La sofferenza del popolo di Gaza continua a essere minimizzata, distorta o addirittura negata. Mentre migliaia di civili cercano disperatamente di fuggire da una terra martoriata, alcuni media e opinionisti si ostinano a raccontare una narrazione che giustifica l’attacco, che benedice la distruzione, che riduce la tragedia a un dibattito sterile.
Il recente scontro televisivo tra Enzo Iacchetti ed Eyal Mizrahi nel programma “È sempre Cartabianca ” condotto da Bianca Berlinguer ha acceso i riflettori su una questione cruciale: la disumanizzazione del dolore palestinese.
Quando Mizrahi ha chiesto provocatoriamente “definisci bambino”, nel tentativo di ridimensionare le vittime civili, Iacchetti, il comico, ha reagito con veemenza, denunciando il genocidio in atto e accusando l’interlocutore di negare l’evidenza.
In un contesto mediatico che si definisce “indipendente”, troppo spesso si assiste a una narrazione che seleziona i fatti, li piega, li omette. Le immagini di bambini sotto le macerie, di ospedali distrutti, di famiglie spezzate vengono ignorate o giustificate. Si parla di “terroristi” come se ogni vittima fosse un combattente, cancellando l’umanità di chi muore di fame, di sete, di paura.
Non si tratta più di opinioni. Una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha definito le azioni contro Gaza come genocidio. Eppure, questa parola viene evitata, censurata, sostituita da eufemismi. Chi la pronuncia viene accusato di estremismo, chi la denuncia viene isolato. Ma la verità non è una posizione politica: è un dovere morale.
Iacchetti, con la sua indignazione, ha dato voce a chi non ha voce. Ha ricordato che non si può parlare di “contraddittorio” quando c’è un solo esercito, un solo aggressore, una sola parte che dispone di armi, intelligence e potere. Ha rifiutato di partecipare a un gioco televisivo che trasforma il dolore in spettacolo, la morte in statistica.
Chi nega la sofferenza a Gaza non sta solo negando un fatto: sta negando l’umanità. Chi benedice l’attacco, chi si sente “figo” nel relativizzare la morte di un bambino, chi distorce l’informazione per compiacere una narrativa dominante, sta contribuendo a un crimine morale. È tempo di arrendersi, sì, ma alla verità, non alla disonestà.



