendo all’appello di Michele Serra, il cantore malinconico di una generazione che un tempo sognava barricate e oggi sembra vagheggiare una resistenza ben equipaggiata. È il cortocircuito perfetto: pacifisti che, senza neanche un lieve imbarazzo, invocano un’Europa più armata. L’intento era cristallino, almeno nelle intenzioni: una celebrazione dell’Europa unita, un coro di voci che spaziava dai veterani della sinistra intellettuale ai giovani animati da un idealismo vagamente bellicoso. Ma l’ombra del piano “ReArm Europe” – 800 miliardi di euro per irrobustire la difesa continentale, annunciati da Ursula von der Leyen con piglio da statista il 4 marzo – ha trasformato l’idillio in un rompicapo etico. Le bandiere arcobaleno, simbolo di un’utopia disarmata, danzavano accanto a quelle dell’UE, quasi a sussurrare: “Pace sì, ma con un arsenale ben fornito, per cortesia”. L’immagine della piazza dovrebbe dare più di un motivo di riflessione a chi sogna un’Europa di ponti, non di bunker.
La danza delle nomenclature
“ReArm Europe”, un nome che stride. Troppo brutale, troppo diretto, quasi un affronto alla raffinatezza diplomatica che Bruxelles ama sfoggiare. I critici – e non sono pochi – lo hanno bollato come una gaffe lessicale: “Sembra uno slogan da film di guerra”. Si sarebbe potuto optare per una traduzione in neolingua, un “Embrace Europe” che evoca calore e unità (senza fucili nel logo, ovviamente), o un “Empower Europe”, dal sapore inclusivo e motivazionale. “Make Europe Great Again” sarebbe stato perfetto, ma è un marchio registrato.
Le voci discordanti
La piazza, tuttavia, non si è limitata a un’estetica contraddittoria: Il PD, con Roberto Gualtieri, ha declamato l’elogio dell’Europa solidale, ma il ricordo delle recenti critiche di Elly Schlein al riarmo (“Non è questa la strada”, La Stampa, 10 marzo 2025) aleggiava come un’eco scomoda. Paolo Gentiloni, con la sua consueta pacatezza, ha provato a mediare: “Una difesa comune è necessaria, purché ponderata” (ANSA, 15 marzo 2025). Intanto, l’ANPI di Roma ha scelto l’assenza, denunciando un’Europa che preferisce cannoni a ospedali – un’obiezione che conserva una sua logica stringente.
A pochi passi, in Piazza Barberini, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista hanno inscenato una controffensiva più coerente: “No al riarmo, sì alla pace vera” (Il Manifesto, 15 marzo 2025). La loro fermezza è un monito, un richiamo a un pacifismo che non ammette compromessi. Ma a Piazza del Popolo il compromesso regnava sovrano: si cantava Bella Ciao con lo sguardo rivolto a un’Europa che, sotto la guida di von der Leyen, sembra voler coniugare la purezza degli ideali con la durezza dell’acciaio.
L’enigma Ursula
Al centro di questa contraddizione c’è lei, Ursula von der Leyen. Il suo “ReArm Europe” è stato accolto con un misto di plauso e sospetto: Vannacci la accusa di autoritarismo per aver scavalcato il Parlamento (Euronews, 12 marzo 2025), il M5S, coerentemente assente oggi, minaccia di votare contro a Strasburgo (Sky TG24, 11 marzo 2025). Eppure, la manifestazione è ben riuscita: in Piazza del Popolo i pacifisti che dicono sì alla corsa agli armamenti hanno ritrovato sé stessi.
Il 15 marzo 2025 si chiude così, con un’immagine che è al contempo poesia e paradosso: pacifisti che sognano un’Europa armata, progressisti che flirtano con il pragmatismo militare, e Michele Serra che, forse, si chiede se la sua piazza non abbia finito per somigliare a un’utopia capovolta. L’Europa di oggi è un enigma irrisolto, sospesa tra la nostalgia della pace, la paura di essere sola e la volontà di potenza.
Da registrare positivamente il fatto che nessuno, tra le bandiere e i canti, ha proposto “Eternal European Peace” come nuovo mantra. Non era scontato.