Un milione di euro per un pane più intelligente: l’intelligenza artificiale entra anche nei forni.
La catena di panifici altoatesina Mein Beck, con dieci filiali e oltre 200 dipendenti, ha investito un milione di euro in due anni nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale. Obiettivo: trasformare il tradizionale modello di produzione artigianale in un’impresa data-driven, in grado di ottimizzare i processi decisionali e produttivi su base predittiva.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con la startup tecnologica Limendo, attiva all’interno del Noi Techpark di Bolzano, polo dell’innovazione regionale. Il software personalizzato consente, tra le altre funzioni, di incrociare i dati di vendita con quelli meteorologici, prevedere i flussi di clientela, gestire in modo dinamico la produzione e organizzare i turni del personale con maggiore efficienza. In chiave espansiva, l’algoritmo analizza dati urbanistici, passaggio veicolare e densità abitativa per individuare nuove aree potenzialmente profittevoli dove aprire future sedi.
Il titolare Manfred Öggl, intervistato da Rai Alto Adige, ha dichiarato che l’iniziativa rappresenta solo l’inizio di un processo destinato a svilupparsi ulteriormente nei prossimi anni, con l’ambizione di rendere l’impresa sempre più reattiva e sostenibile.
La nuova frontiera del food italiano
Mein Beck non è un caso isolato. In Italia l’intelligenza artificiale sta diventando un motore d’innovazione anche nel settore alimentare, tradizionalmente ancorato a modelli produttivi più manuali e stagionali.
A Firenze, il panificio Mariotto si è fatto conoscere come “Panificio 4.0”, grazie a un sistema di gestione automatizzata della produzione che ottimizza le risorse e migliora l’efficienza senza compromettere la qualità. In Campania, il gruppo lattiero-caseario Petrone ha sviluppato un impianto dotato di IA per gestire i cicli di omogeneizzazione e pastorizzazione del latte, incrementando rendimento e tracciabilità.
Anche nel mondo delle startup il fermento è evidente. La Tuidi di Milano applica l’intelligenza artificiale per prevedere la domanda e minimizzare lo spreco alimentare lungo la supply chain, mentre Aflabox, sempre italiana, ha brevettato un sistema per rilevare aflatossine in tempo reale su cereali e frutta secca, garantendo maggiore sicurezza e qualità del prodotto.
Secondo una recente indagine PwC, circa il 43% delle startup italiane del food tech ha già adottato soluzioni di intelligenza artificiale, contribuendo a trasformare il comparto da filiera tradizionale a ecosistema intelligente, interconnesso e misurabile
Dalla qualità del prodotto alla pianificazione strategica, l’intelligenza artificiale si sta affermando come leva decisiva anche nella filiera agroalimentare italiana. Automatizzare la produzione, prevedere i flussi di vendita, ridurre gli sprechi e scegliere dove investire: non si tratta più di intuizioni, ma di modelli previsionali basati su dati. Le imprese che adottano queste tecnologie oggi stanno costruendo il proprio vantaggio competitivo per il mercato di domani.
L’innovazione non è più una scelta. È il nuovo standard. Anche per chi sforna pane ogni mattina.
Un milione di euro per un pane più intelligente: l’intelligenza artificiale entra anche nei forni.
Articolo pubblicato originariamente in inglese qui.