AIDS e salute orale: dove inizia davvero la prevenzione

In occasione della Giornata Mondiale di sensibilizzazione sull’AIDS che si celebra il 1° Dicembre, l’attenzione si estende anche al mondo odontoiatrico, dove alcuni dei primi segnali dell’infezione possono manifestarsi proprio nel cavo orale.

Nell’intervista che segue, il dottor Massimiliano Rea odontoiatra presso il Poliambulatorio Medico Odontoiatrico Erresse di Ferrara, spiega perché questa ricorrenza rappresenta un momento fondamentale per ribadire l’importanza della prevenzione e il ruolo chiave che i dentisti svolgono nell’identificazione precoce dell’HIV.

Perché la Giornata Mondiale dell’AIDS è un momento importante anche per il mondo odontoiatrico?

Perché ricorda che la prevenzione riguarda tutti i professionisti sanitari. L’HIV oggi è una condizione cronica gestibile grazie alle terapie antiretrovirali, ma individuare precocemente l’infezione continua a essere fondamentale. La bocca può fornire segnali utili già nelle prime fasi della malattia, molto prima dell’insorgenza di sintomi sistemici. Questo rende il dentista una figura che può contribuire, con il proprio lavoro quotidiano, alla tutela della salute pubblica.

Quanto è rilevante il ruolo del dentista nel favorire la diagnosi precoce dell’infezione da HIV?

È più rilevante di quanto comunemente si pensi. In numerosi casi, il dentista osserva manifestazioni cliniche compatibili con una condizione di immunodeficienza prima che il paziente si rivolga al medico curante. Pur non avendo la possibilità di formulare diagnosi di HIV — che richiede accertamenti specifici — il dentista può riconoscere situazioni che meritano un approfondimento e suggerire tempestivamente un consulto medico.

Quali sono i principali segnali o lesioni del cavo orale che potrebbero far sospettare un’infezione da HIV?

Alcune manifestazioni sono significativamente come la candidosi orale, che può presentarsi come chiazze bianche (mughetto), arrossamenti dolorosi o sensazione di bruciore, leucoplachia villosa, tipicamente sui margini laterali della lingua., ulcere ricorrenti o persistenti, simili alle afte ma più estese e lente a guarire, gengivite o parodontite rapidamente progressive, anche in persone giovani o senza fattori di rischio evidenti, xerostomia marcata, cioè bocca molto secca, che favorisce infezioni e carie, Infezioni virali frequenti, come herpes orale recidivante, sarcoma di Kaposi in casi molto avanzati, oggi estremamente rari. La presenza di una sola di queste manifestazioni non permette di fare diagnosi, ma quando più segni compaiono insieme, soprattutto se resistenti alle terapie, è opportuno indirizzare il paziente verso una valutazione medica.

Quanto spesso capita che un odontoiatra sia il primo professionista sanitario a intercettare sintomi sospetti?

Capita più spesso di quanto si immagini. La bocca è uno dei primi organi a mostrare i segni di una riduzione delle difese immunitarie, e molti pazienti, non avendo sintomi sistemici, si rivolgono prima al dentista per un fastidio o una lesione. Questo rende l’odontoiatra un osservatore privilegiato nel percorso di diagnosi precoce.

Ci sono sintomi orali che oggi vengono sottovalutati ma che meriterebbero più attenzione?

Sì. Le ulcere ricorrenti, la candidosi che ritorna spesso, la gengivite improvvisamente aggressiva e la sensazione costante di bocca secca sono disturbi che molti pazienti ignorano o trattano come “piccoli inconvenienti”. Tuttavia, quando persistono nel tempo o non rispondono alle cure abituali, meritano una valutazione accurata per escludere condizioni sistemiche, tra cui un’eventuale immunodeficienza.


 In caso di segni compatibili con una possibile immunodeficienza, qual è il percorso corretto da proporre al paziente?

Il dentista non deve creare allarmismi, ma può proporre un approccio semplice e rispettoso:

  1. Spiegare che alcune manifestazioni richiedono chiarimenti dal punto di vista sistemico.
  2. Suggerire un colloquio con il medico di famiglia o con uno specialista, senza citare diagnosi specifiche.
  3. Consigliare eventuali accertamenti solo se indicati, come analisi del sangue generali.
  4. Offrire disponibilità per monitorare l’evoluzione delle lesioni orali.

La comunicazione deve essere chiara e rassicurante, evitando di generare ansie inutili.


È cambiato qualcosa nella presentazione clinica dell’HIV nella bocca negli ultimi anni grazie alle terapie?

Sì, in modo significativo. Negli anni ’80 e ’90, lesioni come il sarcoma di Kaposi orale o le parodontiti necrotizzanti erano molto più frequenti. Oggi, grazie alle terapie antiretrovirali che mantengono il sistema immunitario stabile, queste manifestazioni sono diventate rare. Le forme cliniche più comuni sono la candidosi, la xerostomia e le gengiviti, spesso legate più a fattori locali o allo stile di vita che alla sola immunodeficienza. L’HIV in terapia può presentare un quadro orale quasi sovrapponibile alla popolazione generale.

Quali sono oggi gli standard di sicurezza per prevenire il rischio di trasmissione di HIV e altre infezioni negli studi dentistici?

Gli standard sono molto elevati e si basano sul principio delle precauzioni universali: ogni paziente viene trattato come potenzialmente portatore di un’infezione, indipendentemente dal suo stato di salute dichiarato. Questo evita qualunque discriminazione e garantisce la sicurezza di tutti. Le linee guida prevedono l’uso sistematico di dispositivi di protezione individuale, la sterilizzazione in autoclave, la disinfezione delle superfici e una gestione rigorosa degli strumenti taglienti.

Quali procedure vengono adottate quotidianamente per la sterilizzazione degli strumenti e la protezione del paziente e del personale?

Le procedure comprendono:

  • Sterilizzazione in autoclave ad alta temperatura e pressione, con controlli di qualità regolari.
  • Disinfezione delle superfici della sala operativa dopo ogni paziente.
  • Uso di dispositivi di protezione come guanti, mascherine, visiere e camici.
  • Imbustamento sterile degli strumenti una volta sterilizzati.
  • Gestione sicura di aghi e taglienti, per prevenire incidenti professionali.
  • Tracciabilità di ogni ciclo di sterilizzazione.

Queste pratiche rendono il rischio di trasmissione di infezioni estremamente basso, praticamente nullo quando i protocolli vengono rispettati.

 Puoi spiegare come la normale pratica odontoiatrica garantisca protezione anche in caso di pazienti inconsapevolmente positivi?

In odontoiatria non esistono protocolli “speciali” riservati a determinate categorie di pazienti. La protezione nasce proprio dal fatto che lo studio applica le stesse misure di sicurezza verso tutti. Questo significa che, anche se un paziente fosse positivo senza saperlo, gli stessi protocolli utilizzati quotidianamente — disinfezione, sterilizzazione, DPI, gestione dei rifiuti sanitari — sarebbero comunque sufficienti a prevenire ogni rischio di trasmissione. È un sistema costruito per essere sicuro indipendentemente dalle informazioni anamnestiche.


 Esistono protocolli specifici per il trattamento dei pazienti HIV-positivi, o lo studio è già attrezzato per garantire le stesse condizioni di sicurezza per tutti?

Gli studi dentistici moderni sono già attrezzati per garantire sicurezza uniforme a tutti i pazienti. Non servono misure aggiuntive, né stanze “dedicate”, né strumenti diversi. Le linee guida internazionali affermano chiaramente che le cure odontoiatriche delle persone con HIV non richiedono precauzioni particolari oltre a quelle abituali. L’unica attenzione in più riguarda l’aspetto clinico: verificare terapie in corso, parametri immunologici e possibili interazioni farmacologiche, esattamente come per qualunque altra condizione medica cronica.

Che cosa può fare il dentista per contribuire a ridurre stigma e paure legate all’HIV?

Molto. Prima di tutto, fornendo informazioni corrette, basate sulla scienza, e chiarendo che lo studio dentistico è un ambiente sicuro per tutti. In secondo luogo, evitando ogni forma di discriminazione: non chiedere test, non fare differenze nel trattamento, non usare linguaggi che possano far sentire il paziente isolato o giudicato. Infine, ricordando che l’HIV è una condizione medica come molte altre, e che un paziente in terapia può condurre una vita assolutamente normale. Il dentista ha un ruolo importante anche come figura di fiducia: un comportamento equilibrato e informato contribuisce a contrastare stigma e pregiudizi.

Qual è il messaggio più importante che vorrebbe trasmettere ai pazienti in occasione del 1° dicembre?


Che la prevenzione è sempre il primo strumento di tutela della salute, e che prendersi cura della bocca significa anche monitorare il proprio benessere generale. L’HIV oggi non è più la malattia che era negli anni ’80: le terapie consentono una vita lunga e normale. Ciò che resta fondamentale è la diagnosi precoce. Anche una piccola lesione orale può essere un segnale da non sottovalutare. Il messaggio del 1° dicembre è quindi duplice: non avere paura di informarsi e non avere paura di prendersi cura della propria salute. La scienza e la medicina hanno fatto passi da gigante, e un percorso clinico tempestivo è sempre la scelta migliore.